Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 19 e il 23 settembre 2022

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) argomenti di prova, contegno processuale delle parti e sindacato in sede di legittimità; (ii) impugnazioni e notifica atto d'appello a difensore diverso dal domiciliatario in primo grado; (iii) istanze istruttorie e reiterazione in sede di precisazione delle conclusioni; (iv) improcedibilità appello e costituzione dell'appellante mediante deposito tempestivo di c.d. "velina"; (v) lodo, impugnazione e violazione del divieto del patto commissorio; (vi) giudizio di appello, riforma della decisione gravata e regime delle spese di lite; (vii) giudizio di cassazione e vizio di omesso esame; (viii) azione di restituzione di somme pagate in base a condanna caducata e riqualificazione della domanda; (ix) procedimento monitorio ed interruzione della prescrizione.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

PROVA CIVILE – Cassazione n. 27365/2022
Nell'ordinanza si ribadisce che l'esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, c.p.c., non è censurabile in sede di legittimità, né per violazione di legge, né per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata.

NOTIFICAZIONI – Cassazione n. 27397/2022
La decisione afferma che la notifica dell'atto di appello ad un difensore diverso da quello presso il quale la parte si sia domiciliata nel giudizio primo grado è da considerare inesistente e non già nulla, in quanto espletata in un luogo assolutamente non riferibile alla persona del destinatario, a nulla rilevando che il difensore si sia avvalso della collaborazione di altri professionisti, in sua sostituzione e sotto la sua responsabilità, per lo svolgimento delle attività processuali.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 27403/2022
Cassando con rinvio la decisione impugnata, l'ordinanza rimarca che la riproposizione di istanza istruttoria di ammissione di prove testimoniali in sede di precisazione delle conclusioni equivale ad istanza di revoca della relativa ordinanza istruttoria di rigetto.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 27574/2022
Applicando un principio già enunciato dalle Sezioni Unite, l'ordinanza riafferma che la tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (cd. "velina") in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art. 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale.

ARBITRATO – Cassazione n. 27615/2022
Enunciando espressamente il principio di diritto, l'ordinanza afferma che in tema di impugnazione del lodo per contrarietà all'ordine pubblico, deve escludersi che la decisione arbitrale possa essere impugnata per violazione del divieto del patto commissorio, poiché il disposto dell'art. 2744 c.c., pur trattandosi di una norma imperativa, non esprime in sé un valore insopprimibile dell'ordinamento, ma è posto a tutela del patrimonio del contraente, tant'è che lo stesso legislatore ha previsto all'art. 6 del D.lgs. n. 170 del 2004 ipotesi in cui tale divieto non si applica.

SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 27635/2022
Cassando con rinvio la sentenza impugnata, l'ordinanza ribadisce che il giudice d'appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d'ufficio, ad un nuovo regolamento delle spese giudiziali alla stregua dell'esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all'art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 27717/2022
La pronuncia, cassando con rinvio la sentenza impugnata, ribadisce che in tema di ricorso per cassazione, integra un vizio deducibile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l'omesso esame di un fatto storico che sia stato oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia.

DOMANDA GIUDIZIALE – Cassazione n. 27943/2022
L'ordinanza riafferma che la domanda avente ad oggetto la restituzione delle somme pagate in base ad una pronuncia di condanna poi caducata ben può essere proposta in separato giudizio e l'erronea qualificazione giuridica non osta al suo accoglimento, spettando al giudice del merito il potere–dovere di autonomamente qualificare la domanda, nei limiti dei fatti dedotti in domanda, non potendosi nemmeno predicare un giudicato ostativo sulla qualificazione operata dal primo giudice ove non consti che detta qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito.

