Civile

Caparra imponibile dopo la diffida

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di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito

La caparra confirmatoria che il promissario venditore incamera a fronte dell’inadempimento del promissario acquirente, previa notifica a quest’ultimo di una diffida ad adempiere, ha rilevanza reddituale nell’esercizio in cui si verifica lo scioglimento del vincolo contrattuale (e la conseguente mancata restituzione della caparra). Ad affermare questo principio è la Ctr Lombardia con la sentenza 2379/4/2017 (presidente D’Addea, relatore Sciarini).

Nell’anno 2007 una società stipulava un contratto preliminare di cessione di azienda, ricevendo dalla controparte un importo a titolo di caparra confirmatoria. A fronte dell’inadempimento nella esecuzione del contratto, nell’anno 2009 la società notificava al promissario acquirente una diffida ad adempiere ex articolo 1454 del Codice civile e, vista la perdurante inerzia, dichiarava risolto il contratto e incamerava le somme ricevute a titolo di caparra.

Tali somme non venivano assoggettate a tassazione nell’anno 2009 in quanto il promissario acquirente aveva adito l’autorità giurisdizionale affinché dichiarasse l’illegittimità del comportamento della società consistente nel recesso dal contratto preliminare e nell’incameramento della caparra.

L’agenzia delle Entrate emette avviso di accertamento nei confronti della società, recuperando a tassazione l’ammontare della caparra acquisita nell’anno 2009 in conseguenza del recesso dal contratto. Secondo la tesi dell’ufficio, la risoluzione del contratto mediante diffida ad adempiere alla controparte opera di diritto senza la necessità del giudice di confermare/costituire lo scioglimento del vincolo. Pertanto, è nel momento in cui lo scioglimento del contratto è dichiarato dalla parte adempiente che l’importo ricevuto a titolo di caparra acquista rilevanza reddituale.

La società impugna l’avviso di accertamento e, pur non contestando l’astratta tassabilità della caparra incamerata, sostiene che, avendo il promissario acquirente adito l’autorità giurisdizionale per vedersi riconosciute le proprie ragioni, il requisito della certezza del componente reddituale, richiesto dall’articolo 109 Tuir, sarebbe risultato integrato solamente con il passaggio in giudicato della sentenza civile confermativa della legittimità del comportamento del promissario venditore. Circostanza, questa, verificatasi nel 2014, anno in cui la società ha dato rilevanza reddituale alle somme incassate.

La Ctp accoglie il ricorso della società ma il giudice d’appello ribalta il verdetto. La Ctr chiarisce che l’istituto della diffida ad adempiere, previsto dall’articolo 1454 del Codice civile, commina all’inutile decorso del termine intimato l’effetto della risoluzione di diritto del contratto. Si tratta quindi di un atto unilaterale recettizio che produce effetti indipendentemente dalla volontà di accettarlo o meno. Esso costituisce un mezzo concesso dalla legge al contraente adempiente per conseguire, nei confronti di quello inadempiente, il vantaggio della risoluzione de iure del contratto che non contenga una clausola risolutiva espressa. La sentenza che intervenga sulla questione ha pertanto solo natura dichiarativa di una fattispecie già costituitasi.

Con riferimento al caso di specie, la società avrebbe allora dovuto tassare le somme incamerate nel 2009, anno in cui ha dichiarato risolto il contratto per inadempimento del promissario acquirente.

Ctr Lombardia, sentenza 2379/4/2017

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