Responsabilità

Cani al parco, nessun risarciment o per la caduta causata dal proprio animale

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza n. 2576 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

È capitato a molti: durante una passeggiata al parco un cane di grossa taglia, lasciato libero dal padrone, punta il vostro, molto più piccolo e debitamente al guinzaglio, e parte al galoppo. A quel punto, impauriti per quello che potrebbe accadere all'animale che vi fa compagnia, scappate via velocemente rovinando poi a terra attorcigliati nel vostro stesso guinzaglio, forse troppo lungo. Ebbene, nulla da fare. Non potete infatti chiedere il risarcimento del danno patito perché tale sequenza non prova il nesso causale richiesto dalla legge. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza n. 2576 depositata oggi, bocciando il ricorso della padrona del cane, dichiarato inammissibile.

La II Sezione civile conferma così la decisione della Corte di appello di Roma che, a sua volta, aveva confermato il rigetto della domanda per il risarcimento dei danni subìti dalla ricorrente "allorché, mentre si trovava con il suo cane di piccola taglia in un'area adibita a verde pubblico, dinanzi al sopraggiungere di un grosso cane nero di proprietà della convenuta - che si era avvicinato di corsa, senza museruola né guinzaglio e che appariva minaccioso per la sua incolumità e quella del suo animale -, era corsa via frettolosamente ed era caduta a terra, riportando lesioni personali".

La Corte territoriale, condividendo il giudizio già espresso dal Tribunale di primo grado, aveva ritenuto che, nella fattispecie, pur essendo stata evocata l'ipotesi di responsabilità di cui all'articolo 2052 c.c., non era stata fornita la prova del nesso causale tra il comportamento del cane di proprietà della convenuta e il danno riportato dall'attrice.

Alla luce delle dichiarazioni testimoniali, infatti, "doveva piuttosto ritenersi che la causa del danno occorso … andasse ravvisata nel comportamento del proprio cane, il quale, dotato di lungo guinzaglio, dapprima si era avvicinato al cane della G. e, successivamente, tornando nei pressi della padrona dopo che quello era stato prontamente recuperato e sottoposto a controllo dalla proprietaria, ne aveva determinato la perdita di equilibrio".

Per la ricorrente, per un verso, la Corte territoriale aveva errato nel ritenere la condotta serbata dal cane di piccola taglia - che le era girato intorno con il guinzaglio, bloccandone i movimenti e facendole perdere l'equilibrio - , alla stregua di un comportamento rientrante nell'ordinarietà e prevedibilità; per altro verso, non aveva considerato che inizialmente il grosso cane era sfuggito al controllo della proprietaria e, privo di museruola e di guinzaglio, si era scagliato contro di lei, salvo poi essere "riacciuffato" prima del contatto fisico.

Per la Suprema corte, però, va ribadito che siccome la Corte di appello ha ritenuto che la convenuta non abbia provato il nesso causale tra la condotta dell'animale e il danno, la riproposizione della censura in sede di legittimità si presenta come una critica alla valutazione delle circostanze di fatto e all'apprezzamento delle prove richiedendo così una nuova valutazione non proponibile in Cassazione, in quanto riservata al merito.

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