Civile

Concordato preventivo: sui pagamenti effettuati senza autorizzazione va dimostrata l'assenza di frode

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di Mario Finocchiaro

In tema di concordato preventivo, i pagamenti eseguiti dall'imprenditore ammesso alla procedura ovvero gli atti di straordinaria amministrazione di cui all'art. 167 legge fallimentare, compiuti in difetto di autorizzazione del giudice delegato, comportano, ai sensi dell'art. 173, comma 3, legge fallimentare, la revoca della suddetta ammissione. Salvo però, spiega la Cassazione con la sentenza 16808/2019, che l'imprenditore ammesso alla procedura negoziale dimostri, nel conseguente giudizio di revoca ex art. 173 legge fallimentare, che tali atti (non assentiti giudizialmente) non siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori, essendo ispirati, al contrario, al criterio della migliore soddisfazione dei creditori, ovvero non siano diretti a frodare le ragioni di questi ultimi, così non pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato. Tale dimostrazione probatoria potrà essere fornita positivamente tramite la allegazione e la prova da parte del debitore ammesso alla procedura concorsuale di elementi fattuali per l'apprezzamento positivo dell'atto non autorizzato, accertamento quest'ultimo da compiersi a opera del giudice di merito. (Principio enunciato in motivazione, ai sensi dell'art. 384 Cpc)

I pagamenti effettuati in procedura di concordato preventivo - In termini generali, i pagamenti effettuati in esecuzione di contratti in corso dall'imprenditore ammesso alla procedura di concordato preventivo non si sottraggono alla regola dell'inefficacia - soprattutto se relativi a debiti sorti anteriormente all'inizio della procedura - a meno che siano stati autorizzati dal giudice delegato ai sensi dell'art. 167 legge fallimentare, Cassazione, sentenze 12 gennaio 2007, n. 578 e 12 giugno 2007, n. 13759 (secondo cui i pagamenti di crediti sorti anteriormente all'ammissione a concordato preventivo devono ritenersi inefficaci quando eccedano l'ordinaria amministrazione, in mancanza dell'espressa autorizzazione del giudice delegato, anche se relativi ad un contratto di appalto, la cui prosecuzione venga autorizzata dagli organi della procedura).

Sempre in termini generali, per il rilievo che la norma di cui all'art. 167 legge fallimentare, dettata per la procedura di concordato preventivo, nell'affermare il principio secondo cui gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti dal debitore concordatario senza l'autorizzazione del giudice delegato, sono affetti da inefficacia (relativa) rispetto ai creditori anteriori al concordato, non inficia la validità dell'atto, ma opera esclusivamente a favore dei creditori; ne consegue che soltanto costoro possono far valere l'inefficacia dell'atto compiuto senza la prescritta autorizzazione, Cassazione, sentenza 5 luglio 2004, n. 12286, in Dir. fall. 2005, II, p. 949.

La revoca al concordato preventivo - In un'ottica parzialmente diversa, rispetto alla pronunzia in rassegna, e, in particolare, per l'affermazione che i pagamenti eseguiti dall'imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato, non comportano, ai sensi dell'art. 173, comma 3, legge fallimentare, l'automatica revoca della suddetta ammissione, la quale consegue solo all'accertamento, da compiersi a opera del giudice di merito, che tali pagamenti, non essendo ispirati al criterio della migliore soddisfazione dei creditori, siano diretti a frodare le ragioni di questi ultimi, così pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato, Cassazione, sentenza 19 febbraio 2016, n. 3324, in Giur. it., 2016, p. 2672, con nota di Russo R., Concordato preventivo e pagamenti non autorizzati: verso uno spossessamento a intensità variabile?, nonché in Fallimento, 2017, p. 934, con nota di Graci G., La revoca del concordato preventivo: verifica in concreto della natura fraudolenta degli atti non autorizzati.

Sempre nel senso che è onere del tribunale accertare che le operazioni poste in essere non sono ispirate al criterio della migliore soddisfazione dei creditori, Cassazione, sentenza 8 febbraio 2017, n. 3317, secondo cui il pagamento delle spese sostenute per l'allestimento di atti necessari per avviare la procedura di concordato preventivo richiesti dalla legge stessa e pur ragionevolmente propri di una prassi attinente al corredo della relativa domanda, può anche non costituire in sé atto di straordinaria amministrazione; e tuttavia allorché l'esborso sia avvenuto, come nella specie, dopo il deposito della domanda e senza autorizzazione giudiziale, senza distinguere prestazioni anteriori al ricorso e posteriori al suo deposito, correttamente è dichiarata la revoca dell'ammissione, ai sensi dell'art. 173 legge fallimentare, ove sia dimostrata l'estraneità degli atti rispetto agli scopi della procedura, ovvero la superfluità o casualità, oltre che l'intento frodatorio; la revoca del concordato preventivo può pertanto pronunciarsi, ai sensi dell'art. 173, comma 3, legge fallimentare, purché in esito ad un accertamento, da compiersi ad opera del giudice di merito, tali pagamenti, non essendo ispirati al criterio della migliore soddisfazione dei creditori, siano diretti a frodare le ragioni di questi ultimi, così pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato.(Analogamente, Cassazione, sentenza 10 gennaio 2017, n. 280).

