Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra l'11 ed il 15 gennaio 2021

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di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) consulenza tecnica d'ufficio percipiente e poteri del giudice; (ii) verbale di udienza, riserva del giudice e rispetto del principio del contraddittorio; (iii) vizi relativi alla individuazione del luogo di notificazione; (iv) giudizio di appello e criterio di liquidazione delle spese processuali; (v) principio di non contestazione ed atti a forma vincolata; (vi) giudizio di cassazione, eccezione e denunzia di violazione della regola di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e vizio motivazionale; (vii) acquiescenza alla sentenza impugnata in forma di condotta processuale tacita; (viii) spese processuali del terzo chiamato in causa; (ix) litisconsorzio necessario, cause inscindibili, ed unitarietà del termine per proporre impugnazione.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

MEZZI DI PROVACassazione n. 200/2021
Cassando con rinvio una pronuncia impugnata resa in tema di responsabilità sanitaria, l'ordinanza ribadisce che il giudice può anche disattendere le risultanze della disposta consulenza tecnica d'ufficio percipiente, ma solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati ed agli elementi probatori utilizzati per addivenire all'assunta decisione, specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del consulente.

ATTI PROCESSUALI Cassazione n. 270/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, la decisione afferma che laddove il giudice dia espressamente atto, nel verbale di udienza, di riservarsi di provvedere in ordine ad una determinata questione – processuale o di altra natura – deve di regola ritenersi che egli intenda riferirsi ad una questione resa oggetto di discussione nel corso dell'udienza, o comunque sottoposta al contradditorio delle parti presenti, quanto meno laddove non risulti espressamente il contrario in base a quanto emerge dal verbale stesso.

ATTI PROCESSUALI Cassazione n. 287/2021
L'ordinanza riafferma i vizi relativi alla individuazione del luogo di notificazione ricadono pur sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 383/2021
La decisione ribadisce che la liquidazione delle spese processuali nel procedimento di appello va effettuata tenendo conto dell'esito complessivo del giudizio e non già separando l'esito del giudizio di impugnazione dai risultati totali del giudizio.

POTERI DEL GIUDICE Cassazione n. 387/2021
La decisione riafferma che il principio, sancito dall'art. 115, comma 1, c.p.c., secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da un atto per il quale la legge impone la forma scritta "ad substantiam".

SENTENZA Cassazione n. 459/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, l'ordinanza individua, in sede di legittimità, la differenza tra la denuncia della violazione della regola di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e la denuncia del vizio motivazionale.

IMPUGNAZIONE Cassazione n. 472/2021
Esaminando la condotta processuale assunta da un lavoratore, l'ordinanza, soffermandosi sulla figura dell'acquiescenza alla sentenza impugnata declinata in forma tacita, ne riafferma la sussistenza solo ove l'interessato abbia posto in essere atti dai quali emerga, in maniera precisa ed univoca, il suo proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione.

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 511/2021
In tema di spese processuali sostenute dal terzo chiamato in causa, la decisione riafferma che l'attore, il quale abbia visto accolta la propria domanda contro almeno uno dei convenuti, non può essere condannato alla rifusione delle spese di lite sostenute dal terzo chiamato in causa, laddove venga rigettata la domanda di manleva formulata dal convenuto nei confronti del chiamato.

IMPUGNAZIONE Cassazione n. 667/2021
Cassando con rinvio la pronuncia impugnata, la decisione ribadisce che nei processi con pluralità di parti, quando si configuri l'ipotesi di litisconsorzio necessario, ovvero di litisconsorzio processuale, è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell'unitarietà del termine per proporre impugnazione.

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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Mezzi di prova – Consulenza tecnica di tipo percipiente – Risultanze – Efficacia probatoria – Possibilità per il giudice di discostarsene – Limiti. ( Cpc, articoli 61, 115, 116, 194 e 195)
Allorquando non abbia le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere la fattispecie concreta in esame nella sua meccanicistica determinazione ed evoluzione, pur essendo peritus peritorum, il giudice deve fare invero ricorso ad una consulenza tecnica di tipo percipiente, quale fonte oggettiva di prova, sulla base delle cui risultanze è tenuto a dare atto dei risultati conseguiti e di quelli viceversa non conseguiti o non conseguibili, in ogni caso argomentando su basi tecnico-scientifiche e logiche. A tal fine, il giudice può anche disattendere le risultanze della disposta consulenza tecnica d'ufficio percipiente, ma solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati ed agli elementi probatori utilizzati per addivenire all'assunta decisione, specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio (Nel caso di specie, relativo ad una controversia in tema di responsabilità sanitaria, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso del paziente danneggiato, ha cassato con rinvio la pronuncia gravata, essendo la corte territoriale pervenuta a conclusioni opposte rispetto a quelle raggiunte dal giudice di prime cure, apoditticamente e genericamente valorizzando atti di parte ed emergenze probatorie differenti rispetto a quelli favorevolmente considerati in primo grado, senza invero indicare argomento alcuno idoneo a rendere comprensibile l'iter logico-giuridico seguito, omettendo, in particolare, di spiegare quali ragioni l'avessero indotta a privilegiare questi ultimi in luogo dei primi). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 26 agosto 2013, n. 19572; Cassazione, sezione civile III, sentenza 26 febbraio 2013, n. 4792; Cassazione, sezione civile I, sentenza 3 marzo 2011, n. 5148; Cassazione, sezione civile III, sentenza 13 marzo 2009, n. 6155; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 gennaio 2006, n. 1020).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 11 gennaio 2021, n. 200 – Presidente Frasca – Relatore Scarano

