Casi pratici

Atto pubblico: i limiti probatori

Regime probatorio

di Laura Biarella

la QUESTIONE

L'atto pubblico redatto da un pubblico ufficiale ha sempre efficacia probatoria? Qual è lo strumento atto a sconfessare tale prova documentale? Quando può proporsi la querela di falso? In quali ipotesi e perché l'atto pubblico si converte in scrittura privata?

La prova, notoriamente, costituisce il fulcro del processo. Attraverso tale strumento la parte ha la possibilità di suffragare la propria domanda e imporre, in tal modo, quella riproduzione della realtà giuridico-fattuale consona alla posizione giuridica fatta valere in giudizio. È fondamentale nella dinamica processuale assolvere, dunque, al c.d. onere probatorio ex art. 2697 c.c. ovvero quella ripartizione tale per cui la parte attrice deve provare i fatti costitutivi del proprio diritto, mentre l'altra convenuta deve provare quei fatti impeditivi, modificativi o estintivi che assume verificatisi. Tuttavia, vige da qualche tempo e frutto dell'elaborazione giurisprudenziale il principio della vicinanza della prova secondo cui l' onus probandi deve essere posto a carico della parte che si trova più vicina alla fonte di prova grazie alla posizione che ella ricopre. In altri termini, si configura da un lato come un corollario dei doveri di correttezza, buona fede e diligenza nell'adempimento delle obbligazioni secondo il dettato normativo di cui agli artt. 1175, 1176 II comma e 1375 c.c. E dall'altro come un derivato del giusto processo ex art. 111 Cost. Si tratta di un criterio a oggi valevole tanto in materia di responsabilità contrattuale quanto di quella extracontrattuale. Nell'un caso, infatti, costituisce manifestazione esplicita del concetto di prova liberatoria e conseguente responsabilità del debitore per inadempimento, nell'altro invece rappresenta la prova del nesso causale in virtù delle regole generali gravanti sull'attore danneggiato, il quale può sempre sopperire alla mancanza "del fatto a lui lontano" mediante le presunzioni.
Innanzi tutto è opportuno ripercorrere il significato e il valore che nel corso del tempo ha costituito il documento in sé. Brevemente, alcuni cenni storici consentono un inquadramento corretto dell'istituto.
Come noto, la sua disciplina giuridica nel diritto romano è collocata agli antipodi rispetto al punto d'arrivo giustinianeo per la scarsa rilevanza riconosciutagli, limitata a un'utilizzazione circoscritta ai rapporti negoziali.. Durante il periodo postclassico, invece, si registra un'inversione di tendenza che andrà sempre piú rafforzandosi grazie al riconoscimento del carattere costitutivo del documento e della sua particolare efficacia probatoria, tanto che lo porterà a tipizzarlo con riflessi sulla forma stessa.
Ora, l'aspetto che interessa quivi approfondire è la distinzione tra documento costitutivo e documento probatorio. In questa seconda accezione il documento ha una valenza meramente strumentale rispetto al fatto in esso attestato. Nell'età intermedia, il mutare di molti istituti del diritto privato, anche grazie all'opera di collaborazione di molti giureconsulti, influenza la concezione del documento qualificato al pari della prova testimoniale. In effetti l'atto scritto non si rendeva obbligatorio, costituendo tutt'al più un onere in capo a colui che intendeva valersene, tanto che in epoca successiva doveva essere redatto da parte di notaio che gli garantiva publica fides.

