Professione e Mercato

Azioni «riscattande» non a prezzo corrente

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di Angelo Busani

Azioni «riscattande» e «a tempo»: le nuove massime dei notai di Firenze “omologano” questi frutti della feconda fantasia operativa dei professionisti del diritto societario, privi di esplicita regolamentazione nella legge, che sono il risultato di una elaborazione resa possibile in quanto la legge concede amplissimi spazi di autonomia statutaria, che i più abili sfruttano per soddisfare esigenze e bisogni e cogliere opportunità del caso concreto.

Se, dunque, la legge si occupa delle azioni riscattabili, e cioè gravate dal potere, spettante a un soggetto diverso dal titolare delle azioni stesse (la società emittente, un altro socio o un terzo estraneo rispetto alla compagine sociale), di acquisirne la titolarità, la categoria delle azioni riscattande è, viceversa, quella che si origina dalla clausola statutaria che consente al titolare di queste azioni di pretendere che un altro soggetto le acquisti. Si tratta, in sostanza, di azioni caratterizzate da un’opzione put spettante a chi ne sia il proprietario, e cioè dal potere di questi di pretenderne l’acquisto da parte di un dato altro soggetto.

Il quesito
Il primo tema da risolvere è se, al fine della validità della clausola statutaria che prevede l’emissione delle azioni riscattande, trovi applicazione la norma, dettata per le azioni riscattabili dall’articolo 2437-sexies del Codice civile, e cioè se il prezzo di riscatto debba essere di valore pari a quello che al socio spetterebbe se egli recedesse dalla società (vale a dire pari, in sostanza, al valore “corrente” delle azioni stesse).

La risposta
La risposta dei notai fiorentini è negativa: lo statuto può prevedere criteri di determinazione del prezzo di vendita più penalizzanti e termini di pagamento meno favorevoli rispetto a quelli indicati per la liquidazione della quota del socio receduto.

Peraltro, qualora l’onere dell’acquisto delle azioni riscattande gravi su altre categorie di soci, la nuova massima di Firenze afferma che la legittimità della relativa clausola statutaria presuppone che la determinazione del prezzo di vendita abbia luogo sulla base di parametri collegati – anche soltanto in parte, purché non irrisoria – agli effettivi risultati della società o, in alternativa, sia inferiore al prezzo di acquisto delle azioni.

Inoltre, in caso di prezzo predeterminato a priori in una misura fissa, pari o superiore al prezzo di acquisto, la validità della previsione statutaria presuppone che il diritto al riscatto sia subordinato al verificarsi di condizioni non meramente potestative.

Qualora, invece, sia onerata dell’acquisto la medesima società emittente, la sussistenza dei limiti di legge all’acquisto delle azioni proprie è condizione sufficiente ad assicurare la legittimità di qualsiasi previsione statutaria circa la determinazione del prezzo di vendita delle azioni riscattande.

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