Responsabilità

Clausola "claims made" illegittima, il giudice non può sostituirla con la "loss occurence"

Lo ha chiarito la Terza Sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 5259 depositata oggi<br/>

di Francesco Machina Grifeo

Il giudice che rilevi la nullità della "claims made", nel caso specifico perché squilibrata, non può trasformarla nella diversa clausola "loss occurenc e" (quella "tradizionale"), ma deve procedere alla integrazione del contratto (S.U. n. 224372018) seguendo il meccanismo previsto dall'articolo 1419 c.c., vale a dire riportandolo in equilibrio "secondo ciò che le parti contraenti avevano effettivamente voluto".

Lo ha stabilito la Terza Sezione civile della Cassazione, con una interessante e complessa sentenza (n. 5259/2021) in tema di copertura assicurativa per responsabilità medica, accogliendo, con rinvio, il ricorso di Generali contro la condanna in appello, in solido con l'Ospedale Bambin Gesù, al risarcimento del danno subito da una paziente per l'imperizia del chirurgo. Secondo la Suprema Corte il contratto "non poteva certo essere ricondotto alla realizzazione di un differente programma, fondato su uno schema negoziale (quello proprio dell'art. 1917 c.c.) che le parti avevano voluto, invece, espressamente emendare e modificare".

Va brevemente ricordato che nella clausola "claims made" l'assicuratore è obbligato all'indennizzo solo per i danni il cui risarcimento sia chiesto durante il periodo di vigenza della polizza e per i quali l'assicurato faccia richiesta (danni che però possono essere anche antecedenti la polizza). Il focus dunque è sulla data di richiesta di risarcimento. Nella clausola "loss occurrance" invece si rientra nello schema tradizionale, articolo 1917, comma 1, per cui la garanzia è limita ai fatti avvenuti durante il periodo di vigenza della polizza, a prescindere dalla data di richiesta del risarcimento. L'attenzione qui è spostata sull'accadimento del fatto.

Tornando al caso specifico, per la Cassazione, una volta accertata la nullità della clausola perché troppo sbilanciata a favore dell'assicurazione, il Giudice territoriale avrebbe dovuto indagare tra i differenti modelli di clausola "claims made" rinvenibili nell'ordinamento ("pura", "impura" e le diverse gradazioni delle due), ed individuare "quello ritenuto maggiormente compatibile alla realizzazione di un equilibrato assetto degli interessi dei contraenti". "Cosi riadeguando – prosegue la decisione - le condizioni di polizza in funzione della causa concreta, tenendo conto anche di tutti gli altri elementi (ulteriori clausole delle CGC; criterio di calcolo dell'importo del premio; durata di efficacia del contratto; sinistrosità pregressa, ulteriori coperture assicurative, ecc.), a condizioni operative compatibili con gli interessi perseguiti al momento della stipula dai soggetti contraenti".

L'obiettivo da perseguire infatti è "salvaguardare una causa del contratto funzionale alla volontà delle partidi concordare una prestazione assicurativa che contemplasse un rischio contraddistinto dal duplice elemento della verificazione del sinistro e della richiesta risarcitoria pervenuta dal danneggiato".

Il Giudice di appello ha invece sostituito ad un contratto assicurativo "claims made" un contratto tipico assicurativo della responsabilità civile, così "prevaricando la autonomia negoziale e venendo in tal modo a costituire ex novo il regolamento contrattuale che risulta pertanto essere fondato su di un accordo inesistente, venendo quindi illegittimamente ad incidere sulla stessa fonte genetica del rapporto obbligatorio".

Il giudice del rinvio dunque dovrà provvedere a nuovo giudizio "in ordine alla ricostruzione della effettiva volontà negoziale delle parti, emendata dalla struttura della clausola "claims made" ritenuta incompatibile con la causa concreta del negozio assicurativo".

La Cassazione ha poi accolto anche il motivo relativo al difetto di legittimazione della danneggiata ad agire direttamente nei confronti dell'assicurazione. Per i giudici infatti "soltanto l'assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell'assicuratore, e non anche il terzo-danneggiato, nei confronti del quale l'assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale, né a titolo di responsabilità aquiliana". L'eccezione di merito era stata pretermessa dal Giudice di appello ma, chiarisce la Corte, non richiede la rimessione della causa al Giudice del rinvio, "potendo la causa essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di condanna al risarcimento danni proposta dalla danneggiata nei confronti della società assicurativa".

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