Atti processuali – Verbale di udienza – Redazione – Forma – Riserva da parte del giudice in ordine ad una determinata questione – Questione oggetto contradditorio o di discussione tra le parti – Presunzione – Sussistenza – Limiti – Fattispecie in tema di ammissibilità dell'appello. (Cost, articolo 111; Cpc, articoli 101, 126, 348-bis e 348-ter)
Laddove il giudice dia espressamente atto, nel verbale di udienza, di riservarsi di provvedere in ordine ad una determinata questione – processuale o di altra natura – deve di regola ritenersi che egli intenda riferirsi ad una questione resa oggetto di discussione nel corso dell'udienza, o comunque sottoposta al contradditorio delle parti presenti, quanto meno laddove non risulti espressamente il contrario in base a quanto emerge dal verbale stesso; in particolare, non è indispensabile che il giudice dia espressamente conto di aver invitato, con formula sacramentale, le parti a discutere sulla questione stessa per poterla qualificare come ritualmente resa oggetto di contraddittorio (Nel caso di specie, enunciando espressamente il principio di diritto, la Suprema Corte, nel ritenere infondato il motivo di doglianza formulato dal ricorrente, ha ritenuto che la questione di ammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. civ. fosse stata resa ritualmente oggetto del contraddittorio e, di conseguenza, che la decisione sulla stessa – inammissibilità dell'appello – fosse stata legittimamente adottata sotto il profilo processuale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 settembre 2017, n. 20758; Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 2 febbraio 2016, n. 1914).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 12 gennaio 2021, n. 270 – Presidente De Stefano – Relatore Tatangelo

Atti processuali – Notificazione – Procedimento notificatorio – Consegna dell'atto in un luogo estraneo al destinatario notificando – Vizio di nullità e non di inesistenza – Conseguenze. (Cpc, articoli 156, 157, 160 e 291)
Il luogo in cui la notificazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento con il destinatario, ricadono pur sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata di inammissibilità dell'appello avverso la sentenza di prime cure di rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo, avendo la corte territoriale erroneamente ritenuto che la notifica dell'atto di impugnazione indirizzata alla banca, odierna controricorrente, ma effettuata presso il difensore della sua mandataria in primo grado, fosse inesistente e, in quanto tale, insuscettibile di sanatoria pur a seguito della costituzione di parte appellata). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 8 marzo 2019, n. 6743; Cassazione, sezione civile III, sentenza 9 marzo 2018, n. 5663; Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 20 luglio 2016, n. 14916).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 12 gennaio 2021, n. 287 – Presidente Acierno – Relatore Di Marzio

Spese processuali – Giudizio di appello – Liquidazione – Criteri – Esito complessivo del giudizio – Rilevanza. (Cpc, articoli 91 e 360)
La liquidazione delle spese processuali nel procedimento di appello va effettuata tenendo conto dell'esito complessivo del giudizio e non già separando l'esito del giudizio di impugnazione dai risultati totali del giudizio medesimo (Nel caso di specie, accogliendo il motivo di ricorso, la Suprema Corte ha censurato la statuizione resa sul punto dalla corte territoriale la quale aveva condannato la ricorrente banca a rimborsare alla controparte le spese del grado osservando che essa era "…del tutto soccombente in questo grado nei confronti dell'appellante principale… come pure dovrà definitivamente sostenere le spese per la CTU svolta in questo procedimento…"; di conseguenza, in applicazione dell'enunciato principio, il giudice di legittimità ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, non occorrendo ulteriori accertamenti, condannato i controricorrenti al rimborso in favore della ricorrente della metà delle spese sostenute nel giudizio di appello, dichiarando compensata la rimanente metà e ponendo le spese del consulente tecnico di ufficio definitivamente a carico delle parti in ragione di un terzo per ciascuna). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 23 agosto 2003, n. 12413; Cassazione, sezione civile I, sentenza 3 luglio 1993, 2003, n. 7314).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 13 gennaio 2021, n. 383 – Presidente De Chiara – Relatore Di Marzio

