Professione e Mercato

Cancellato dall'albo l'avvocato amministratore di società non interamente pubblica

Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense, sentenza dell'11 novembre 2022 (resa nota oggi) confermando la sanzione della cancellazione dall'albo disposta dal Coa di Ferrara

di Francesco Machina Grifeo

Il soggetto che riveste cariche sociali e al quale siano attribuiti effettivi poteri di gestione, versa in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione di avvocato, salvo si tratti di società a capitale interamente pubblico (articolo 18 legge n. 247/2012), non essendo all'uopo sufficiente una partecipazione pubblica inferiore, ancorché di poco, a quella totalitaria.

Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Napoli), sentenza dell'11 novembre 2022 (resa nota oggi) confermando la sanzione della cancellazione dall'albo disposta dal Coa di Ferrara. Il caso era quello di un legale nominato amministratore unico di una società a capitale pubblico per circa l'80%.

Il Collegio richiama l'articolo 18 della legge professionale secondo cui: " 1. La professione di avvocato è incompatibile: […]; c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico; […]".

Dunque, prosegue la decisione, il soggetto che riveste cariche sociali e al quale siano attribuiti effettivi poteri di gestione, versa in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione di avvocato, con eccezione espressa, tra l'altro, costituita dall'ipotesi in cui rivesta l'incarico di amministratore in società a capitale interamente pubblico.

Tornando al caso specifico, la società era partecipata al 76,91 % da soggetti pubblici, mentre per il 23,09% era posseduta da privati. Il regime di incompatibilità, si domanda il Cnf, vale anche in questa ipotesi, cioè quando la maggior parte del capitale, ma non la sua totalità, sia detenuta da soggetti pubblici? Ebbene per il Collegio la risposta "non può che essere affermativa".

Per il Collegio "la chiarezza della norma" - l'articolo 18 lettera c) della legge n. 247/2012 - "alla quale, trattandosi di norma eccezionale, non può essere data interpretazione estensiva, esclude la sussistenza dell'incompatibilità con l'esercizio della professione forense nel solo caso di nomina ad amministratore di società a capitale interamente pubblico"

Mentre, conclude la sentenza, le osservazioni del ricorrente circa la possibilità di qualificare la società come a controllo pubblico, in ragione della partecipazione maggioritaria di enti pubblici, sono irrilevanti poiché la norma espressamente precisa che l'eccezione all'ipotesi di incompatibilità riguarda soltanto le società a capitale interamente pubblico.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©