Civile

Casa, acquisto condizionato retroattivo solo per le parti

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di Angelo Busani

Il contratto di compravendita sottoposto a una condizione prevista dalla legge, se questa si verifica, produce i suoi effetti retroattivamente, dal momento della stipula, ma solo nei rapporti tra i contraenti. Nei confronti dei terzi, invece, gli effetti del contratto si producono dal momento in cui la condizione si verifica. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 28561 del 6 novembre 2019, che, applicando questo principio al caso di una compravendita di un edificio sottoposto a vincolo storico-artistico, ha precisato che chi compra la “prima casa” con un contratto di compravendita sottoposto a condizione sospensiva non è obbligato a trasferire la propria residenza entro 18 mesi dalla data del contratto.

Il termine di 18 mesi decorre infatti dal giorno in cui la condizione si verifica e, cioè, dal giorno in cui scade il termine per l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato (e degli altri enti pubblici territoriali dove si trova il bene vincolato). Ma andiamo con ordine.

I 60 giorni
Nel caso di compravendita di una casa sottoposta a vincolo storico-artistico, il bene oggetto di compravendita è soggetto all’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato e di enti pubblici territoriali (articolo 60 e seguenti del decreto legislativo 42/2004, il Codice dei beni culturali). Per permettere l’esercizio del diritto di prelazione, la legge impone che l’avvenuta stipula del contratto di compravendita venga notificata alla Sovrintendenza competente per territorio. Dal giorno della notifica decorre un periodo di 60 giorni entro il quale il diritto di prelazione deve essere esercitato.

Durante questo periodo di 60 giorni, il contratto di compravendita è soggetto a una condizione sospensiva imposta dalla legge, per cui «all’alienante è vietato effettuare la consegna della cosa» (articolo 61, comma 4, decreto legislativo 42/2004). Durante la pendenza della condizione, il contratto non produce i propri effetti: il diritto di proprietà non si trasmette dal venditore all’acquirente, il venditore non ha l’obbligo di consegnare la cosa compravenduta (consegna, che, come detto, è comunque espressamente vietata dalla legge), l’acquirente non ha l’obbligo di pagare il prezzo (ma i contraenti possono concordare che il pagamento avvenga ugualmente, in tutto o in parte, con obbligo della parte venditrice di restituire il prezzo se la prelazione viene esercitata).

Ora, l’articolo 1360 del Codice civile afferma che, quando la condizione si verifica, gli effetti del contratto si intendono prodotti retroattivamente, dal giorno in cui il contratto è stato stipulato (e, quindi, non dal giorno in cui la condizione si è verificata), a meno che le parti convengano diversamente e a meno che l’effetto retroattivo sia escluso dalla «natura del rapporto» (e, cioè, dalle circostanze del caso concreto).

L’incertezza fugata
Al riguardo, vi è sempre stata una notevole incertezza sul punto dell’applicabilità dell’articolo 1360 del Codice civile alla condizione imposta dalla legge (cosiddetta “condicio iuris”), in quanto, secondo una tesi diffusa, la condicio iuris si sottrarrebbe al principio della retroattività.

La sentenza 28561/2019 prende decisa posizione sul punto: «È (...) di tutta evidenza che l’inutile decorso del termine di 60 giorni (...) rende efficace l’acquisto fra i soggetti contraenti sin dalla data della stipula conformemente alla regola codificata nell’articolo 1360 del Codice civile». «Ma la retroattività che deriva dal mancato perfezionamento della procedura di prelazione non può operare nei confronti di soggetti estranei all’ambito negoziale, quale deve ritenersi il Fisco».

In sostanza, la Cassazione afferma senza dubbio («è di tutta evidenza») che anche la condicio iuris ha efficacia retroattiva come qualsiasi altra condizione, ma che questa retroattività vale solo nei rapporti tra i contraenti: significa, per esempio, che i danni prodotti dall’immobile nel periodo di pendenza della condizione vanno risarciti dal venditore e che dell’Imu dovuta per quei 60 giorni è sempre il venditore a dover rispondere.

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