Civile

Banca Marche: Tribunale Ancona, Pricewaterhouse deve risarcire risparmiatore

Francesco Machina Grifeo

La società di revisione PricewaterhouseCoopers è stata condannata a risarcire 296mila euro ad un risparmiatore rimasto coinvolto nel fallimento di Banca delle Marche per aver validato il 6 febbraio 2012 un prospetto non veritiero. Con la sentenza n. 331 del 20 febbraio scorso, la Sezione specializzata del Tribunale delle Imprese di Ancona ha così riconociuto la responsabilità della società di revisione nei confronti di un piccolo azionista che aveva sottoscritto il 14 febbraio 2012, su invito della Banca, 348.664 azioni ordinarie al prezzo di 0,85 euro l'una. Appena qualche mese prima dunque che la Banca d'Italia (ottobre 2013) sciogliesse gli organi amministrativi e di controllo interni della Banca sottoponendo la stessa ad amministrazione straordinaria, con conseguente totale perdita di valore delle azioni ordinarie della Banca. Secondo il Tribunale la società di revisione è responsabile considerato che «l'offerta stessa è impossibile in assenza delle relazioni e delle valutazioni del revisore legale dei conti».

«E' irrilevante il fatto che l'attore avrebbe potuto disinvestire già prima dell'iniziativa del Ministro delle Finanze di sciogliere gli organi della banca – spiega la sentenza -, atteso che è evenienza del tutto ordinaria per gli investimenti in titoli azionari registrare perdite anche considerevoli e non disinvestire in attesa di una "ripresa" o di una "risalita" che diminuisca o assorba le perdite». Mentre «non può dubitarsi che la realtà della crisi della banca – e dunque la non attendibilità delle informazioni contenute nel prospetto - è divenuta oggettiva e percepibile a chiunque solo con la "certificazione" da parte del Ministro dell'Economia, cioè della pubblica autorità». Per cui secondo lo schema della responsabilità delineata dall'articolo 94 TUF «era onere della convenuta dimostrare di aver adottato ogni diligenza per assicurare la veridicità delle informazioni propalate al pubblico, mentre non compete all'attore dimostrare la falsità dei dati». Il collegio ha invece riconosciuto la prescrizione per alcuni componenti degli organi sociali e di vigilanza interni (nei loro confronti però rimane in piedi il procedimento penale per il reato di bancarotta fraudolenta); e la mancanza di prove specifiche per altri. Il Tribunale ha inoltre rilevato che le attività di vigilanza esercitate dalla Banca d'Italia e Consob, chiamate anch'essa in giudizio dal risparmiatore, siccome non mirano a tutelare specifici interessi individuali ma l'interesse pubblico al corretto andamento del mercato, non rientrano nella sfera "civilistica" bensì sono appannaggio della giustizia amministrativa.

Secondo gli avvocati Gianluca Santilli e Vincenzo Bancono dello studio LS LexjusSinancta che hanno assistito l'azionista, «la decisione segna uno spartiacque nella partita giocata dalle Banche "salvate" nel 2015 con decreto e i risparmiatori/azionisti; per la prima volta, infatti, viene condannata a risarcire il danno la società di revisione scelta dalla Banca per certificare i propri bilanci».

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