L'atto pubblico

Il Codice civile dà una precisa definizione di atto pubblico sebbene, per vero, riguardi soltanto l'oggetto dando, comunque, luogo a una serie di interpretazioni dottrinarie e giurisprudenziali in ordine alle svariate tipologie di atti ivi riconducibili. Alla categoria delle prove documentali si riconduce tutto ciò che appare idoneo a documentare un fatto nel senso di documenti scritti di varia natura, non scritti (del tipo registrazioni, fotografie ecc.) che riproducono situazioni di fatto, azioni o immagini. E infine di documenti creati per mezzo dei più moderni strumenti dell'informatica e della telematica riferendosi al c.d. documento informatico. Ora, il carattere distintivo dell'atto pubblico da individuarsi nella sua pubblica fede e nell'efficacia di prova legale (fino a querela di falso), deriva dalle particolari modalità con cui esso è formato nonché dagli indispensabili requisiti che il medesimo deve possedere. Vale a dire da un punto di vista soggettivo l'atto deve promanare da un pubblico ufficiale investito di una pubblica potestà documentaria o attestativa. Da quello oggettivo, invece, la norma nel richiamare le "richieste formalità", rinvia a diverse prescrizioni contenute nelle leggi speciali che regolano l'attività dei pubblici funzionari. L'atto pubblico ha natura meramente dichiarativa laddove contenga soltanto le dichiarazioni fatte dall'ufficiale rogante. Ma,nel contempo, natura narrativa o dichiarativa di secondo grado allorché siano riprodotte nel documento anche le dichiarazioni di altri soggetti rese in presenza di costui. A questo punto, affinché l'atto pubblico abbia efficacia occorre che il documento provenga necessariamente da un pubblico ufficiale. Il richiamo espresso alla figura del notaio, quale soggetto istituito ad hoc e dotato di un potere di documentazione pubblica ai sensi della succitata legge notarile, trova specificazione nelle disposizioni normative che determinano le modalità per la redazione degli atti e ne delimitano la competenza su base territoriale. Ne consegue che il documento redatto da notaio territorialmente incompetente non potrà considerarsi valido. I requisiti per la sua validità ed efficacia probatoria sono in particolare l'indicazione del luogo e della data di redazione (entrambi richiesti a pena di nullità), nonché la sottoscrizione del notaio la cui mancanza fa venir meno l'efficacia privilegiata di atto pubblico, senza tuttavia escludere che l'atto possa valere come scrittura privata, se le parti hanno compiutamente espresso il loro consenso sottoscrivendone il contenuto. Analogamente a pena di nullità è richiesta la presenza dei testimoni laddove previsto per legge. Quanto alle restanti formalità (lettura dell'atto alle parti ed eventualmente ai testimoni), sebbene il loro compimento sia un requisito di validità dell'atto, la loro omessa menzione non comporta nullità.
Di poi, con riferimento alle altre figure cui la legge riconosce potestà documentaria o attestativa si suole distinguere tra i soggetti che ne sono investiti in modo totale o prevalente (oltre ai notai, gli ufficiali dello stato civile); quelli che assolvono a tale funzione in via accessoria (giudici, cancellieri, ufficiali giudiziari, conservatori dei registri immobiliari), o solo in ipotesi eccezionalmente previste dalla legge (comandanti di navi e aeromobili, agenti consolari). Per tutti costoro valgono i limiti di competenza funzionale e territoriale contenuti nelle leggi speciali. Tuttavia, non sono assistite da pubblica fede le attestazioni rilasciate dall'ufficiale giudiziario al di fuori delle sue funzioni pubbliche valendo tale efficacia privilegiata solo per le attestazioni relative alle attività compiute, alle dichiarazioni ricevute nonché ai fatti avvenuti in sua presenza risultanti dall'atto redatto con le richieste formalità nel luogo in cui lo stesso si è perfezionato. Merita precisare che nell'individuazione e delimitazione dei soggetti che possono qualificarsi come pubblici ufficiali, occorre adottare un'interpretazione equilibrata, evitando di ricomprendervi qualsiasi atto formato nell'esercizio di una funzione amministrativa o di pubblico servizio. Sussiste infatti una categoria, "diversa e attenuata" di atti pubblici che, pur provenendo da pubblici ufficiali, non fanno fede fino a querela di falso al punto da non essere espressione di una attività pubblica diretta specificamente alla documentazione. In proposito, si distinguono gli atti provenienti da potestà amministrative cui è possibile riconoscere efficacia probatoria piena, da quelli contenenti dichiarazioni di verità e di scienza, ovvero valutazioni e apprezzamenti ai quali attribuire soltanto valore indiziario pur sempre valutabile dal giudice per la decisione.

