Bancarotta fraudolenta impropria se il falso in bilancio aggrava il dissesto aziendale
L'amministratore risponde per bancarotta fraudolenta impropria se il falso in bilancio aggrava il dissesto aziendale: il nesso causale e gli strumenti preventivi (Corte di Cassazione, Sez. V Pen., Sentenza 323/2021)
La Suprema Corte con la sentenza n. 323 del 07/01/21 ha affermato che, il falso in bilancio seguito dal fallimento della società, ai sensi dell'art. 223, comma 2, n.1, l. fall., costituisce un'ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria, e si distingue, sia dal falso in bilancio previsto dall'art. 2621e successivi del codice civile, sia dalla bancarotta documentale propria, concernente l'ipotesi di falsificazione di libri oltre che di scritture contabili.
In particolare, la decisione in commento, accende più alert riguardo le responsabilità dell'amministratore alla luce del novellato art. 223, comma 2, n.1,l. fall., che sancisce espressamente l'applicazione della pena di cui all'art. 216,comma 1: " ai soggetti (amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite) che hanno cagionato o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dall'art. 2621…", con dolo o per operazioni di effetto doloso.
Il fatto afferisce due amministratori che, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello che confermava la condanna inflitta in primo grado, per aver commesso nella qualità di amministratori di fatto di una S.r.l. dichiarata fallita, i reati di bancarotta impropria per distrazione documentale, per falsificazione delle annotazioni di bilancio e per il compimento di operazioni dolose atte a cagionare il fallimento.
In particolare, dall'iter motivazionale si desume che il debito cumulativo della società verso le banche, per quasi 900.000 euro, che costituiva una proporzione significativa del passivo fallimentare, fosse stato determinato da politiche di falsificazione dei bilanci che avevano creato, una situazione di apparente benessere del patrimonio, nonché della struttura economico-finanziaria della società, tale da influire sulla determinazione o potere contrattuale con le banche, clienti e fornitori. Tali condotte hanno contribuito a cagionare il dissesto della società integrando il delitto di bancarotta fraudolenta impropria da falso di bilancio, comunque reato sussidiario a prescindere dall'evento fallimentare.
A ben vedere, il quadro così fatto accende l'attenzione su una responsabilità multipla dell'amministratore, per:
- bancarotta fraudolenta impropria se il falso in bilancio aggrava il dissesto aziendale della società fallita;
- falso in bilancio previsto dall'art. 2621 e successivi del Codice Civile, reato perseguibile e punito a prescindere dall'evento fallimentare;
- bancarotta documentale propria, concernente l'ipotesi di falsificazione di libri e delle scritture contabili.
Relativamente alla fattispecie di bancarotta fraudolenta impropria, è doveroso menzionare che, la novità rilevante introdotta dal legislatore, non afferisce solo all'elencazione dei reati presupposto di bancarotta societaria, l'elemento di novità è la causazione del dissesto che deve ricorrere nella struttura del reato, e che trasforma la bancarotta societaria in reato di danno.
Con riferimento ai reati di falso in bilancio perseguibili ai sensi degli artt. 2621 e successivi del codice civile, è noto che anche qui vale il principio del nesso causale tra la condotta dolosa o colposa dell'amministratore e il danno patito dal terzo, sul quale grava l'onere della prova. Vale a dire che, l'amministratore non è responsabile in quanto tale.
A tale proposito si ricorda che, i Giudici di legittimità nella sentenza n. 17794/2015 hanno affermato che, "in ipotesi di bilancio contenente indicazioni inveritiere, che si assumano avere causato l'affidamento del terzo circa la solidità economico-finanziaria della società e la decisione del medesimo di contrarre con essa, il terzo che agisce nei confronti dell'amministratore che ha concorso alla formazione del bilancio asseritamente falso, è onerato di provare non soltanto tale falsità, ma anche mediante qualsiasi mezzo di prova, il nesso causale tra il dato falso e la propria determinazione di concludere il contratto, da cui derivato un danno in ragione dell'inadempimento della società delle proprie obbligazioni".
La logica sottostante, a bene vedere, è quella di distinguere gli errori di bilancio derivanti da frodi e riconducibili a fattispecie criminose, da quelli causati da comportamenti ed eventi non intenzionali.
A questi ultimi sono riconducibili i c.d. errori tecnici nel processo di raccolta o di elaborazione dei dati utilizzati per la redazione del bilancio, ovvero l'erronea applicazione dei principi contabili ai fatti aziendali. Diversamente, gli errori derivanti da frode attengono a condotte di manipolazione, falsificazione delle scritture contabili o della documentazione di appoggio al bilancio; alle rappresentazioni fuorvianti o omissioni intenzionali nei bilanci di fatti, operazioni ovvero informazioni significative; alla registrazione di scritture contabili fittizie, in particolare in chiusura dell'esercizio, al fine di alterare il risultato contabile; l'indebita modifica delle assunzioni o valutazioni utilizzate per le stime di bilancio, nonché la realizzazione di operazioni straordinarie strutturate al fine di fornire una rappresentazione artata della performance dell'impresa.
Riguardo ai possibili strumenti preventivi, a presidio della responsabilità della figura professionale dell'amministratore, facendo riferimento ad alcune note elaborate dalla Commissione Compliance del CNDCEC, si richiama l'attenzione sul ruolo che il professionista amministratore è chiamato a svolgere nell'ambito della normativa 231, e riguarda la formazione, l'informazione e sensibilizzazione tanto dei soggetti esterni alla governance della società, quanto dei soggetti apicali d'azienda, in merito alle opportunità di predisporre, adottare ed attuare un modello di organizzazione e controllo che tenga conto delle attività di risk management e risk response, l'individuazione dei presidi di controllo, e l'attivazione di procedure e protocolli operativi funzionanti e finalizzati allo scambio dei flussi informativi.
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*Monica Peta , Dottore Commercialista - Revisore Legale PhD in Scienze Aziendali Componente del Comitato Scientifico Nazionale Fondazione School University