Poteri del giudice – Disponibilità delle prove – Principio di non contestazione – Applicabilità – Limiti. (Cc, articolo 2697; Cpc, articolo 115)
Il principio, sancito dall'art. 115, comma 1, cod. proc. civ., secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da un atto per il quale la legge impone la forma scritta "ad substantiam", dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta "ad probationem", l'osservanza dell'onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l'esistenza stessa del diritto fatto valere, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per presunzioni, né la stessa confessione della controparte. Tale principio, in particolare, si applica al decreto di espropriazione che, come qualunque provvedimento tipico e nominato, esige una statuizione della Pubblica amministrazione espressa ed esteriorizzata nell'atto, preordinata alla realizzazione degli specifici effetti per esso previsti dall'ordinamento (Nel caso di specie, la Suprema Corte, in applicazione agli enunciati principi, ha dichiarato d'ufficio l'improcedibilità della domanda relativa alla opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione oggetto di giudizio, avendo la corte d'appello nella decisione impugnata affermato, senza trarne tuttavia le doverose conseguenze, che non risultava l'emanazione proprio del decreto di esproprio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 17 ottobre 2018, n. 25999; Cassazione, sezione civile I, sentenza 8 marzo 2007, n. 5337; Cassazione, sezione civile I, sentenza 3 marzo 2006, n. 4703; Cassazione, sezione civile I, sentenza 22 novembre 2002, n. 16494; Cassazione, sezione civile I, sentenza 10 agosto 2001, n. 11054).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 13 gennaio 2021, n. 387 – Presidente Campanile – Relatore Meloni

Sentenza – Omessa pronuncia – Giudizio di cassazione – Eccezione –Denunzia della violazione della regola di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato – Denunzia del vizio motivazionale – Distinzione – Presupposti rispettivi – Individuazione. (Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 112, 360 e 366)
Deve essere denunciata la violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all'art. 112 cod. proc. civ. se il giudice, accogliendo la domanda, ometta di pronunciare in ordine al fatto mediante cui il convenuto abbia eccepito l'inefficacia del fatto costitutivo della domanda, ovvero abbia eccepito che il diritto fatto valere dall'attore si è modificato o estinto, mentre deve essere denunciato il vizio motivazionale di cui all'art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. se il giudice abbia omesso l'esame del fatto secondario mediante cui il convenuto abbia contestato l'esistenza storica del fatto costitutivo della domanda o abbia omesso l'esame del fatto risultante dagli atti di causa e che tuttavia il convenuto non abbia opposto in funzione di neutralizzazione degli effetti giuridici del fatto costitutivo (Nel caso di specie, relativo ad una azione risarcitoria, la Suprema Corte, verificata la rituale deduzione del motivo di ricorso quale violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata, avendo la corte territoriale, pur a fronte della circostanza opposta da parte ricorrente della cessazione degli effetti civili del matrimonio con una parte deceduta allo scopo di negare la sua qualità di erede ed in funzione quindi di fatto impeditivo della pretesa risarcitoria azionata nei suoi confronti, omesso di pronunciarsi sulla relativa eccezione di difetto di legittimazione passiva). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 15 gennaio 2020, n. 545; Cassazione, sezione civile II, sentenza 16 febbraio 2018, n. 3845; Cassazione, sezione civile II, sentenza 22 gennaio 2018, n. 1539; Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 settembre 2017, n. 22799; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 28 novembre 2014, n. 25299; Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 agosto 2011, n. 17698).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 13 gennaio 2021, n. 459 – Presidente Travaglino – Relatore Scoditti

