Bocciate le istanze di atti e documenti troppo generiche
La quarta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 5345/19, dà uno stop alle richieste di accesso ai dati dell’Anagrafe tributaria, archivio dei rapporti finanziari, che non siano circostanziate e specifiche nel loro svolgersi. In buona sostanza è da bocciare l’istanza che ha per oggetto «una serie di atti e documenti di natura diversa ed ampia, tale da rendere la stessa richiesta priva del necessario requisito della specificità» come quando si richieda, ad esempio, «l’ostensione dell’elenco degli istituti di credito e degli altri intermediari finanziari con i quali il coniuge ha intrattenuto rapporti e tutti i documenti contenuti nell’Anagrafe dei conti correnti, nonché tutte le comunicazioni relative allo stesso inviate dagli operatori finanziari all’Anagrafe tributaria»
La domanda è inammissibile perchè, osserva il Consiglio di Stato, non si può costringere l’amministrazione a una attività di ricerca e di elaborazione di dati; «la richiesta di accesso non può essere generica eccessivamente estesa, riferita ad atti non specificamente individuati» e ciò perché il diritto all’accesso trova soddisfazione solo per «ottenere il rilascio di copie di documenti già formati ed in possesso della stessa amministrazione» come espresso da CdS, quarta sezione, sentenza 2665 del 4 maggio 2018 e quinta sezione, sentenza 2271 del 30 maggio 2016.
Sul punto, tuttavia, sono invece ormai numerosissime le decisioni dei Tar che hanno riconosciuto in questi ultimi anni come assolutamente «consultabili» le comunicazioni inviate da tutti gli operatori finanziari all’Anagrafe tributaria, sezione archivio dei rapporti finanziari, «relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria e ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili – ad un coniuge – anche in qualità di delegato».
In particolare hanno richiamato la nota sentenza CdS 2472 del 2014 secondo la quale tutte le comunicazioni che arrivano dalle banche nell’archivio dei rapporti finanziari costituiscono «informazioni» che costituiscono «documento» ai sensi della normativa in materia di accesso, trattandosi di atti utilizzabili dal Fisco per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali ancorché non formati da questo, e in special modo di documenti formalmente esistenti «in modo che non sia possibile sostenere» che per la loro estensione all’istante «sia richiesta, una non esigibile attività di elaborazione e/o estrapolazione».
Del resto, conclude in modo singolarmente chiaro tra le tante, la sentenza dell’ottobre 2018 della sesta sezione del Tar Campania: se l’esigenza è quella di conoscere la situazione reddituale e patrimoniale del coniuge «non si comprende per quale ragione la dichiarazione dei redditi sia pacificamente ottenibile e non ciò che risulta dai dati ricavabili dall’anagrafe dei rapporti finanziari». In entrambi i casi, infatti, la documentazione riguarda la condizione economica del contro-interessato, la cui conoscenza «è strumentale alla difesa dell’interesse giuridico a un corretto assetto dei rapporti economici all’interno della famiglia».