Effetti

L'atto pubblico per produrre effetti deve essere posto in essere da un ufficiale nell'ambito delle sue specifiche funzioni e all'interno della sua stretta competenza territoriale. Da una rapida ricognizione emerge che non tutti gli atti pubblici possano annoverarsi tra quelli fidefacenti. E in particolare non lo sono: il verbale di constatazione notarile che, pur rientrando nelle attività attribuite dalla legge ai notai, non è dotato dei requisiti previsti dagli artt. 2699 c.c. e ss. Il documento redatto per scopi interni alla pubblica amministrazione, il quale non può valere come atto pubblico avente efficacia di prova legale.
In accezione positiva, efficacia di atto pubblico si è riconosciuta alle delibere della giunta municipale di un comune; ai verbali delle commissioni esaminatrici di maturità; a quelli di una commissione sanitaria in ordine all'attestazione della parziale invalidità di un candidato a un pubblico concorso. Analoga efficacia privilegiata hanno gli estratti dei verbali redatti nei procedimenti disciplinari. Piena prova non scalfibile da diverse dichiarazioni testimoniali si è attribuita finanche all'attestazione compiuta dal vigile urbano in ordine alle circostanze e ai fatti che questi dichiari di aver compiuto. Così come anche la c.d. relata di notifica nonché l'avviso di ricevimento, parte integrante della stessa. Di poi, nonostante il contrario avviso della dottrina la giurisprudenza tende a estendere in determinate fattispecie la nozione legale di atto pubblico, anche al di là dei limiti previsti dalla norma in questione in particolare per la categoria delle c.d. certificazioni amministrative tra cui si annoverano altresì le attestazioni contenute nelle cartelle cliniche, ma solo per quanto attiene alle attività terapeutiche svolte, e non alle manifestazioni di scienza o alle opinioni in esse contenute. Pubblica fede si riconosce anche ai certificati anagrafici nei limiti dell'attività certificativa del pubblico ufficiale senza però ivi includere la veridicità ed esattezza delle dichiarazioni rese dalla parte. Analoga estensione viene effettuata con riguardo ai verbali della polizia giudiziaria circoscritta ai soli fatti dalla stessa attesti e avvenuti in presenza della medesima. Ne deriva che tutti i fatti di cui il pubblico ufficiale abbia avuto notizia da altre persone forniscono al giudice soltanto un materiale indiziario utilizzabile nei limiti in cui non venga superato da prova contraria. Da ultimo, pubblica fede si è attribuita financo ai verbali ispettivi posti in essere da funzionari di enti previdenziali.

