Giustizia

Con il rinvio della riforma Cartabia uffici nel caos

Lo denunciano le Camere Penali durante l'audizione in commissione Giustizia al Senato

di Giovanni Negri

Il rinvio al 30 dicembre della riforma Cartabia del processo penale «sta determinando un caos superiore a quello che si intendeva prevenire». La ragione? «Un gran numero di udienze rinviate che si aggiunge al carico dell’arretrato pendente». La denuncia arriva dalle Camere penali nel corso dell’audizione svolta dal presidente dell’Unione Giandomenico Caiazza in commissione Giustizia al Senato. Una presa d’atto di quanto sta avvenendo in molti uffici giudiziari, da Nord a Sud, dove lo slittamento dell’entrata in vigore, dal 1° novembre originario, deciso con il primo decreto legge del Governo Meloni,sta producendo alcune prevedibili conseguenze.

Oltre alla questione di legittimità costituzionale, già posta nei giorni scorsi dal tribunale di Siena, raccogliendo alcune delle perplessità già espresse nelle prime ore infatti, l’allungamento dei tempi di definizione dei giudizi era tra gli esiti nello stesso tempo più prevedibili e temuti. Molte sono infatti le misure contenute nella riforma che definiscono soluzioni più favorevoli per gli imputati, anche di natura sostanziale (basti pensare, per esempio, all’estensione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, ma Caiazza ha ricordato anche il cambiamento della regola di giudizio per l’udienza preliminare e le nuove condizioni di procedibilità). Ed era evidente che, in molti procedimenti, le difese avrebbero chiesto legittimamente un rinvio delle udienze ad almeno 60 giorni, quando, convertito il decreto legge, le norme saranno definitivamente in vigore.

Caiazza peraltro nell’intervento in commissione ha anche ricordato come la strada del decreto legge per determinare alcune correzioni alla riforma non fosse affatto obbligata. Anzi, «sarebbe stato meglio procedere sui decreti attuativi oppure con le misure correttive gia previste dalla legge delega, senza paralizzare l’entrata in vigore».

Diversa la posizione dell’Anm, intervenuta con il presidente Giuseppe Santalucia, per la quale il rinvio deve servire a mettere a punto un’adeguata disciplina transitoria su alcuni punti critici, come l’applicazione delle novità in materia di indagini preliminari sui procedimenti in corso.

Sintonia tra avvocati e magistrati va invece registrata nell’approccio critico alla norma antirave. Dove , mette in evidenza Caiazza, il ricorso a una nozione di «straordinaria vastità», come la contrarietà all’ordine pubblico per qualificare la condotta, rende evidente il fatto che «in questo modo, usando con questa approssimazione nozioni tecniche complesse, si attribuisce al giudice la facoltà pressoché illimitata ed incondizionata di definire la liceità o la illiceità dell’evento che si pretenderebbe di punire».

E per Santalucia, con il nuovo reato si introduce «un’anticipazione eccessiva della soglia della punibilità. Il riferimento al pericolo di un pericolo opera uno scollamento dal principio di materialità del reato e di tassatività della fattispecie. Peraltro, la costruzione intorno al concetto di invasione arbitraria, tipico della tutela del patrimonio, compromette il raggiungimento delle finalità di tutela sottese all’intervento d’urgenza».

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