Responsabilità

Bayer condannata per Lipobay: autorizzazione e bugiardino non salvano dalla responsabilità

La Cassazione, sentenza n. 12225 di oggi, ha condannato l'azienda a risarcire un medico ammalatosi di distrofia muscolare

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di Francesco Machina Grifeo

Il colosso farmaceutico Bayer è stato definitivamente condannato a risarcire un medico per le conseguenze derivanti dall'assunzione, nel '99, del farmaco anticolesterolo Lipobay 0,2, poi ritirato dal commercio. In particolare il farmaco, finito sul banco degli imputati in tutto il mondo per cinquanta morti sospette, gli aveva procurato la cd "miopatia dei cingoli" (una forma di distrofia muscolare) con "dispnee notturne". Secondo la Corte di cassazione, sentenza n. 12225 depositata oggi, la casa farmaceutica è responsabile di aver messo in commercio un prodotto "difettoso e dannoso" a causa del principio attivo (cerivastatina) in esso contenuto.

Mentre, spiega la decisione, "l'autorizzazione al commercio non vale di per sé ad escludere la responsabilità civile del produttore". Infatti, chiarisce la Corte, i requisiti pubblicistici valgono "a realizzare solo un minimum di garanzia per il consumatore".
Dunque, in coerenza con quanto previsto dal Codice del consumo, la Corte di merito ha ravvisato l'esistenza della difettosità del farmaco "a cagione del principio attivo (cerivastatina) in esso contenuto, determinante l'accentuato rischio di malattie del muscolo rispetto a dosi equipollenti di altre statine, e, pertanto, una minore sicurezza del medesimo rispetto ad altri farmaci della stessa categoria (ipocolesterolemizzanti)".

In questo senso, il ritiro dal commercio, "pur se volontario, depone invero per la violazione del principio di precauzione anteriormente all'immissione in commercio, al fine di evitare, attesa la riconosciuta tossicità neuromuscolare, la causazione di patologie (quale in particolare la rabdomiolisi) dei muscoli ai relativi assuntori". In altri termini, "il farmaco difettoso ha nello specifico caso concreto in esame assunto carattere anche dannoso".

Inoltre, precisa la Corte, "ad escludere la responsabilità del produttore di farmaci non è invero sufficiente nemmeno la mera prova di aver fornito - tramite il foglietto illustrativo (c.d. bugiardino) un'informazione che si sostanzi in una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto, essendo necessaria un'avvertenza idonea a consentire al consumatore di acquisire non già una generica consapevolezza in ordine al possibile verificarsi dell'indicato pericolo bensì di effettuare una corretta valutazione (in considerazione delle peculiari condizioni personali, della particolarità e gravità della patologia nonché del tipo di rimedi esistenti) dei rischi e dei benefici al riguardo, nonché di adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare l'insorgenza del danno, e pertanto di volontariamente e consapevolmente esporsi al rischio (con eventuale suo concorso di colpa ex art. 1227 c.c. in caso di relativa sottovalutazione o di abuso del farmaco)".

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