Tipologia di atti pubblici

L'ampia casistica ora descritta giustifica la variegata tipologia di atti rientranti in questa categoria. Verbali di accertamento: dopo alcune incertezze è stata definitivamente riconosciuta piena efficacia ai verbali di accertamento di infrazioni amministrative, redatti da pubblici ufficiali in adempimento delle loro funzioni, nell'ambito dei giudizi di opposizione promossi dal cittadino avverso la relativa sanzione.Tuttavia, la fede privilegiata propria dell'atto pubblico non si può estendere a quelle circostanze che, pur contenute nel verbale si risolvano in apprezzamenti personali del pubblico ufficiale riguardanti fatti in ragione dei quali (circa la loro modalità di accadimento repentino) non siano verificabili in modo oggettivo e abbiano potuto dare luogo a una percezione sensoriale caratterizzata da margini di apprezzamento soggettivo, come si verifica quando la rilevazione riportata sul verbale riguarda il transito, in un incrocio regolato da semaforo, di un'autovettura con il segnale rosso. Per contestare, dunque, le affermazioni relative a circostanze oggetto di percezione sensoriale, e come tali suscettibili di errore di fatto non è pertanto necessario proporre querela di falso, basta semmai fornire prove idonee a vincere la presunzione di veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al giudice di merito.
Verbali di udienza: natura di atto pubblico si riconosce anche al verbale di udienza. Sul punto la giurisprudenza ha però escluso che contro i verbali del processo le parti possano produrre querela di falso, la cui esperibilità postuli che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa comunque disporre della sua utilizzazione. Non hanno invece efficacia probatoria di atto pubblico i verbali di assunzione di prove raccolte in un diverso giudizio, pur potendo il giudice apprezzarli liberamente e fondare anche soltanto su di essi il proprio convincimento. Tuttavia, il verbale di udienza nel processo penale fa piena prova fino a querela di falso di quanto ivi attestato e in caso di divergenza di detto verbale con quello redatto in forma stenotopica. In proposito, in assenza di querela, deve darsi prevalenza al verbale redatto dall'ausiliario che assisteva il giudice in udienza trattandosi di atto redatto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni.
Verbale di separazione: la giurisprudenza ha affermato che, nel procedimento per la separazione consensuale, il provvedimento con cui il Presidente del Tribunale omologa l'accordo dei coniugi ha lo scopo di attribuire allo stesso efficacia dall'esterno, senza tuttavia poter integrare la volontà negoziale delle parti. Pertanto, se nell'accordo i coniugi hanno convenuto una donazione, l'omologazione non vale a rivestire l'atto stesso della forma solenne per la quale è necessario ai sensi e per gli effetti degli artt. 2699 e 2700 c.c. che l'atto sia redatto e formato da un pubblico ufficiale.
Atti di notorietà: si definiscono atti notori quelli contenenti dichiarazioni rese avanti a un pubblico ufficiale da soggetti (c.d. condeponenti o testimoni) in ordine a fatti che questi attestano essere notoriamente a conoscenza di una cerchia di persone. La giurisprudenza riconosce la loro efficacia probatoria, fino a querela di falso, limitatamente però all'attestazione compiuta dal pubblico ufficiale di aver ricevuto la dichiarazione. Il contenuto delle dichiarazioni stesse ha invece valore di mero indizio.
Si distinguono tuttavia dagli atti pubblici, in senso proprio, in quanto sottoscritti dal solo dichiarante e non dal pubblico ufficiale rogante. Invero, si esclude che l'efficacia probatoria, fino a querela di falso, copra il contenuto dell'atto notorio, ritenendo che esso possa valere come semplice indizio o fonte di presunzione. Ciò significa che le dichiarazioni sostitutive non hanno alcuna efficacia probatoria nei giudizi relativi a rapporti tra privati, dal momento che non è dato possibile alla parte precostituire elementi di prova tramite una propria dichiarazione.
Atti pubblici stranieri: da ultimo, è d'uopo sottolineare che la dottrina a seguito dell'entrata in vigore della legge 31 maggio 1995, n. 218, abbia integralmente sovvertito i tradizionali principi in materia di riconoscimento di provvedimenti stranieri rendendo puramente eventuale, nelle sole ipotesi in cui sia necessaria l'esecuzione forzata, il procedimento di delibazione. In altri termini, l'attuazione e l'esecuzione in Italia di atti pubblici ricevuti all'estero non sono subordinate ad alcuna preventiva procedura di riconoscimento. In precedenza quando ancora essa occorreva si riteneva che la Corte d'Appello italiana dovesse comunque riconoscere efficacia esecutiva a un atto pubblico stipulato in un Paese straniero allorché alla redazione dell'atto stesso avessero partecipato entrambe le parti interessate e il notaio avesse svolto la necessaria indagine circa la volontà delle parti, assumendo la direzione complessiva della redazione stessa.

L'efficacia dell'atto pubblico

L'efficacia attribuita dalla legge all'atto pubblico è quella assoluta e incondizionata di prova legale sottratta al libero apprezzamento del giudice. Essa copre in primo luogo l'attestazione in ordine alla provenienza dell'atto dal pubblico ufficiale che con la sua sottoscrizione si identifica quale autore dell'atto stesso.
Si estende, peraltro, alle modalità di formazione dell'atto pubblico, e in particolare all'attestazione del luogo e della data in cui l'atto stesso è stato redatto. L'indicazione del luogo assume particolare rilevanza, oltreché a fini sostanziali (per l'individuazione del forum obligationis), anche per la determinazione della competenza dell'ufficiale rogante. Quanto alla data essa ha efficacia sia nei rapporti tra le parti che nei confronti dei terzi, non è limitata alle parti cioè a dire ai loro eredi e aventi causa, ma vincola anche costoro i quali, come possono pretendere che vengano considerate effettuate le dichiarazioni che risultano dall'atto, così pure non sono ammessi a disconoscerne l'esistenza. Tuttavia, detta efficacia non vale a coprire il contenuto intrinseco del documento ossia la veridicità delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale attesta di aver ricevuto, che può, invece,essere contestata con ogni mezzo di prova senza che necessiti il procedimento di cui agli artt. 221 ss. c.p. Sussistono diversità sostanziali tra documento e prova documentale. Quest'ultima rappresenta un giudizio di relazione tra quanto contenuto materialmente nel primo e quale rappresentazione debba ascriversi all'esperienza di un fatto precedente. La stessa giurisprudenza sottolinea, in più occasioni, la differenza ontologica tra i due concetti. D'altronde la netta distinzione nonché duplice funzione trova riscontro nel dato normativo: infatti l'art. 2699 c.c. disciplina il documento mentre l'art. 2700 c.c. menziona soltanto la prova documentale.

