Arresti domiciliari, evasione per il caffè preso a casa del vicino
Il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari, in assenza di autorizzazione, non può in alcun caso e per nessun motivo allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura, salvo l'ipotesi di stato di necessità che richiede l'imminenza di un grave danno alla persona. Qualsiasi spostamento non consentito, anche all'interno della stessa area condominiale, integra il reato di evasione. Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 4470/2019 della Corte d'appello di Roma, che ha confermato la condanna per una donna sottoposta a detenzione domiciliare colta dagli agenti di Polizia a prendere un caffè a casa della vicina.
I fatti - A seguito dell'accertamento delle Forze dell'ordine, la donna veniva imputata e processata per rispondere del delitto di evasione di cui all'articolo 385 del codice penale. Dopo la condanna in primo grado, in appello l'imputata cercava di convincere i giudici della bontà della sua azione, non diretta cioè ad un allontanamento non autorizzato dalla propria abitazione, ma giustificata dallo stato di necessità, come testimoniato anche dalla vicina. Secondo quest'ultima, infatti, la donna era uscita di casa per riprendere il cane, di grossa taglia e potenzialmente pericoloso, e nel farlo si era sentita poco bene, sicché le aveva offerto dell'acqua e un caffè per farla riprendere.
La configurabilità del reato di evasione - La Corte d'appello non ritiene credibile tale versione dei fatti, che non trova riscontro nell'accertamento effettuato dagli operanti che hanno escluso la presenza di un malore, avendo semplicemente sorpreso la donna agli arresti domiciliari a prendere il caffè dalla vicina di casa. Ciò posto, i giudici romani confermano il verdetto di condanna aderendo alla rigida interpretazione giurisprudenziale, secondo la quale in caso di detenzione domiciliare la condotta di evasione è integrata «da qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, anche se di breve durata ed implicante uno spostamento di modesta distanza, e persino se lo spostamento sia limitato a spazi nell'area condominiale», a nulla rilevando i motivi che hanno spinto il soggetto a lasciare il luogo di esecuzione della misura senza alcuna autorizzazione. Nel caso di specie, poi, conclude il Collegio non può certo ritenersi sussistente l'esimente dello stato di necessità in quanto, pur prendendo per vera la ricostruzione dei fatti della vicina di casa, l'acqua o il caffè necessario per far passare il malore «potevano essere assunti dall'imputata, sia pure accompagnata dalla vicina, all'interno della propria abitazione».
Corte d'appello di Roma – Sezione III penale – Sentenza 1 aprile 2019 n. 4470