PROCEDIMENTO MONITORIO – Cassazione n. 27944/2022
La decisione rimarca che il solo deposito del ricorso monitorio nella cancelleria del giudice adito, prima ed indipendentemente dalla sua notifica unitamente al decreto ingiuntivo, non può considerarsi atto idoneo a produrre l'effetto interruttivo della prescrizione del diritto azionato in giudizio.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Prova civile – Art. 116, comma 2, c.p.c. – Contegno processuale delle parti – Facoltà del giudice di desumere argomenti di prova – Mancato esercizio – Sindacabilità in sede di legittimità – Fondamento. (Cpc, articoli 116 e 360)
L'esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, cod. proc. civ., non è censurabile in sede di legittimità, né per violazione di legge, né per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso volto a censurare la sentenza gravata laddove il giudice di prime cure aveva ritenuto giustificata la mancata esibizione, da parte di una curatela fallimentare, delle scritture contabili che, secondo l'originaria prospettazione attorea, avrebbero dovuto evidenziare l'esistenza del debito fatto valere in giudizio dalla ricorrente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 22 novembre 2012, n. 20673).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 19 settembre 2022 n. 27365 – Presidente Ferro; Relatore Di Marzio

Procedimento civile – Notificazioni – Impugnazioni – Giudizio di appello – Notifica dell'atto d'impugnazione a difensore diverso da quello presso il quale si è eletto domicilio in primo grado – Nullità – Esclusione – Inesistenza – Configurabilità – Conseguenze. (Cpc, articoli 101, 156, 160 e 330)
La notifica dell'atto di appello eseguita ad un difensore diverso da quello presso il quale la parte si sia domiciliata nel giudizio primo grado è da considerare inesistente e non già nulla, in quanto espletata in un luogo assolutamente non riferibile alla persona del destinatario, restando irrilevante che il difensore si sia avvalso della collaborazione di altri professionisti, in sua sostituzione e sotto la sua responsabilità, per lo svolgimento delle attività processuali (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso con cui si era denunziata la nullità del procedimento e della sentenza per violazione dell'art. 101 cod. proc civ., la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata con conseguente passaggio in giudicato della pronuncia di primo grado: infatti, nella circostanza, l'appello proposto dalle odierne controricorrenti era da ritenere inammissibile, non essendosi mai instaurato il contraddittorio, ed il processo pertanto non avrebbe potuto proseguire). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 27 luglio 2012, n. 13477; Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 novembre 2011, n. 24506; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 febbraio 2008, n. 3395).
Cassazione, sezione II civile, sentenza 20 settembre 2022 n. 27397 – Presidente Lombardo – Relatore Grasso

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Reiterazione delle istanze istruttorie rigettate in sede di precisazione delle conclusioni – Necessità – Omissione – Conseguenze – Superamento delle presunzioni di rinuncia alle richieste istruttorie – Ammissibilità – Motivazione – Contenuto. (Cpc, articoli 115, 177, 178, 187, 189, 190 e 346)
Le istanze istruttorie rigettate dal giudice del merito devono essere riproposte con la precisazione delle conclusioni in modo specifico e non soltanto con il generico richiamo agli atti difensivi precedenti, dovendosi, in difetto, ritenere abbandonate e non riproponibili con l'impugnazione; tale presunzione può, tuttavia, ritenersi superata qualora emerga una volontà inequivoca di insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; della valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio inizialmente dichiarato nullo in sede di appello con rimessione al giudice di prime cure, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte territoriale, ai fini del rigetto dell'impugnazione, ritenuto improponibili le richieste degli appellanti in ordine all'ammissione delle prove testimoniali pur tempestivamente e ritualmente formulate, nonché ribadite in sede di precisazione delle conclusioni, non essendo stata l'originaria ordinanza di rigetto delle relative istanze istruttorie a suo tempo adottata oggetto di richiesta di revoca). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 aprile 2022, n. 10767; Cassazione, sezione civile III, sentenza 4 marzo 2022, n. 7193; Cassazione, sezione civile II, sentenza 10 novembre 2021, n. 33103; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 19 febbraio 2021, n. 4487)
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 20 settembre 2022 n. 27403 – Presidente Di Virgilio – Relatore Amato

