Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 18 ed il 22 di ottobre 2021

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) notificazione inesistente e notificazione nulla; (ii) sentenze del giudice di pace secondo equità, principi regolatori della materia e giudizio d’appello; (iii) giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, contumacia dell’opposto e notifica della relativa pronuncia; (iv) e secuzione per consegna o rilascio, terzo titolare di un diritto incompatibile con quello del procedente e individuazione del rimedio processuale esperibile; (v) processo esecutivo, sospensione per opposizione all’esecuzione e termine per la riassunzione; (vi) giudizio di cassazione, vizio di omessa pronuncia e vizio motivazionale; (vii) spese processuali e limiti all'applicabilità del regime di compensazione; (viii) controversie tra privati e P.A., parco eolico, violazione distanze legali  e giurisdizione applicabile; (ix) sentenza non definitiva, limiti al riesame da parte del giudice e regime dello “ius superveniens” (x) giudizio di legittimità, omessa pronuncia su un motivo di gravame e decisione nel merito della Corte.

PROCEDURA CIVILE - I PRINCIPI IN SINTESI

NOTIFICAZIONI - Cassazione n. 28573/2021
Cassando con rinvio la decisione impugnata, la pronuncia, nel solco tracciato dalle sezioni Unite, (Sentenza n. 14916/2016) ribadisce i criteri distintivi atti a ricondurre la notificazione nelle due tradizionali categorie dell’inesistenza e della nullità.

 

IMPUGNAZIONI - Cassazione n. 28935/2021
In tema di impugnazione delle sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità, l’ordinanza riafferma che l’appello per violazione dei principi regolatori della materia è inammissibile, ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ., qualora non indichi il principio violato e come la regola equitativa individuata dal giudice di pace si ponga con esso in contrasto.

 

PROCEDIMENTO MONITORIO - Cassazione n. 28939/2021
Affrontando una questione che vede divisa la giurisprudenza di legittimità in ragione di due indirizzi contrapposti, la decisione, negando la perdurante efficacia (cosiddetta “ultrattività”) dell’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo in ossequio a ragioni di ordine logico, giuridico e sistematico, conclude che qualora il creditore opposto resti contumace nel giudizio di opposizione, la sentenza conclusiva di tale giudizio è ritualmente notificata a lui personalmente, anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, a norma dell’ultimo comma dell’articolo 292 del codice di procedura civile non rilevando più l’originaria elezione di domicilio fatta per la fase monitoria.

 

ESECUZIONE FORZATA - Cassazione n. 29024/2021
Nella pronuncia si ribadisce il principio secondo cui, nell’esecuzione per consegna o rilascio, avviata in forza di sentenza resa “inter alios”, ove il terzo lamenti una lesione della sua situazione soggettiva che gli deriva non già da un errore sorto nel procedimento esecutivo, bensì direttamente dalla sentenza che ha accertato un diritto incompatibile con quello da lui vantato, egli non può proporre l’opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’articolo 619 del Cpc, dovendo invece impugnare il provvedimento stesso con l’opposizione di terzo ordinaria, ai sensi dell’articolo 404, comma 1, del Cpc.

 

ESECUZIONE FORZATA - Cassazione n. 29188/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, l’ordinanza afferma che il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito della proposizione di una opposizione all’esecuzione decorre sempre, ai sensi dell’articolo 627 del Cpc, al più tardi dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione (non avendo rilievo in proposito la relativa comunicazione alle parti costituite da parte della Cancelleria), anche nel caso in cui tale giudicato si determini in virtù di una decisione nel merito da parte della Corte di Cassazione ai sensi dell’articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile.

 

IMPUGNAZIONI - Cassazione n. 29189/2021
La sentenza ribadisce che, in sede di legittimità, integra violazione dell’articolo 112 del Cpc l’omessa pronuncia sul fatto avente effetto impeditivo, modificativo o estintivo, allegato dal convenuto in funzione di eccezione ai sensi dell’articolo 2697, comma 2, del Cc, mentre è suscettibile di determinare vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, del Cpc la pretermissione da parte del giudice del fatto secondario, allegato in funzione di contestazione dell’esistenza storica del fatto principale dedotto dall’attore.

