Civile

Comuni sotto i 5mila abitanti, escluse le liste di candidati che non assicurano la presenza di entrambe i sessi

Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza n. 62 depositata ieri

di Giovanni Negri

Deve essere assicurata una presenza minima di candidati di entrambi i sessi anche nei comuni con meno di 5.000 abitanti. E il rimedio per rendere effettiva la previsione è quello dell'esclusione della lista. Lo afferma la Corte costituzionale con la sentenza n. 62, scritta da Daria De Pretis. La sentenza osserva che la presenza di candidati di entrambi i sessi nelle liste elettorali comunali costituisce una garanzia minima delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive. Quest'obbligo vale anche per i comuni con meno di 5.000 abitanti, ma per loro la disciplina sulla presentazione delle liste elettorali non prevede nessuna sanzione nel caso di violazione. La misura di riequilibrio della rappresentanza di genere nei comuni più piccoli, che rappresentano il 17% della popolazione italiana, è dunque ineffettiva e per questo inadeguata a corrispondere a quanto prescritto dall'articolo 51, primo comma, della Costituzione, secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
A sollevare la questione di legittimità era stato il Consiglio di Stato. Tra le obiezioni avanzate dall'Avvocatura dello Stato nel difendere la disciplina esistente aveva trovato posto anche la necessità di bilanciare l'obiettivo della promozione delle pari opportunità nella vicenda elettorale con altri interessi costituzionalmente rilevanti, come in particolare quello della rappresentatività. Interesse, che, secondo l'Avvocatura, sarebbe messo in pericolo dalla difficoltà di trovare candidati in numero sufficiente nelle realtà demografiche più piccole.
Per la Corte, però, «si può osservare, infatti, che l'obbligo di liste rappresentative dei due sessi, operante per i comuni più piccoli, è assolto con la semplice presenza di un solo candidato di sesso diverso dagli altri, e che, d'altra parte, non diverse obiettive difficoltà di reclutamento di candidati – dell'uno o dell'altro sesso indifferentemente – si presentano negli stessi comuni semplicemente per raggiungere il numero minimo prescritto di candidati della lista, ciò che nondimeno non ha dissuaso il legislatore dal prescrivere comunque l'anzidetto numero minimo».
E, se è vero che il legislatore, in materia elettorale, ha ampia discrezionalità, tuttavia in questo caso della discrezionalità, ha fatto, a giudizio della Corte, un cattivo uso, con un esito manifestamente irragionevole e fonte di un'ingiustificata disparità di trattamento fra comuni oltre che fra aspiranti candidati (o candidate) nei rispettivi comuni, ai quali non sono garantite, nei comuni più piccoli, le stesse opportunità di accesso alle cariche elettive che la Costituzione intende assicurare a tutti in funzione del riequilibrio della rappresentanza di genere negli organi elettivi.
Quanto al rimedio, ricorda la sentenza, la sanzione dell'esclusione della lista in caso di violazione delle condizioni prescritte dalla legge per la sua ammissibilità è già presente nel nostro ordinamento. Infatti si tratta del rimedio che colpisce, nei comuni con più di 15.000 abitanti, la stessa violazione alla quale si intende estenderlo, ossia il caso estremo della lista formata da candidati di un solo sesso. È ovvio, poi, che, in questo caso estremo, la riduzione della lista fino al numero minimo di candidati non potrebbe comunque assicurare il rispetto della quota. Inoltre, la medesima sanzione ricorre anche nella disciplina della presentazione delle liste nei comuni con meno di 5.000 abitanti, essendo prevista anche per essi, nel caso di liste con un numero di candidati inferiore al minimo prescritto

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