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Improcedibilità dell'appello – Deposito tempestivo di "velina" – Improcedibilità ex art. 348, comma 1, c.p.c. – Esclusione – Nullità per inosservanza delle forme – Sussistenza – Sanabilità – Limite temporale – Modalità – Mancanza – Conseguenze. (Cpc, articoli 153, 156, 165, 184-bis, 347, 348 e 350)
La tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (cd. "velina") in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 348, comma 1, cod. proc. civ., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 cod. proc. civ., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art. 350, comma 2, cod. proc. civ. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale (e sempreché dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 cod. proc. civ.), salva la possibilità per l'appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 cod. proc. civ. (o 184-bis cod. proc. civ. "ratione temporis" applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l'appello (Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo il giudice d'appello, violando le norme che disciplinano la costituzione dell'appellante, erroneamente dichiarato improcedibile il gravame nonostante l'originale dell'atto di impugnazione fosse stato depositato dalla odierna ricorrente entro l'udienza di trattazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 5 agosto 2016, n. 16598)
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 21 settembre 2022 n. 27574 – Presidente Amendola – Relatore Scrima

Procedimento civile – Arbitrato – Lodo – Impugnazione – Per violazione del divieto del patto commissorio – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento. (Cc, articolo 2744; Cpc, articolo 829; Dlgs 170/2004, articolo 6)
In tema di impugnazione del lodo per contrarietà all'ordine pubblico, deve escludersi che la decisione arbitrale possa essere impugnata per violazione del divieto del patto commissorio, poiché il disposto dell'art. 2744 cod. civ., pur trattandosi di una norma imperativa, non esprime in sé un valore insopprimibile dell'ordinamento, ma è posto a tutela del patrimonio del contraente, tant'è che lo stesso legislatore ha previsto all'art. 6 del D.lgs. n. 170 del 2004 ipotesi in cui tale divieto non si applica (Nel caso di specie, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza con la quale la corte del merito aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione, escludendo che il mancato riconoscimento dell'esistenza di un patto commissorio, vietato dall'art. 2744 cod. civ., potesse rendere la decisione arbitrale contraria all'ordine pubblico). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 17 settembre 2021, n. 25187; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 9 ottobre 2020, n. 21850).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 21 settembre 2022 n. 27615 – Presidente Valitutti – Relatore Reggiani

Procedimento civile – Spese processuali – Rigetto del gravame di merito – Riforma della sentenza di primo grado sulle spese – Mancanza di specifico motivo di gravame – Divieto – Sussistenza – Riforma totale o parziale della sentenza impugnata – Dovere del giudice di appello di disciplinare nuovamente le spese – Sussistenza – Fondamento – Riferimento all'esito finale della lite – Necessità. (Cc, articolo 2909; Cpc, articoli 91, 92 e 336)
In materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d'appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d'ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell'esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all'art. 336 cod. proc. civ., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese (Nel caso di specie, in cui il ricorrente, che aveva agito per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un sinistro stradale, si era visto respingere la domanda in primo grado con compensazione delle spese di lite, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto il giudice d'appello, avendo accolto la domanda dell'attore, in riforma della decisione di primo grado, avrebbe dovuto procedere, anche di ufficio, ad un nuovo regolamento delle spese del doppio grado del giudizio, alla stregua dell'esito complessivo della lite e già non limitarsi alla liquidazione di quelle del solo giudizio di secondo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 13 luglio 2020, n. 14916; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 24 gennaio 2017, n. 1775; Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 ottobre 2019, n. 27606; Cassazione, sezione civile II, sentenza 30 dicembre 2013, n. 28718; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 14 ottobre 2013, n. 23226; Cassazione, sezione civile L, sentenza 12 luglio 2010, n. 16308; Cassazione, sezione civile II, sentenza 3 maggio 2010, n. 10622).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 21 settembre 2022 n. 27635 – Presidente Valle – Relatore Tatangelo