 

SPESE PROCESSUALI - Cassazione n. 29269/2021
Cassando con rinvio la sentenza gravata, la pronuncia, resa in tema di spese di lite, ribadisce che la reciproca soccombenza va ravvisata nell’ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti e nell’eventualità di accoglimento parziale dell’unica domanda, articolata in più capi, dei quali solo alcuni accolti, o costituita da un unico capo, ove la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento, con la precisazione che, in tale ultima circostanza, è necessario che la richiesta, rivelatasi inadeguata rispetto a quella accolta, abbia costretto la controparte a una spesa per oneri processuali maggiore di quella che avrebbe sostenuto se la domanda fosse stata contenuta nel giusto.

GIURISDIZIONE - Cassazione n. 29298/2021
La decisione, dando continuità al principio già enunciato dal giudice di legittimità, riafferma che la controversia nella quale il privato, previo accertamento della rumorosità, molestia ed intollerabilità delle immissioni prodotte dagli aerogeneratori di un parco eolico, nonché degli effetti pregiudizievoli da esse recati alla salute propria e dei suoi familiari ed al valore economico della sua proprietà, ne abbia domandato la cessazione o, almeno, la riduzione entro i limiti della tollerabilità, unitamente al risarcimento del danno, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, avuto riguardo al “petitum” sostanziale della domanda, la quale non concerne l’annullamento del provvedimento amministrativo di autorizzazione all’istallazione e gestione dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica (né presuppone l’accertamento della sua illegittimità), ma ha ad oggetto la tutela dei diritti soggettivi alla salute e di proprietà, sul fondamento della violazione dei limiti di tollerabilità previsti dall’articolo 844 del codice civile.

POTERI DEL GIUDICE - Cassazione n. 29321/2021
La pronuncia riafferma l’intangibilità, da parte del giudice chiamato a pronunciarsi con la sentenza definitiva, delle statuizioni contenute nella sentenza non definitiva, atteso che sulle relative questioni con la prima decisione lo stesso giudice si è spogliato della “potestas iudicandi”.

 

IMPUGNAZIONI - Cassazione n. 29377/2021
La decisione, in ossequio ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo,  riafferma che una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame in sede di legittimità, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.

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PROCEDURA CIVILE - IL MASSIMARIO

 

Procedimento civile - Notificazioni - Notificazione inesistente e nulla - Caratteri e distinzioni. (Legge, n. 336/1993, articolo 1; Cpc, articoli 121, 131, 142, 156, 157 e 160)

La nozione di inesistenza della notificazione di un atto giudiziario è configurabile nei casi di totale mancanza materiale dell’atto, nonché nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato e dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi “ex lege” eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta tra la ricorrente Repubblica Federativa del Brasile e la Curatela di una società per azioni, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, con la quale la corte territoriale aveva dichiarato inammissibile il motivo di appello con cui la ricorrente medesima aveva censurato la mancata declaratoria di inesistenza della notificazione di un decreto ingiuntivo lamentando l’inosservanza delle formalità previste dal Trattato sull’assistenza giudiziaria, il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze in materia civile tra la Repubblica italiana e la Repubblica federativa del Brasile; la notificazione dell’atto giudiziario, infatti, doveva ritenersi, nella circostanza, meramente tentata dalla società poi fallita ma non già compiuta, ovvero, in definitiva, omessa e pertanto giuridicamente inesistente, esorbitando completamente dallo schema legale degli atti di notificazione, come conformato dalla predetta convenzione internazionale, difettando l’elemento essenziale della consegna dell’atto al destinatario) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 novembre 2019, n. 29729; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 20 luglio 2016, n. 14916; Cassazione, sezione civile V, sentenza 15 settembre 2009, n. 19839).

Cassazione, sezione I civile, sentenza 18 ottobre 2021, n. 28573 - Presidente Campanile - Relatore Lamorgese

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Procedimento civile - Impugnazioni - Sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità - Giudizio di appello - Principi regolatori della materia che si assumono violati - Espressa specificazione nell’atto di impugnazione a pena di inammissibilità. (Cpc, articoli 113, 339 e 342)

