Professione e Mercato

Compensi avvocato: la prescrizione decorre dall'esaurimento dell'affare per il quale si è ricevuto l'incarico

Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza 11500/2022

di Marina Crisafi

Da quando decorre la prescrizione del diritto al compenso per l'avvocato? A rispondere alla domanda è la sesta sezione civile della Cassazione con la recente ordinanza n. 11500/2022.

La vicenda
Ad adire il Palazzaccio sono due avvocati che si erano visti dichiarare prescritti dal tribunale di Roma, ex articolo 2956 c.c., i crediti professionali nei confronti di una cliente, oltre all'inammissibilità del giuramento deferito nella nota depositata dal difensore degli attori, non munito di procura speciale, né deferito dalle parti personalmente.
I due professionisti ricorrono, quindi, in Cassazione deducendo, tra le varie motivazioni, anche la violazione e falsa applicazione degli articoli 2956, 2697 e 1199 c.c., 233, 115 e 116 c.p.c. e l'omessa valutazione di una circostanza determinante, per aver il Tribunale datato il dies a quo della prescrizione del credito avendo riguardo alla transazione e non, invece, al pagamento dell'assegno incassato successivamente da un delegato della cliente.

La decisione
Per la Suprema Corte, ad essere fondato tuttavia è solo il primo motivo, relativo all'inammissibilità del giuramento. Il tribunale capitolino, infatti, a dire dei giudici di piazza Cavour, non ha valutato che, ai sensi dell'articolo 233 c.p.c., "il giuramento è ritualmente deferito, durante la fase istruttoria della causa, con atto sottoscritto dalla sola parte", come risulta avvenuto nel caso di specie.
Inammissibili invece le altre doglianze, soprattutto quella relativa alla prescrizione, "per difetto di specificità della censura rispetto alle norme asseritamente violate".

Decorrenza della prescrizione
La Corte coglie, quindi, l'occasione per affermare che "la prescrizione del diritto dell'avvocato al compenso decorre dal momento dell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico dal cliente, che per gli affari definiti coincide con la decisione della lite, la conciliazione delle parti o la revoca del mandato, ex articlo 2957, comma 2, c.c.". Per cui, non rileva a tali fini, come invece ipotizzano i professionisti ricorrenti, la data successiva alla conciliazione in cui il cliente, ed anzi un delegato dello stesso, abbia poi riscosso le somme derivanti dall'accordo conciliativo.
La sentenza è comunque cassata per l'accoglimento del primo motivo con rinvio al tribunale di Roma che procederà a nuovo esame uniformandosi all'enunciato principio.

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