Apporti al fondo immobiliare con imposta di registro fissa
Imposta di registro in misura fissa per l’atto di apporto di beni immobili a un fondo immobiliare: l’aveva già deciso la Ctp di Roma (sentenza n. 1699/2018, si veda Il Sole 24 Ore del 21 febbraio 2018), lo conferma ora la Ctr Lazio (sezione 7) con la sentenza n. 5724 del 14 ottobre 2019.
L’imposta di registro sull’apporto di immobili in fondi immobiliari è regolata dall’articolo 9 del Dl 351/2001, il quale dispone che ai fondi immobiliari si applica l’articolo 7 della Tabella degli atti esenti da registrazione, allegata al testo unico dell’imposta di registro (il Dpr 131/1986). L’articolo 7 dispone, a sua volta, l’esonero da registro per gli «atti relativi alla istituzione di fondi comuni di investimento mobiliare» e «alla sottoscrizione… delle quote».
Dalla combinazione di queste norme deriva che gli atti di apporto di immobili a favore di fondi immobiliari (di per sé esenti da registrazione), dovendo essere atti necessariamente stipulati in forma notarile (in ragione della pubblicità immobiliare che deve essere effettuata), sono soggetti a imposta di registro in “termine fisso” e in misura fissa (di 200 euro):
● se l’apportante non è un soggetto Iva (oppure è un soggetto Iva, ma l’apporto è fuori campo Iva: ad esempio, se si tratta di un terreno non edificabile), ai sensi dell’articolo 11, Tariffa Parte I allegata al Dpr 131/1986;
● se l’apportante è un soggetto Iva, e l’apporto è un’operazione imponibile a Iva o esente da Iva, ai sensi dell’articolo 40, comma 1, Dpr 131/1986, e dell’articolo 11.
Se, dunque, si ritenesse abrogato tutto questo apparato normativo, ne deriverebbe ad esempio che l’apporto di abitazioni da parte di un soggetto Iva, non costruite o ristrutturate dall’apportante (oppure costruite o ristrutturate da più di cinque anni), andrebbe tassato con l’aliquota del 9%; avendo come base imponibile, il valore venale del bene apportato.
Le Entrate hanno sostenuto (prima con avviso di accertamento e poi in giudizio) la tassazione in misura proporzionale dell’atto di apporto, ritenendo abrogato la norma recata dall’articolo 9, comma 1, del Dl 351/2001: tale pretesa abrogazione dipenderebbe dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011, che ha soppresso «tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie» relative agli atti traslativi di beni immobili vigenti alla data del 1° gennaio 2014. L’argomento che ha condotto invece sia la Ctp, sia la Ctr a ritenere non operante la norma abrogativa agli atti di apporto a fondo immobiliare è che la norma sulla tassazione con l’imposta di registro in misura fissa non è un’agevolazione, ma è il regime fiscale ordinario di questa tipologia di negozi.
La prassi amministrativa non si è espressa esplicitamente sul punto: la circolare n. 2/E del 21 febbraio 2014 (paragrafo 9.6) si limita a dichiarare la non abrogazione del trattamento fiscale di favore per l’apporto a fondo immobiliare di una «pluralità di immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto», nonché del trattamento di favore per le imposte ipotecaria e catastale (dovute in misura ridotta alla metà) nel caso di apporto a fondo di immobili strumentali.
Se è vero che quello dei fondi immobiliari non è un trattamento di favore, ma quello ordinario, può dunque concludersi che il silenzio della circolare non tanto valga quale conferma di una intervenuta abrogazione, quanto possa essere invece inteso come uno dei casi in cui è stato detto meno di quanto si sarebbe voluto (e dovuto).