  In tema di giudizio di equità, i principi informatori della materia non rappresentano una regola di giudizio, ma una limitazione del potere discrezionale nel determinare la regola equitativa del caso concreto, giacché il risultato della scelta operata dal giudice, pur potendo non coincidere con quello raggiunto dal legislatore, dovrà necessariamente rispettare i principi ai quali questi si è ispirato nel disciplinare la materia. Pertanto, il ricorso che denunci la violazione di un principio informatore della materia deve con chiarezza indicare specificamente quale sia il principio violato e come la regola equitativa individuata dal giudice di pace si ponga in contrasto con esso, trattandosi di principi che - non essendo oggettivizzati in norme - devono essere prima individuati da chi ne lamenta la violazione e soltanto successivamente verificati dal giudice di legittimità prima nella loro esistenza e quindi nella loro eventuale violazione (Nel caso di specie, il giudice di legittimità, pur accogliendo il ricorso a motivo di altra doglianza mossa alla sentenza gravata, rilevata, nella circostanza, come pacifica la mancata, espressa e specifica indicazione dei principi regolatori asseritamente violati dal primo giudice da parte del ricorrente, ha ritenuto la censura destituita di fondamento). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 9 novembre 2020, n. 25020; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 25 gennaio 2018, n. 1932; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 23 marzo 2017, n. 7500; Cassazione, sezione civile III, sentenza 21 giugno 2016, n. 12735; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 3 novembre 2014, n. 23333; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 febbraio 2014, n. 3005; Cassazione, sezione civile II, sentenza 9 aprile 2010, n. 8466; Cassazione, sezione civile II, sentenza 10 gennaio 2007, n. 284).

Cassazione, sezione III civile, ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28935 - Presidente Sestini - Relatore Dell’Utri

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Procedimento civile - Procedimento monitorio - Elezione di domicilio contenuta nel ricorso - Efficacia - Limitazione alla sola fase monitoria - Conseguenze - Giudizio di opposizione - Contumacia del creditore opposto - Sentenza conclusiva del giudizio di opposizione - Notifica personalmente alla parte contumace - Idoneità ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione - Sussistenza. (Cpc, articoli 125, 170, 285, 292, 325, 638 e 645)

L’elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo produce i suoi effetti solo per la fase monitoria (e quindi, in definitiva, principalmente ai fini della notifica dell’atto di citazione in opposizione), giusta la previsione dell’art. 645, primo comma, cod. proc. civ., secondo cui l’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente “nei luoghi di cui all’art. 638 cod. proc. civ.”, e quindi nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nel ricorso per decreto ingiuntivo. Pertanto, qualora il creditore opposto resti contumace nel giudizio di opposizione, la sentenza conclusiva di tale giudizio è ritualmente notificata a lui personalmente, anche ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione, a norma dell’ultimo comma dell’art. 292 cod. proc. civ. non rilevando più l’originaria elezione di domicilio fatta per la fase monitoria (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte d’appello, nel dichiarare inammissibile il gravame per tardività, aveva rilevato: in punto di fatto, che la sentenza di primo grado era stata notificata a mezzo P.E.C. alla società soccombente, all’indirizzo di posta elettronica risultante dai pubblici registri; e, in punto di diritto, che la notifica della sentenza, effettuata personalmente alla parte rimasta contumace, fosse idonea a far decorrere il termine breve ex art. 325 cod. proc. civ., a nulla rilevando né che la contumacia potesse essere stata erroneamente dichiarata, né che la parte soccombente avesse eletto domicilio presso il proprio avvocato nel ricorso per decreto ingiuntivo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 7 aprile 1987, n. 3355; Cassazione, sezione civile L, sentenza 5 settembre 1985, n. 4625).

  Cassazione, sezione III civile, ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28939 - Presidente Vivaldi - Relatore Rossetti

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Procedimento civile - Esecuzione forzata - Esecuzione per consegna o rilascio azionata in forza di sentenza resa “inter alios” - Terzo titolare di un diritto incompatibile con quello del procedente - Mezzo di tutela azionabile - Individuazione - Fondamento. (Cpc, articoli 382, 404, 605, 615 e 619)

