Civile

Beni difettosi, se la riparazione non è efficace resta possibile chiedere la risoluzione del contratto

La Cassazione, sentenza 22146 del 14 ottobre, riconosce il diritto alla restituzione del prezzo dell'auto difettosa dopo due anni di inutili corse in officina

di Francesco Machina Grifeo

Sì alla risoluzione del contratto di acquisto della automobile ed alla restituzione del prezzo se, a due anni dall'acquisto e nonostante i continui ricoveri in officina, per lo più mediante carroattrezzi, la vettura non è stata riparata in modo soddisfacente. Né il concessionario, o la casa produttrice, possono detrarre dal dovuto una somma a titolo di indennità per l'uso, considerati i mille disagi subìto dall'acquirente tali da non consentire un impiego regolare del mezzo. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 22146 depositata oggi, respingendo il ricorso di Renault Italia.

La VI Sezione civile infatti affermando un principio di diritto ha chiarito che "in tema di vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità, ove l'acquirente abbia inizialmente richiesto la riparazione del bene, non è preclusa la possibilità di agire per la risoluzione del contratto, ove sia scaduto il termine ritenuto congruo per la riparazione, senza che il venditore vi abbia tempestivamente provveduto, ovvero se la stessa abbia arrecato un notevole inconveniente".

Nel ricorso invece la casa automobilistica aveva sostenuto la tesi dell'alternatività dei rimedi concessi al consumatore, per cui una volta chiesta la riparazione e poi la sostituzione non si poteva più pretendere la risoluzione del contratto.

Una lettura bocciata dalla Suprema corte secondo cui invece il Legislatore "ha optato per una gerarchia dei rimedi a favore del consumatore". "Nel caso di non conformità del bene al contratto – si legge nella sentenza -, il consumatore è tenuto a chiedere in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari". "È proprio la previsione della subordinazione di una classe di rimedi ad un'altra – prosegue il ragionamento - che impedisce di ritenere che essi siano alternativi, in quanto l'unico onere imposto al consumatore è che egli debba avvalersi prima dei rimedi primari e, solo una volta che questi si rivelino inidonei a risolvere il problema, è dato ricorrere ai cd., rimedi secondari".

Inoltre, il Codice del consumo dispone che le riparazioni o le sostituzioni "debbano essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non debbano arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale è avvenuto l'acquisto". Ed il Consiglio di Stato, sentenza n. 5250/2015, interpretando l'articolo 3 paragrafo 3 della Direttiva 1999/44 ha affermato che "la riparazione e la sostituzione di un bene non conforme devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore". "Questo triplice requisito – osserva la Suprema corre - è l'espressione della manifesta volontà del legislatore dell'Unione di garantire al consumatore una tutela effettiva".

Infine, con riguardo alla richiesta di tener conto dell'utilizzo comunque fatto dell'autovettura, che aveva percorso 20mila km, la Corte ricorda che il malfunzionamento dell'autovettura "si era manifestato con un'intensità ed una frequenza tali da richiedere reiteratamente il soccorso stradale". Nel solo primo anno dall'acquisto si erano resi necessari circa cinque interventi di riparazione, e poco dopo era stata richiesta, ma senza esito la sostituzione del veicolo. "Tale accertamento fattuale – conclude - impedisce di ritenere che sia stato fatto un uso ‘proprio' del bene tale da legittimare il versamento di un'indennità compensativa".

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