In tema di atti di straordinaria amministrazione - In tema di atti di straordinaria amministrazione, compiuti dall'imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato, menzionati nel comma 3, dell'art. 173 si è precisato, tra l'altro:
• la locazione infranovennale di un immobile senza l'autorizzazione del tribunale, nel corso della procedura di concordato preventivo, non costituisce di per sé atto di straordinaria amministrazione, tale da giustificare senz'altro la revoca dell'ammissione alla procedura ai sensi dell'art. 173 legge fallimentare, in quanto nell'attività di impresa, che presuppone necessariamente il compimento di atti dispositivi e non meramente conservativi, la distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione non si fonda sulla natura conservativa o meno dell'atto, ma sulla sua relazione con la gestione normale del tipo di impresa e con le relative dimensioni, Cassazione, ordinanza 16 maggio 2019, n. 13261;
• le azioni giudiziali promosse dall'imprenditore senza l'autorizzazione del giudice delegato, nel corso della procedura di concordato preventivo, non costituiscono di per sé atti di straordinaria amministrazione, tali da giustificare senz'altro la revoca dell'ammissione alla procedura ai sensi dell'art. 173 legge fallimentare, dovendo il tribunale valutare caso per caso la specifica finalità che l'atto posto in essere risulta perseguire rispetto all'obbiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori, Cassazione, sentenza 22 ottobre 2018, n. 26646, che ha cassato con rinvio il decreto della corte d'appello che aveva confermato il rigetto della domanda di omologa del concordato preventivo, poiché la proponente aveva avviato, senza autorizzazione e in pendenza della procedura, talune cause, promosse per ottenere la restituzione di somme indebitamente trattenute da alcuni istituti di credito;
• il pagamento non autorizzato di un debito scaduto eseguito in data successiva al deposito della domanda di concordato con riserva, non comporta, in via automatica, l'inammissibilità della proposta, dovendosi pur sempre valutare se detto pagamento costituisca, o meno, atto di straordinaria amministrazione ed, in ogni caso, se la violazione della regola della par condicio sia diretta a frodare le ragioni dei creditori, pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta negoziale formulata con la domanda di concordato, Cassazione, sentenza 11 aprile 2016, n. 7066.

In sede di merito - Per i giudici di merito:
• nel senso che la rinuncia al diritto di opzione nella sottoscrizione dell'aumento di capitale di una società partecipata, costituisce atto di straordinaria amministrazione, subordinato all'autorizzazione ex art. 161, comma 7, legge fallimentare ogni qualvolta determini una evidente, ingiustificata e consistente riduzione del patrimonio del debitore in danno del ceto creditorio, Trib. Forlì 6 agosto 2014, in Giur. comm., 2015, II, p. 1325, con nota di Secondo R. Atti di straordinaria amministrazione nel concordato preventivo "in bianco";
• per il rilievo che il compimento di atti di straordinaria amministrazione nel periodo compreso tra il deposito del ricorso e il decreto di ammissione (disciplinato, quanto ad effetti di «spossessamento attenuato», dall'art. 161, comma 7, legge fallimentare) può condurre all'inammissibilità (ed oggi alla improcedibilità) della domanda di concordato; una volta intervenuta l'ammissione, il compimento di tali atti non può integrare la fattispecie di revoca dell'ammissione prevista dall'art. 173, comma 3, legge fallimentare, la quale è espressamente riferita ad atti compiuti durante la procedura (e quindi dopo il decreto di ammissione) senza l'autorizzazione prescritta dall'art. 167 (anch'essa relativa ad atti da compiere «durante la procedura»), App. L'Aquila,17 dicembre 2013, in Dir. fall., 2014, II, p. 670, ove la precisazione, altresì, che gli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel periodo compreso tra il deposito della domanda di concordato preventivo e il decreto di apertura della procedura, potranno venire in rilievo ai fini della revoca dell'ammissione solo in quanto qualificabili come atti di frode per l'oggettivo pregiudizio degli interessi informativi e patrimoniali dei creditori e per la soggettiva intenzionalità che li caratterizza;
• per l'affermazione, in termini generali, che in pendenza del termine prenotativo il compimento di atti di straordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del tribunale competente conduce alla revoca dell'ammissione al concordato ai sensi dell'art. 173, comma 3, legge fallimentare, Trib. Chieti, 15 ottobre 2014, in Dir. fall., 2014, II, p. 670.
Con riferimento, infine, a una caso di specie, cfr. Trib. Lucca 5 luglio 1979, in Fallimento 1981, p. 326: l'accertamento contenuto nella sentenza dichiarativa di fallimento dell'imprenditore ai sensi dell'art. 173 legge fallimentare relativo all'inefficacia di un atto di straordinaria amministrazione, posto in essere senza l'autorizzazione del giudice delegato, è suscettibile di acquistare autorità di giudicato erga omnes; pertanto l'interesse del contraente del fallito a far riconoscere invece l'efficacia dell'atto nei confronti dei creditori può essere fatto valere esclusivamente col rimedio dell'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento ai sensi dell'art. 18 legge fallimentare.
Sugli atti di frode, di cui al comma 1, dell'art. 173, legge fallimentare, per il rilievo che questi, commessi prima dell'ammissione alla procedura di concordato, esigono che la condotta del debitore sia volta ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, cioè tali che, da un lato, se conosciute, avrebbero presumibilmente comportato una valutazione diversa e negativa della proposta e, dall'altro, siano state «accertate» dal commissario giudiziale, cioè da lui «scoperte», essendo prima ignorate dagli organi della procedura o dai creditori; le mere irregolarità contabili, quindi, possono essere configurabili come atti di frode, come tali ostative all'ammissione ed all'omologazione del concordato, solo se ne sia puntualmente dimostrata la valenza decettiva per il ceto creditorio, Cassazione, sentenza 4 giugno 2014, n. 12533.

Cassazione - Sezione I civile - Sentenza 21 giugno 2019 n. 16808

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