L’opposizione all’esecuzione, diretta o di terzo, è un rimedio contro gli errori concernenti l’esecuzione, e non contro quelli in tesi inerenti al - ovvero opponibili come tali al - titolo giudiziale (come deducendo che questo è già stato adempiuto o che i suoi contenuti sono stati modificati da vicende successive, ovvero l’estensione dell’esecuzione oltre la statuizione): l’opponente, pertanto, non potrà servirsene per contestare il contenuto del titolo stesso, posto che, altrimenti, l’opposizione in parola finirebbe col assumere, più o meno latamente, connotati di un rimedio impugnatorio, mentre le opposizioni esecutive non possono utilizzarsi per far valere pretese criticità riferibili alla pronuncia azionata; da ciò consegue che nell’esecuzione per consegna o rilascio, avviata in forza di sentenza resa “inter alios”, ove il terzo lamenti una lesione della sua situazione soggettiva che gli deriva non già da un errore sorto nel procedimento esecutivo, come sopra inteso, bensì direttamente dalla sentenza che ha accertato un diritto incompatibile con quello da lui vantato, egli non può proporre l’opposizione all’esecuzione - che nel caso è quella ai sensi dell’articolo 619 del codice di procedura civile - ma deve invece impugnare il provvedimento stesso, nel correlativo contraddittorio e davanti al diverso giudice competente, con l’opposizione di terzo ordinaria, ai sensi dell’articolo 404, primo comma, del codice di procedura civile. (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rilevata d’ufficio l’improponibilità dell’originaria domanda proposta dal ricorrente, ha cassato senza rinvio della decisione gravata, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, secondo periodo, cod. proc. civ.; nella circostanza, infatti, il ricorrente, seppure precettato quale erede del soggetto passivo del titolo, aveva dedotto un diritto incompatibile - la proprietà in ipotesi usucapita - acquisito, in tesi, quale “terzo”, ossia in proprio e quale erede di diverso soggetto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 novembre 2018, n. 29850; Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 marzo 2017, n. 7041).

  Cassazione, sezione III civile, ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29024 - Presidente Vivaldi - Relatore Porreca

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Procedimento civile - Processo esecutivo - Sospensione per proposizione di una opposizione all’esecuzione - Termine per la riassunzione - Decorrenza - “Dies a quo” - Passaggio in giudicato della pronuncia di rigetto dell’opposizione in qualunque grado - Rilevanza esclusiva - Sussistenza - Fattispecie relativa a giudicato formatosi in conseguenza di decisione nel merito della Corte di Cassazione. (Cpc, articoli 384, 624, 627 e 630)

  Il termine per la riassunzione del processo esecutivo sospeso a seguito della proposizione di una opposizione all’esecuzione decorre sempre, ai sensi dell’articolo 627 del codice di procedura civile, al più tardi dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’opposizione (non avendo rilievo in proposito la relativa comunicazione alle parti costituite da parte della Cancelleria), anche nel caso in cui tale giudicato si determini in virtù di una decisione nel merito da parte della Corte di Cassazione ai sensi dell’articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile. (Nel caso di specie, concernente un’ipotesi di riassunzione di un processo esecutivo per espropriazione immobiliare sospeso in base all’articolo 624 del codice di procedura civile, a seguito del rigetto della relativa opposizione all’esecuzione, avvenuto con sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di Cassazione ai sensi dell’articolo 384, comma 2, del codice di procedura civile, il giudice di legittimità, accogliendo il ricorso in applicazione dell’enunciato principio, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata avendo la corte d’appello erroneamente ritenuto che il termine “de quo” prendesse corso solo dalla data della comunicazione da parte della Cancelleria, della predetta sentenza della Corte di Cassazione).

  Cassazione, sezione III civile, ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29188 - Presidente Vivaldi - Relatore Tatangelo

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Procedimento civile - Impugnazioni - Giudizio di cassazione - Vizio di omessa pronuncia ex articolo 112 Cpc - Vizio di motivazione ex articolo 360, comma 1, del Cpc - Configurabilità - Presupposti rispettivi. (Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 112 e 360)

Ricorre la violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’articolo 112 del codice di procedura civile là dove il giudice, accogliendo la domanda, abbia omesso di pronunciarsi sul fatto mediante il quale il convenuto abbia eccepito l’inefficacia del fatto costitutivo della domanda, ovvero abbia eccepito che il diritto fatto valere dall’attore si sia modificato o estinto; al contrario, integra il vizio motivazionale di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. l’omesso esame, da parte del giudice di merito, del fatto secondario mediante il quale il convenuto abbia contestato l’esistenza storica del fatto costitutivo della domanda o abbia omesso l’esame del fatto risultante dagli atti di causa e che tuttavia il convenuto non abbia opposto in funzione di neutralizzazione degli effetti giuridici del fatto costitutivo (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia locatizia, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso della società conduttrice, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata: nella circostanza, infatti, osserva il giudice di legittimità, avendo quest’ultima dedotto, sul piano sostanziale, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. sul presupposto dell’omessa pronuncia in relazione al fatto (la dedotta nullità del contratto di locazione) mediante il quale la medesima ricorrente aveva eccepito l’inefficacia del fatto costitutivo delle pretese di pagamento avanzate dalla controparte in forza del titolo contrattuale contestato, la censura coglie nel segno, avendo il giudice a quo effettivamente omesso di procedere all’esame dell’eventuale sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto concernenti l’asserita nullità contrattuale dedotta dalla società ricorrente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 13 gennaio 2021, n. 459).

