Professione e Mercato

Cancellato l’«avocat» abilitato irritualmente in Romania

È abilitato a esercitare in Italia soltanto l'avvocato rumeno il cui titolo professionale sia rilasciato dall'Unbr- Bucarest e non dal Unbr-struttura Bota: così le sezioni Unite civili della Corte di cassazione, con la sentenza n. 3516 di oggi. Questo perché solo il primo organismo è stato indicato dallo Stato rumeno come “autorità competente” al rilascio dei titoli professionali di avvocato in ambito europeo. Indicazione legittima, e non discriminatoria nei confronti della struttura Bota, in quanto adempimento imposto dallo stesso sistema di cooperazione Imi (Internal Market Information Sistem) al fine di creare una piattaforma europea cui gli ordini professionali possono riferirsi per verificare - ad esempio - se il professionista che vuole iscriversi in Italia sia in possesso di un titolo rilasciato nel rispetto dei presupposti stabiliti dallo Stato di provenienza a garanzia dell'”armonizzazione” del titolo professionale a livello eurounitario.
La Cassazione ricorda di aver deciso allo stesso modo ben 29 casi - di titolo proveniente dalla struttura Bota e non da quella “tradizionale” - di cui 6 presentati dallo stesso avvocato di quello attuale. È stato così respinto oggi il ricorso contro la sentenza del Consiglio nazionale forense che aveva confermato la cancellazione fatta in autotutela da un Consiglio locale, perché l'iscrizione dell'”avocat” si basava su un titolo che non gli garantiva di esercitare (e non solo in Italia) la professione all'interno della Ue, per violazioni di norme proprie del suo Stato di provenienza. Il ricorrente lamentava che il Coa di Locri avesse commesso eccesso di potere, per aver violato il suo legittimo affidamento cancellandolo dall'albo cui era iscritto in Italia da tre anni. Di fatto disconoscendo - dice sempre il ricorrente - un suo diritto di stabilimento ormai acquisito, che gli dava diritto alla piena integrazione. Ma che - come spiega invece la Cassazione - non è mai sorto legittimamente. L'integrazione nell'albo ordinario riguarda chi sia iscritto da almeno tre anni alla sezione “avvocati stabiliti”, ma legittimamente. Cioè senza violazione delle regole, non solo italiane o europee, ma anche di quelle nazionali di provenienza e recepite nel sistema Imi. Perciò secondo la Cassazione sbaglia il ricorrente ad appuntare le proprie ragioni sulla violazione delle norme Ue da parte della Romania, ma di fronte alle autorità amministrative o giudiziarie italiane. Si tratta di rilievi che andavano portati davanti ai giudici rumeni. L'Italia, infatti, non può contestare la scelta della Romania su quale sia l'”autorità competente”. Si tratta di esercizio di un potere discrezionale. I giudici infine respingono la richiesta dell'avvocato rumeno di rinviare la questione “Bota” alla Corte Ue in quanto irrilevante per la causa in corso: infatti, l'ordine professionale italiano non poteva che prendere atto della dovuta cancellazione dopo aver accertato la violazione di norme nazionali di altro Stato Ue che costituiscono il corretto presupposto per lo stabilimento in ambito europeo.

Corte di Cassazione – Sezioni Unite – Sentenza 6 febbraio 2019 n. 3516

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