Professione e Mercato

Avvocati contitolari del credito professionale, no alla nuova domanda di ammissione al passivo

Lo ha stabilito la Cassazione, ordinanza n. 23835 depositata oggi, respingendo il ricorso del legale e affermando che l’avvocato avrebbe potuto proporre una autonoma opposizione al decreto del giudice delegato

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di Francesco Machina Grifeo

L’avvocato associato al padre nello studio legale può proporre una autonoma opposizione al decreto col quale il giudice delegato aveva statuito sulla domanda depositata dal genitore di insinuazione al passivo del fallimento, ma non può presentare una nuova istanza di ammissione dopo tale statuizione, che concerneva anche la sua quota di credito. Lo ha stabilito la Cassazione, ordinanza n. 23835 depositata oggi, respingendo il ricorso del legale.

Il Tribunale di Forlì, nel 2017, aveva rigettato l’opposizione ex art. 98 l. fall. proposta dall’avvocato figlio per ottenere l’ammissione allo stato passivo del Fallimento di … Spa in liquidazione del credito - insinuato con domanda presentata nel 2016 ed escluso dal giudice delegato - vantato a titolo di corrispettivo dell’attività professionale svolta in favore della società poi fallita.

Il tribunale ha evidenziato: i) che l’opponente era titolare di tale posizione creditoria insieme al padre, e che quest’ultimo aveva già fatto valere il credito unitario presentando istanza di ammissione al passivo per sé e per il suo Studio; ii) che l’unitarietà e la contitolarità del credito erano state espressamente confermate da entrambi gli interessati; iii) che, in sostanza, il G.D. decidendo sulla domanda del padre aveva deciso anche sulla quota di credito nella contitolarità del figlio, il quale avrebbe dunque potuto proporre autonoma opposizione avverso tale decisione ma non presentare una seconda istanza di ammissione.

Contro questa decisione l’avvocato ha proposto tre motivi di ricorso giudicati inammissibili. In particolare, la Prima sezione civile ha osservato che il credito azionato dal padre del ricorrente era nella contitolarità anche di quest’ultimo; e che, sempre il padre, aveva fatto valere il credito in via unitaria, anche nell’interesse del figlio; che l’(allora) opponente non solo aveva confermato tali circostanze ma, sottoscrivendo le osservazioni al progetto di stato passivo, aveva ratificato il ricorso presentato dal padre anche per suo conto e precisato che “rinunciava” a far valere in via autonoma la propria quota di credito.

Così ricostruito il quadro, la Suprema corte osserva che i motivi presentati dal figlio non si confrontano minimamente con tali assunti, “cui è totalmente estraneo ogni riferimento (sia in fatto che in diritto) alle questioni riguardanti la legittimazione dell’associazione o del singolo professionista associato a richiedere l’ammissione al passivo del credito derivante da singole prestazioni professionali”. Inoltre, prosegue la decisione, “sembra non aver compreso che la decisione impugnata si fonda sul principio del ne bis in idem ovvero sul rilievo della inammissibilità della proposizione da parte del creditore di una seconda domanda di ammissione al passivo, depositata dopo che la prima è stata già esaminata e decisa”.

E proprio l’affermazione del Tribunale per cui il ricorrente avrebbe potuto proporre autonoma opposizione ma non presentare una nuova istanza di ammissione è “espressione di tale ratio”; una statuizione, nota infine la Corte, rimasta incensurata.

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