  Cassazione, sezione III civile, sentenza 20 ottobre 2021, n. 29189 - Presidente Graziosi - Relatore Dell’Utri

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Procedimento civile - Spese processuali - Soccombenza reciproca - Limiti - Accoglimento di una domanda in misura minore rispetto alla richiesta - Idoneità a giustificare la compensazione delle spese - Sussistenza - Presupposti. (Cpc, articoli 91 e 92)
In tema di spese di lite, la reciproca soccombenza va ravvisata nell’ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti e nell’eventualità di accoglimento parziale dell’unica domanda, articolata in più capi, dei quali solo alcuni accolti, o costituita da un unico capo, ove la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento, con la precisazione che, in tale ultima circostanza, è necessario che la richiesta, rivelatasi inadeguata rispetto a quella accolta, abbia costretto la controparte ad una spesa per oneri processuali maggiore di quella che avrebbe sostenuto se la domanda fosse stata contenuta nel giusto (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di servitù di passaggio coattiva, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la pronuncia gravata in quanto la corte d’appello aveva disposto la compensazione delle spese, tanto del primo quanto del secondo grado di giudizio, nonostante la completa soccombenza del resistente, condannato al pagamento dell’indennità così come richiesta ed il pieno diritto dei ricorrenti di azionare la pretesa all’indennità ex articolo 1053 cod. civ. in giudizio separato ed autonomo rispetto a quello nel quale la servitù era stata costituita; e ciò sul presupposto che il giudice di prime cure aveva dovuto condannare il resistente al pagamento dell’indennità con separato giudizio a causa di una negligenza dei ricorrenti i quali avevano omesso di formulare una specifica domanda in tal senso; nella circostanza,  osserva il giudice di legittimità, non è ravvisabile alcuna ipotesi di soccombenza parziale atteso il pieno accoglimento della domanda relativa alla predetta indennità ex art. 1053 cod. civ. proposta dai ricorrenti, né la pronuncia impugnata ha ravvisato “gravi ed eccezionali ragioni”, non potendo ricomprendersi tra essi l’iniziativa di chi agisce separatamente ed autonomamente per la determinazione dell’indennità di servitù coattiva, dopo l’accertamento e costituzione della servitù di passaggio, trattandosi di facoltà pacificamente ammessa dalla stessa giurisprudenza di legittimità). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 15 gennaio 2020, n. 516; Cassazione, sezione civile III, sentenza 22 febbraio 2016, n. 3438).

Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 21 ottobre 2021, n. 29269 - Presidente Orilia - Relatore Casadonte

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Procedimento civile - Giurisdizione - Controversie tra privati e Pa - Fondi rustici - Denunziata violazione, da parte del proprietario e possessore, prodotta, da parte della società concessionaria, dallo sconfinamento ed invasione della proiezione del braccio di tre pale eoliche posizionate su fondi finitimi - Tutela dominicale e possessoria -Controversia relativa - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussistenza - Fondamento. (Cost, articolo 32; Cc, articoli 832, 844, 873 e 2043; Cpc, articoli 112 e 360)
La controversia nella quale il privato, previo accertamento della rumorosità, molestia ed intollerabilità delle immissioni prodotte dagli aerogeneratori di un parco eolico, nonché degli effetti pregiudizievoli da esse recati alla salute propria e dei suoi familiari ed al valore economico della sua proprietà, ne abbia domandato la cessazione o, almeno, la riduzione entro i limiti della tollerabilità, unitamente al risarcimento del danno, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, avuto riguardo al “petitum” sostanziale della domanda, la quale non concerne l’annullamento del provvedimento amministrativo di autorizzazione all’istallazione e gestione dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica (né presuppone l’accertamento della sua illegittimità), ma ha ad oggetto la tutela dei diritti soggettivi alla salute e di proprietà, sul fondamento della violazione dei limiti di tollerabilità previsti dall’articolo 844 del codice civile. (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta tra il proprietario e possessore di tre fondi rustici, condotti in qualità di coltivatore diretto, e la società concessionaria dell’impianto, la Suprema Corte ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario in quanto, avuto riguardo al “petitum sostanziale”, l’azione proposta dal primo non era diretta all’annullamento del provvedimento autorizzativo dell’impianto e specificamente della installazione degli aerogeneratori limitrofi alla proprietà attorea, né presupponeva l’accertamento, sia pure incidentale, della illegittimità dell’autorizzazione, ma risultava fondata sul mancato rispetto delle distanze legali, e sulla conseguente lesione del possesso, scaturente in maniera specifica dallo sconfinamento in proiezione delle pale degli impianti, anche in ragione delle dimensioni delle stesse). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 12 novembre 2020, n. 25578; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 1° aprile 2020, n. 7636).

