Professione e Mercato

Avvocati, i protocolli locali non possono penalizzare i legali di un altro foro

Lo ha affermato il Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 87/2024, accogliendo il ricorso di un legale milanese e disapplicando il regolamento dell’Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio

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di Francesco Machina Grifeo

Anche se adottati per fini di “buona amministrazione” e nell’ambito della “leale cooperazione istituzionale tra COA e uffici giurisdizionali”, i regolamenti, i protocolli e le intese locali – secondo una prassi proliferata soprattutto nel corso della pandemia da covid - non devono costituire ostacolo al libero esercizio dell’attività professionale. Lo ha affermato il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Galletti), sentenza n. 87/2024 (resa nota in questi giorni), disapplicando il regolamento per la formazione e la tenuta dell’elenco degli avvocati abilitati alla funzione di curatore speciale del minore adottato dall’Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio secondo il quale l’iscrizione all’albo di un altro foro – nel caso quello di Milano - ostava all’accoglimento della domanda del legale, “potendo l’avvocato essere iscritto ad un solo albo circondariale e ai relativi elenchi, a mente dell’art. 157 c. 5 L.P.

Una lettura della norma bocciata dal Cnf che per prima cosa ribadisce la necessità di rispettare i generali principi di par condicio, libera circolazione e concorrenza. Ragion per cui l’iscrizione a un determinato COA circondariale non può assurgere a elemento discriminante o, comunque, penalizzante ai fini dell’esercizio pieno dell’attività professionale da parte degli avvocati fuori Foro. Il Collegio annota poi che si tratta di una questione sulla quale “non constano precedenti specifici”.

Sebbene non previsti dalla legge, prosegue la decisione, tali elenchi offrono una “indiscutibile posizione di vantaggio all’avvocato iscritto”. E dunque esiste l’interesse giuridicamente tutelato dell’avvocato a farne parte “per dimostrare la propria competenza specifica”.

E se è vero che la mancata inclusione nell’elenco dei curatori speciali tenuto dal COA non priva la ricorrente della possibilità di essere nominata curatrice speciale del minore al Tribunale di Busto Arsizio, “è altrettanto innegabile che la stessa, in ossequio ai generali principi di par condicio, di libera circolazione e di concorrenza, ha un interesse giuridicamente tutelato ad ottenere l’inclusione nell’elenco a parità di condizioni rispetto agli altri colleghi”.

Inoltre, il Cnf chiarisce che l’art. 17 della legge professionale, pur ponendo un generale divieto di iscrizione in più albi circondariali (al comma 5), “non pone analogo divieto in relazione alla contemporanea iscrizione in un albo e in un elenco tenuto da altro Ordine”.

In definitiva per il Collegio va affermata la tesi della “generale illegittimità di provvedimenti assunti sulla base di previsioni regolamentari che possano in concreto ostacolare il libero esercizio della professione sull’intero territorio nazionale o, comunque minare, in modo illogico ed irrazionale, la par condicio nell’aspirare ad assumere determinati incarichi professionali anche partecipando ad eventuali elenchi previsti e disciplinati in via regolamentare presso Ordini diversi da quello di effettiva iscrizione”. E ha così disposto che il Coa di Busto Arsizio provveda all’iscrizione della ricorrente nell’elenco degli avvocati abilitati alla funzione di curatore speciale.

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