Penale

Commercio di ovuli reato anche per l’eterologa

di Patrizia Maciocchi

Vendere gameti e reclutare “donatori” pagandoli è un reato. Anche se la “cessione” è finalizzata alla fecondazione di tipo eterologo. Il via libera della Consulta alla tecnica non ha, infatti, fatto venire meno il divieto di fare commercio di ovuli, la cui donazione deve essere gratuita.

Basandosi su una lettura costituzionalmente orientata la Cassazione (sentenza 36221 di ieri) ha accolto il ricorso del Pubblico ministero contro la decisione del Gup di assolvere, nell’udienza preliminare, le collaboratrici del ginecologo Severino Antinori dal reato di commercio di gameti. Il tribunale aveva prosciolto le “mediatrici” nella compravendita dei gameti, per insussistenza del fatto. Ad avviso del Gup, non c’è commercio quando il trasferimento della cellula riproduttiva avviene all’interno della fecondazione eterologa, proprio perché la pratica richiede necessariamente il ricorso al gamete estraneo alla coppia. Una conclusione che la Cassazione smonta. I giudici della terza sezione penale, ricordano che la sentenza (162/2014) con la quale la Consulta ha eliminato il divieto di fare ricorso alla fecondazione eterologa - nel caso di sterilità assoluta dovuta a patologie - non ha cancellato la sanzione penale, indicata dall’articolo 12 comma 6 della legge 40/2004, applicabile a chi fa commercio di gameti. Nello stesso senso, precisa la Cassazione, va letta anche la direttiva 2004/23/Ce, che prevede la gratuità e la volontarietà della donazione di tessuti e cellule umane. Nella norma europea si precisa che i donatori possono ricevere solo «un’indennità strettamente limitata a far fronte alle spese e inconvenienti risultanti dalla donazione. In tal caso gli Stati membri stabiliscono le condizioni alle quali viene concessa l’indennità». Possibilità quest’ultima, di cui lo Stato italiano non si è avvalso, a differenza, di quanto avvenuto, ad esempio, con la legge 62/2011, per i donatori di midollo osseo. Attualmente, nel caso di donazione di gameti non è prevista alcuna forma di indennizzo. Un gesto che deve essere dunque volontario e senza alcun ritorno economico. L’assenza di un fine di lucro è confermata anche dai decreti ministeriali, che si sono succeduti per regolare l’importazione e il trasferimento dei gameti, e ribadita anche da una nota del direttore del Centro nazionale trapianti del 2016.

Per la Suprema corte la rilevanza penale della compravendita di ovuli si desume quindi sia dalle norme interne sia da quelle sovranazionali. Per questo va punito chiunque, «in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza l’acquisizione di gameti in violazione dei principi di volontarietà e gratuità della donazione». E in quest’ambito rientra anche il reclutamento di donatori o donatrici - ai quali viene prospettata o data un remunerazione - diretto all’immissione sul mercato dei gameti, in vista della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Partendo da questo principio non poteva che essere accolto il ricorso del Pm contro l’assoluzione delle collaboratici del medico. L’inchiesta era partita con le denunce di alcune ragazze, che avevano venduto i propri ovuli presso la clinica milanese Matris, che “interagiva” anche con cliniche straniere. Gameti a loro volta rivenduti alla coppie che si rivolgevano alla struttura. Il prezzo medio era di circa 500 euro per ovocita.

Corte di cassazione Sentenza 36221/2019

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