Cassazione, sezioni Unite civili, ordinanza 21 ottobre 2021, n. 29298 - Presidente Amendola - Relatore Criscuolo

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Procedimento civile - Poteri del giudice - Sentenza non definitiva - Statuizione su alcuni capi di domanda - Riesame di questioni già decise con la sentenza non definitiva - Preclusione - Sussistenza - “Ius superveniens” - Regime applicabile. (Cost, articolo 111; Cc, articoli 2907 e 2909; Cpc, articoli 99, 112, 277, 279, 345, 352, 359 e 361)

  Il giudice che abbia pronunciato con sentenza non definitiva su alcuni capi di domanda, continuando l’esame della causa per la decisione su  altri capi di domanda, non può riesaminare le questioni già decise con la sentenza non definitiva, neppure al fine di applicare nuove norme sopravvenute in corso del procedimento, in quanto la nuova regolamentazione giuridica del rapporto va, tuttavia, applicata dal giudice di appello, che sia stato investito dell’impugnazione avverso la sentenza non definitiva (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia successoria, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la corte territoriale, nonostante la questione insorta in punto di collazione fosse già stata esaminata e decisa con la sentenza non definitiva, ritenendo di dover dare immediata applicazione allo “ius superveniens”, aveva affermato la necessità di dover disapplicare la statuizione contenuta nella sentenza non definitiva, risolvendo la controversia proprio in base alla norma sopravvenuta e, quindi, confermando quanto deciso in primo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 28 luglio 2017, n. 18834; Cassazione, sezione civile L, sentenza 23 novembre 2015, n. 23862; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 3 maggio 2012, n. 6689; Cassazione, sezione civile III, sentenza 31 agosto 2009, n. 18898; Cassazione, sezione civile I, sentenza 8 giugno 2007, n. 13513; Cassazione, sezione civile I, sentenza 11 maggio 2006, n. 10889; Cassazione, sezione civile III, sentenza 30 novembre 1963, n. 3069) .

  • Cassazione, sezione II civile, sentenza 21 ottobre 2021, n. 29321 - Presidente Di Virgilio - Relatore Criscuolo

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Procedimento civile - Procedimento civile - Impugnazioni - Giudizio di cassazione - Omessa pronuncia su un motivo di gravame - Cassazione con rinvio - Necessità - Esclusione - Condizioni - Fondamento. (Costituzionale, articolo 111; Cpc, articoli 112, 360, 383 e 384)

  Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’articolo 111, comma 2, della Costituzione, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale articolo 384 del codice di procedura civile ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Nel caso di specie, relativo ad una controversia avente ad oggetto la domanda azionata in via monitoria da una società finanziaria per ottenere il pagamento dell’importo residuo preteso in virtù di un contratto di finanziamento, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto infondato anche il motivo con cui il ricorrente aveva lamentato l’omessa pronuncia della sentenza impugnata sulla contestazione svolta nei motivi d’appello avente ad oggetto il tasso di interessi; infatti, osserva la Corte, pur ammettendo che la corte del merito, presumibilmente non cogliendo la portata della censura, non si fosse pronunciata sulla fondatezza della doglianza, in ogni caso, la censurata omissione non poteva comunque condurre alla cassazione della sentenza impugnata, rivelandosi la stessa manifestamente infondata, atteso che, in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la misura degli interessi moratori poteva essere precisata dalla parte opposta anche solo nella parte espositiva della comparsa di costituzione e non necessariamente, come censurato dal ricorrente, nelle conclusioni). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, ordinanza 19 aprile 2018, n. 9693; Cassazione, sezione civile V, sentenza 28 giugno 2017, n. 16171; Cassazione, sezione civile II, sentenza 1° febbraio 2010, n. 2313).

  Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 21 ottobre 2021, n. 29377 - Presidente Bisogni - Relatore Fidanzia

 

 

 

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