Querela di falso: caratteri e procedimento (istruzione-decisione-esecuzione)
Ciò posto, la legge ammette il superamento dell'efficacia privilegiata dell'atto pubblico cioè del suo contenuto estrinseco soltanto attraverso l'esperimento della querela di falso. Si tratta di quell'accertamento della falsità dell'atto contenuto in una sentenza penale senza che, in ordine a tale superamento, possa rilevare il potere dispositivo delle parti. La falsità dell'atto impugnato può riguardare sia la sua genuinità quale eventuale contraffazione o alterazione, che la veridicità ossia la non corrispondenza tra le dichiarazioni e i fatti documentati dal pubblico ufficiale nonché quelli avvenuti in sua presenza.
È necessario proporre querela di falso quando il pubblico ufficiale che ha rogato l'atto abbia attestato fatti difformi dal vero ancorché rispecchianti le dichiarazioni resegli dalle parti. Tuttavia, la querela non è mai esperibile per contestare altri aspetti del contenuto ideologico del documento estranei ai limiti segnati dall'art. 2700 c.c.

Né può riguardare quella parte di atto nella quale il pubblico ufficiale esprima un proprio convincimento logico-deduttivo. Circa il procedimento la disciplina prevista è contenuta negli artt. 221, 227 c.p.c.

. La dottrina è divisa in ordine all'individuazione dell'oggetto del giudizio civile di falso. Secondo alcuni esso consiste nell'accertamento di un fatto giuridico, secondo altri invece risiede nella natura costitutiva del procedimento il cui scopo è l'eliminazione dell'efficacia probatoria. Il giudizio di falso può essere proposto in via principale o incidenter tantum. Ed è proponibile contro chi possa avvalersi del documento onde fondare su di esso una pretesa giuridica a prescindere dal fatto che sia o meno l'autore della falsificazione. Nella prima ipotesi cioè a dire in via principale la querela può essere proposta con l'unico limite del passaggio in giudicato di una sentenza che dichiara la veridicità dell'atto. Non occorre la preventiva valutazione della rilevanza del documento (richiesta invece per la querela incidentale), dovendo il giudice limitarsi a valutare l'esistenza di una contestazione sulla genuinità del documento impugnato.

Mentre, in via incidentale la querela non conferisce ex se origine al relativo procedimento, ma occorre una preliminare delibazione da parte del giudice di merito in ordine all'ammissibilità e concreta utilità nel caso di specie. Per tali fini, il giudice deve esaminare se i mezzi di prova dedotti siano idonei astrattamente consideratia privare di efficacia probatoria il documento impugnato.

