Immobili

Blocco degli sfratti alla Consulta: locatori in difficoltà non tutelati

Per il Tribunale di Savona non c'è spazio per valutare le situazioni concrete

di Augusto Cirla

Alla Corte costituzionale arriva una nuova richiesta di pronunciarsi sul provvedimento di blocco delle esecuzioni degli sfratti, deciso all’inizio della pandemia. A rimettere la questione alla Consulta questa volta è il Tribunale di Savona, che, con l’ordinanza del 3 giugno 2021 (giudice Tagliasacchi), ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale degli articoli: 103, comma 6, del decreto legge 18/2020; 13, comma 13, del decreto legge 183/2020; e 40-quater del decreto legge 41/2021. Una successione di norme che proroga la sospensione degli sfratti per morosità di immobili abitati dal debitore fino al 30 settembre 2021, per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio al 30 settembre 2020, e fino al 31 dicembre 2021, per quelli adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021.

L’ordinanza di Savona si aggiunge a quella del Tribunale di Trieste del 24 aprile 2021, che aveva investito le stesse norme (tranne il più recente decreto legge 41/2021, in vigore dal 22 maggio), e alle questioni sollevate da altri giudici in relazione alla sospensione dei pignoramenti.

La vicenda al centro dell’ordinanza di Savona parte dal reclamo proposto da un locatore, in base all’articolo 60 del Codice di procedura civile, al giudice dell’esecuzione, perché impossibilitato a riottenere la disponibilità del proprio immobile occupato da un conduttore moroso, che privava il locatore di una primaria fonte di sostentamento.

Il giudice ha sollevato il dubbio di costituzionalità ritenendo, in primo luogo, non giustificabile, perché contraria all’articolo 3 della Costituzione, la sospensione indiscriminata della liberazione degli immobili, anche per quelli oggetto di sfratto convalidato prima della pandemia e per cui l’inadempimento del conduttore non ha relazione causale con l’emergenza.

A ciò si aggiunge il fatto - e qui il contrasto con il comma 2 dell’articolo 3 della Costituzione - che il blocco degli sfratti introdotto all’inizio dell’emergenza Covid non prende in considerazione, come invece era successo per provvedimenti analoghi del passato (si pensi alla sospensione degli sfratti prevista dal decreto legge 450/2001), le condizioni economiche delle parti e la meritevolezza degli interessi contrapposti. Anzi: tutela esclusivamente e in modo automatico il conduttore, senza valutare e senza lasciare al giudice alcun margine di apprezzare, nel caso concreto, le condizioni economiche in cui versa il locatore, anch’egli colpito dall’emergenza legata alla pandemia e pertanto posto, come nel caso trattato dal giudice di Savona, in stato di indigenza dall’impossibilità di percepire i canoni per oltre un anno. Per il Tribunale di Savona, il blocco degli sfratti fa «gravare su una parte dei cittadini, indebitamente e indistintamente ritenuti capaci di sopportarne le conseguenze, una misura di carattere sostanzialmente assistenziale, che avrebbe dovuto essere posta a carico della fiscalità generale».

Inoltre, il blocco degli sfratti, rileva il giudice di Savona, svuota il contenuto sostanziale del diritto del proprietario senza prevedere alcun indennizzo in suo favore. Infatti il locatore non può usare il bene per sè, né locarlo ad altri, né ottenere i canoni di locazione. Ed è probabile che neanche in futuro potrà trovare soddisfazione del proprio credito, soprattutto quando il conduttore è insolvibile. E il blocco è tanto più irragionevole perché resta invariato l’obbligo del proprietario di sopportare gli oneri condominiali e fiscali, salvo il solo credito di imposta riconosciuto dall’articolo 6-septies del decreto legge 41/2021.

Da considerare poi - sottolinea il Tribunale di Savona - la contrarietà della sospensione degli sfratti agli articoli 11, 24, 111 e 117 della Costituzione, all’articolo 6 Cedu e all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue perché, sospendendo l’esecuzione della convalida dello sfratto per un non indifferente periodo, si impedisce al locatore di godere di una tutela giurisdizionale effettiva, anche per la ragionevole durata del processo.

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