Clausole vessatorie, conta la parola dell’Antitrust
Il giudizio dell’Authority ha valore di presunzione legale sul piano civile
La valutazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, sulla vessatorietà o meno delle clausole dei contratti tra professionista e consumatore, ha il valore di una presunzione legale, anche se soggetta a prova contraria. Il giudice ordinario, chiamato ad occuparsi dello stesso regolamento alla base del contratto considerato non chiaro dal Garante, ha dunque il dovere di dare una motivazione rafforzata e di confutare in modo specifico le conclusioni raggiunte nell’atto amministrativo. Un obbligo non rispettato nel caso esaminato dalla Cassazione (sentenza 23655) che induce i giudici di legittimità ad accogliere, sul punto, il ricorso dei clienti di una banca che lamentavano, con l’avallo dell’Authority, la scarsa chiarezza delle clausole di un contratto di mutuo, in particolare rispetto al tasso di indicizzazione della valuta. La Corte d’Appello pur consapevole del provvedimento del Garante favorevole ai clienti, si era sentita libera di non tenerne conto limitandosi a dare una diversa valutazione. Per la Suprema corte è un errore. La Cassazione ritiene, infatti, che vadano estesi alla materia delle clausole vessatorie o abusive gli stessi principi applicati nei procedimenti relativi al risarcimento danni in caso di illeciti anti concorrenziali. Giudizi civili ordinari nei quali gli accertamenti dell’Autorità godono di un’efficacia probatoria rafforzata.
Una conclusione raggiunta dando un peso alla funzione assegnata dal nostro ordinamento agli strumenti della pubblic enforcement. Tutela che opera su un piano autonomo e distinto rispetto al private enforcement, attraverso il quale può essere fatta valere la pretesa del risarcimento del danno su iniziativa personale di chi si sente vittima di intese restrittive.
Alla valutazione sulle clausole del Garante va dunque attribuito un valore privilegiato nel giudizio civile tra privato e professionista. Anche se si tratta di una presunzione legale non espressamente prevista dalla legge.