Impugnazioni – Interesse ad impugnare – Acquiescenza alla sentenza impugnata – Conseguente venir meno dell'interesse alla proposta impugnazione – Condotta processuale – Condizioni e limiti – Fattispecie in materia giuslavoristica. (Cpc, articoli 1o0 e 329)
L'acquiescenza alla sentenza impugnata, con conseguente sopravvenuta carenza d'interesse della parte all'impugnazione proposta, consiste nell'accettazione della decisione, e quindi nella manifestazione di volontà del soccombente di rinunciare a tale impugnazione, la quale può avvenire in forma espressa o tacita, potendo, tuttavia, in quest'ultimo caso ritenersi sussistente solo qualora l'interessato abbia posto in essere atti dai quali emerga, in maniera precisa ed univoca, il suo proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione (Nella fattispecie, accogliendo il ricorso di un lavoratore del settore bancario, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato con rinvio la decisione gravata con la quale la corte distrettuale aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto nei confronti del datore di lavoro per acquiescenza alla sentenza di primo grado; quest'ultima, pronunciando sull'opposizione a precetto proposta dal datore medesimo, aveva annullato la transazione intervenuta tra le parti in occasione della cessazione del rapporto di lavoro e dichiarato l'inesistenza del diritto del ricorrente a procedere ad esecuzione forzata; a giudizio della Corte, le vie giudiziarie intraprese dal ricorrente non sono tuttavia, tra loro, né logicamente, né giuridicamente incompatibili: infatti, il lavoratore, all'esito della pronuncia resa in prime cure e con riserva di impugnazione della medesima, aveva adito altro foro per la ricostituzione del rapporto di lavoro, quale supposto effetto del venir meno dell'accordo risolutivo; in tal modo, specifica il giudice di legittimità, a differenza della valutazione operata dalla corte d'appello, incline ad interpretare l'azione intrapresa presso altro giudice quale volontà di accettare totalmente la sentenza di annullamento della conciliazione con consequenziale acquiescenza preclusiva del gravame ex art. 329 cod. proc. civ., il ricorrente, senza esprimere incondizionata accettazione del "decisum", aveva manifestato solo un interesse, giuridicamente rilevante, alternativo a quello principale, coltivato attraverso l'impugnazione, di accertamento di validità dell'accordo transattivo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 giugno 2014, n. 13293; Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 22 aprile 2013, n. 9687; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 19 novembre 2010, n. 13293; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 2 marzo 2006, n. 4650).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 14 gennaio 2021, n. 472 – Presidente Doronzo – Relatore Marchese

Spese processuali – Intervento in causa – Accoglimento della domanda attorea e contestuale rigetto della domanda formulata dal convenuto nei confronti del terzo chiamato – Condanna dell'attore al pagamento delle spese nei confronti del terzo chiamato – Divieto. (Cpc, articoli 91, 92 e 106)
Le spese processuali sostenute dal chiamato in causa debbono essere rifuse (salva l'ipotesi di compensazione integrale) dalla parte soccombente, e quindi da quella che ha azionato una pretesa rivelatasi infondata, ovvero da quella che ha resistito ad una pretesa rivelatasi fondata. Ne consegue che l'attore, il quale abbia visto accolta la propria domanda contro almeno uno dei convenuti, non può essere condannato alla rifusione delle spese di lite sostenute dal terzo chiamato in causa, laddove venga rigettata la domanda di manleva formulata dal convenuto nei confronti del chiamato (Nel caso di specie, relativo ad una controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno da infiltrazioni di natura condominiale avanzata da una società di capitali, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato la decisione impugnata e, decidendo nel merito, posto le spese del giudizio di primo grado, liquidate dal giudice in favore della compagnia assicuratrice in veste di terza chiamata, a carico in solido del Condominio e dei condomini intervenuti; infatti, la corte d'appello, nell'accogliere il gravame della compagnia avverso la statuizione di condanna resa in prime cure, pur escludendo che la stessa fosse tenuta a manlevare il Condominio dai danni cagionati alla società, aveva erroneamente posto, a carico dei ricorrenti, quali soci successori della società cancellata dal registro delle imprese, anche le spese del giudizio di primo grado omettendo in tal modo di considerare che la relativa sentenza favorevole alla società era stata confermata quanto alla condanna del Condominio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 9 aprile 2001, n. 5262)
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 14 gennaio 2021, n. 511 – Presidente Lombardo – Relatore Criscuolo

Impugnazioni – Notificazione – Processo con pluralità di parti – Litisconsorzio necessario o processuale – Principio della unitarietà del termine per l'impugnazione – Applicabilità – Conseguenze – Notifica della sentenza ad istanza di una sola parte – Decorrenza del termine breve anche nei confronti di tutte le altre parti – Sussistenza. (Cpc, articoli 102, 326, 327, 331 e 332)
Nei processi con pluralità di parti, quando si configuri l'ipotesi di litisconsorzio necessario, ovvero di litisconsorzio processuale, è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell'unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l'inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti, sicché la decadenza dall'impugnazione per scadenza del termine esplica effetto nei confronti di tutte le parti (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso in applicazione dell'enunciato principio, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale aveva dichiarato inammissibile il gravame per tardività, omettendo di considerare che non ricorreva una ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto, trattandosi di due domande revocatorie, riferite a rapporti sostanziali diversi, non sussisteva quel rapporto di dipendenza tale da determinare il rischio di un contrasto tra giudicati). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 7 giugno 2018, n. 14722; Cassazione, sezione civile L, sentenza 20 gennaio 2016, n. 986).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 15 gennaio 2021, n. 667 – Presidente Amendola – Relatore Porreca

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