Responsabilità

Caduta in strada: il gestore paga i danni se non dimostra il «caso fortuito»

Le ultime pronunce evidenziano dove inizia la colpa della vittima

di Filippo Martini

Il gestore di una strada deve dimostrare il caso fortuito per liberarsi della responsabilità (e quindi non pagare i danni) in caso di caduta o incidente provocato da una insidia a chi sia in transito sull’area. Deve cioè provare che è intervenuto un fatto estraneo alla sua sfera di controllo sul bene, avente un impulso causale autonomo e il carattere della imprevedibilità e della assoluta eccezionalità.

È quanto ribadisce la Corte di cassazione, di recente tornata a dettare i principi che delimitano la responsabilità di un ente, pubblico o privato, nella manutenzione delle strade, nell’ottica di proteggere gli utenti, tracciando il perimetro nel quale opera la responsabilità presunta del “custode” (vale a dire il gestore dell’area, che ne ha il “dominio” che implica anche il controllo diligente) e dove cominci, di contro, la colpa del cittadino, a sua volta tenuto a prestare attenzione ai possibili ostacoli che si possano prevedibilmente frapporre sul suo cammino.

Si tratta di un confine che deve essere valutato nel caso concreto, ma per il quale i giudici di legittimità dettano le regole essenziali e il contenuto dei due obblighi contrapposti, previsti dal nostro Codice civile: l’uno, quello di custodia diligente, che ispira l’articolo 2051 del Codice, e l’altro, dettato dall’articolo 1227, che impone una comune prudenza al cittadino nelle vicende della vita, come quando cammina per strada o conduce un mezzo proprio.

Nello specifico, il custode dell’area di pubblico transito è responsabile per un improvviso ostacolo che abbia causato una situazione di pericolo e insidia, salvo dimostri che questa condizione era inevitabile perché, ad esempio, determinata da un fattore climatico, come un improvviso temporale, non risolvibile in tempo prima del sopraggiungere del conducente di un veicolo.

Al tempo stesso, il custode è libero da responsabilità se la vittima è incorsa in un infortunio provocato da una insidia che ben poteva essere avvistata ed evitata con l’utilizzo della diligenza e della ordinaria prudenza che è sempre richiesta a ogni utente della strada.

Così, la Cassazione ha affermato che la dimostrazione di una imprudente condotta del pedone non è sufficiente a escludere la colpa dell’ente custode della strada, se questo non abbia dimostrato «di aver fatto quanto in suo potere per rimuovere o ridurre l’incidenza della situazione di pericolo» (Cassazione, sentenza 6326 del 2019).

Di contro, sempre la Cassazione (sentenza 348 del 2020) ha confermato l’assenza di colpa del custode per non avere tempestivamente rimosso un albero di grosse dimensioni, tanto da occupare la corsia di marcia e quella di emergenza, mentre nella zona era stato segnalato un vento forte, perché il conducente «avrebbe dovuto tenere un comportamento più attento e prudente che gli avrebbe evitato l’urto contro l’albero».

Altra regola importante – che delinea il flusso del contraddittorio nel processo civile per colpa del custode – è quella della distribuzione degli oneri probatori tra presunta vittima e custode del bene ove sia avvenuto l'incidente.

Così se è vero che il danneggiato ha l’onere di provare il nesso causale, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente un impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (Cassazione, sentenza 26524 del 2020).

Le indicazioni dei giudici

Il caso fortuito
Nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non è predicabile la ricorrenza del caso fortuito solo accertando la condotta colposa della vittima (che può invece rilevare ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento). Per integrare il fortuito, la condotta deve presentare anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
Cassazione, sentenza 26524 del 20 novembre 2020

La prova
La responsabilità prevista dall’articolo 2051 del Codice civile non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, della cosa, mentre è a carico del custode la prova del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, imprevedibile ed eccezionale.

Cassazione, ordinanza 25018 del 9 novembre 2020

La manutenzione
La Pubblica amministrazione proprietaria della rete stradale risponde del pregiudizio subito dall’utente in conseguenza di una caduta determinata dalla presenza di una buca sul marciapiedi, se ricoperta di fogliame, invisibile e non percepibile. In questi casi, infatti, l’ostacolo rappresentato dall’esistenza di un dislivello del marciapiede costituisce un’anomalia conseguente ad un difetto di manutenzione non segnalato in alcun modo.
Tribunale di Roma, sentenza 24 settembre 2019

L’ostacolo
La società Autostrade per l’Italia non deve risarcire i danni riportati da un autocarro in transito per l’impatto contro un albero caduto in autostrada a causa della pioggia e del forte vento. Infatti l’albero era di grosse dimensioni, tanto da occupare la corsia di marcia e quella di emergenza, e nella zona era stato segnalato un vento forte. Per cui il conducente avrebbe dovuto tenere un comportamento più attento e prudente.
Cassazione, sentenza 348 del 13 gennaio 2020

La rimozioneCassata la sentenza di merito che aveva ritenuto che il sinistro si fosse verificato per caso fortuito soltanto in ragione della consapevolezza da parte dell’attore della presenza sulla strada di ghiaia e sabbia che avevano causato la caduta, senza indagare se il Comune convenuto avesse dato prova di aver fatto quanto in suo potere per rimuovere o ridurre l’incidenza della situazione di pericolo.
Cassazione, sentenza 6326 del 5 marzo 2019

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