Quanto alla fase istruttoria, in ambedue le ipotesi (principaleincidentale) secondo accreditata dottrina sussiste una sostanziale omogeneità tra la querela di falso e la verificazione della scrittura privata ancorché sussista una profonda differenza tra i due procedimenti volti l'uno (il primo) a porre nel nulla il vincolo di prova legale dell'atto grazie a un procedimento di rilevanza pubblicistica con oggetto l'eliminazione delle prove non genuine, l'altro (il secondo) a realizzare, per mezzo di un incidente istruttorio, una forma di autenticazione della sottoscrizione o della scrittura. Infine, in punto decisorio la questione è rimessa al Collegio, il quale si pronuncia con una sentenza nella maggior parte dei casi di natura definitiva. Qualora venga acclarata la falsità del documento impugnato viene ordinata d'ufficio la cancellazione totale o parziale dell'atto e quindi il ripristino, la riforma o la rinnovazione del documento. Sotto l'aspetto meramente esecutivo là dove l'atto pubblico contenga una dichiarazione con cui la parte si obblighi al pagamento di una somma di denaro, la sua efficacia si esplica, oltreché sul piano probatorio, anche su quello esecutivo. Valendo quale titolo stragiudiziale idoneo a iniziare l'esecuzione forzata previa la sola spedizione del titolo in forma esecutiva e senza che sia necessario il preventivo accertamento sul rapporto.
L'efficacia esecutiva è in ogni caso limitata
ai soli crediti di somme liquide o facilmente liquidabili.
La I Sezione Civile della Corte di Cassazione (ordinanza 13 luglio 2021, n. 19943) ha ribadito che, in tema di querela di falso, la formulazione dell'articolo 221 del codice di rito civile, secondo il quale la proposizione della querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove poste a sostegno dell'istanza, indica in modo non equivoco che il giudice di merito, innanzi al quale sia stata proposta la querela di falso, è tenuto a compiere un accertamento preliminare per verificare la sussistenza o meno dei presupposti che ne giustificano la proposizione. Più in dettaglio, la formulazione dell'articolo 221, comma II, del codice di rito, a norma del quale la proposizione della querela di falso deve contenere a pena di nullità l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità addotte a sostegno dell'istanza "de qua", indica in modo univoco che il giudice, avanti al quale è stata proposta la querela, è tenuto a compiere un accertamento preliminare volto ad accertare la sussistenza o meno dei presupposti che giustificano l'introduzione del giudizio di falso. Nella specie esaminata dalla Suprema Corte, concernente una querela di falso presentata a fronte della sottoscrizione di moduli bancari prestampati, il collegio, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata, avendo la corte territoriale correttamente ritenuto non utilizzabili le prove testimoniali richieste dal ricorrente in quanto sprovviste di apposita e "specifica capitolazione" in conformità al disposto di cui all'articolo 244 del codice di rito civile (si veda anche Cassazione, Sezioni Civili Unite, Sentenza 23 giugno 2010, n. 15169).La conversione dell'atto pubblicoLa norma raffigura l'ipotesi in cui l'atto pubblico si converte in scrittura privata.Si esclude in dottrina che con tale espressione il Legislatore abbia inteso richiamare l'istituto della conversione dell'atto nullo disciplinato dall'art. 1424 c.c. per la cui configurabilità non sussistono, nella fattispecie, i necessari presupposti di forma e di sostanza. Utilizza, semmai, tale escamotage descrittivo per indicare una peculiare manifestazione del generale principio di economia processuale e sostanziale degli atti giuridici. In altri termini, tale disposizione normativa intende prevedere la configurabilità di una conversione formale in forza della quale a una forma se ne sostituisce un'altra, pur permanendo l'identità sostanziale del documento. La norma condiziona espressamente la convertibilità dell'atto, alla presenza della sottoscrizione delle parti. Ove anche tale sottoscrizione manchi, si ritiene che l'atto pubblico nullo possa valere come "scrittura testimoniale di terzo" avente efficacia di mero argomento di prova. In proposito, la giurisprudenza conferma la distinzione tra conversione e quella prevista per l'atto pubblico precisando altresì che l'operatività della norma de qua è circoscritta alle sole ipotesi in cui l'atto sia affetto da vizi formali e non anche sostanziali. Ne deriva che non sia, pertanto, suscettibile di conversione l'atto pubblico nullo in quanto redatto in violazione del divieto di ricezione degli atti previsto dall'art. 28, n. 3 della legge notarile. È invece possibile la conversione dell'atto pubblico nullo per mancanza della sottoscrizione del notaio rogante, in scrittura privata, sempre che ne sussistano i necessari presupposti.Considerazioni conclusiveSi colgano seppur brevemente e in conclusione alcuni aspetti processuali che sono, in argomentum, imprescindibili dal momento che la prova influisce in maniera sostanziosa sul convincimento del giudice, il quale è tenuto a valutare i fatti secondo il criterio del "prudente apprezzamento" a norma dell'art. 116 c.p.c. in combinato disposto dall'art. 111 Cost. Il tutto si collega intimamente alla spinosa questione delle c.d. prove atipiche nel processo civile e in particolare con quelle di carattere documentale che per ragioni di spazio non è possibile, in tale sede, approfondire. Si richiami, solo, alla mente il concetto fondamentale alla luce del quale trattasi di tutte quelle prove non codificate purché lecite e legittime altrimenti non introducibili nel processo.

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