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Motivi di ricorso – Vizio di omesso esame ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – Rilevanza – Condizioni – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia di diritti reali. (Cc, articoli 949, 1061 e 1079; Cpc, articolo 360)
In tema di ricorso per cassazione, integra un vizio deducibile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. l'omesso esame di un fatto storico che sia stato oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia. Per la configurabilità di tale vizio è poi necessaria la sussistenza di un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da ritenere che detta circostanza, ove considerata, avrebbe portato a una soluzione giuridica differente (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale, nel dichiarare, in riforma della decisione di prime cure, inesistente la servitù di passaggio rivendicata dai ricorrenti sul fondo della vicina intimata, non aveva preso in considerazione il fatto, emergente dagli atti in giudizio, della concreta esistenza di un cancello sul fondo dei ricorrenti: pertanto, precisa il giudice di legittimità, avendo il giudice d'appello omesso di verificare se tale cancello presentasse – per struttura, collocazione e funzione – i caratteri richiesti dalla giurisprudenza affinché si potesse parlare di opera visibile specificatamente destinata all'esercizio della servitù, è incorsa nel vizio denunziato ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 24 giugno 2020, n. 12387; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 27 agosto 2018, n. 21223; Cassazione, sezione civile L, sentenza 25 giugno 2018, n. 16703).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 22 settembre 2022 n. 27717 – Presidente Bellini – Relatore Cosentino

Procedimento civile – Domanda giudiziale – Azione di restituzione di somme pagate in base ad una pronuncia di condanna poi caducata – Proposizione in separato giudizio – Configurabilità – Potere-dovere del giudice di autonomamente qualificare la domanda nei limiti dei fatti dedotti nella stessa – Necessità. (Cc, articoli 2033, 2041 e 2909; Cpc, articolo 112)
La domanda avente ad oggetto la restituzione delle somme pagate in base ad una pronuncia di condanna poi caducata ben può essere proposta in separato giudizio e l'erronea qualificazione giuridica non osta al suo accoglimento, spettando al giudice del merito il potere-dovere di autonomamente qualificare la domanda, nei limiti dei fatti dedotti in domanda, non potendosi nemmeno predicare un giudicato ostativo sulla qualificazione operata dal primo giudice ove non consti che detta qualificazione abbia condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto il giudice di appello, nel confermare il rigetto della richiesta di condanna alla restituzione dell'importo reclamato giustificata sul presupposto che lo stesso poteva e doveva essere richiesto a titolo di ripetizione d'indebito ex art. 2033 cod. civ. e non già ex art. 2041 cod. civ., aveva omesso di considerare che avrebbe comunque potuto e dovuto accogliere la domanda sulla base di una diversa qualificazione della stessa). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 1° giugno 2018, n. 14077; Cassazione, sezione civile II, sentenza 1° agosto 2013, n. 18427).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 23 settembre 2022 n. 27943 – Presidente Scrima – Relatore Iannello

Procedimento civile – Procedimento monitorio – Deposito del ricorso – Interruzione prescrizione – Idoneità – Esclusione – Fondamento. (Cc, articolo 2943; Cpc, articoli 633, 638 e 643)
L'art. 2943 cod. civ., nel sancire espressamente che la prescrizione è interrotta dalla "notificazione" dell'atto introduttivo del giudizio, stabilisce una innegabile connessione tra effetto interruttivo e natura recettizia dell'atto, con la conseguenza che la mancata introduzione, nella sfera giuridica del destinatario, dell'atto non consentirà in alcun modo a quest'ultimo di risultare funzionale alla produzione dell'effetto invocato. Ne consegue che il solo deposito del ricorso monitorio nella cancelleria del giudice adito, prima ed indipendentemente dalla sua notifica unitamente al decreto ingiuntivo, non può considerarsi atto idoneo a produrre l'effetto interruttivo del termine prescrizionale (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale il giudice d'appello, nel confermare la decisione di primo grado che, in accoglimento dell'opposizione proposta dall'odierno intimato, aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di importo preteso a titolo di provvigione per attività di mediazione, ritenendo prescritto il relativo credito, aveva respinto la tesi sostenuta a fondamento del gravame, secondo cui avrebbe dovuto considerarsi atto interruttivo idoneo ai fini della prescrizione il deposito del ricorso). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 7 luglio 2006, n. 15489; Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 luglio 2004, n. 13081)
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 23 settembre 2022 n. 27944 – Presidente Scrima – Relatore Iannello

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