Amministrativo

Concorsi interni: chi ha il titolo di studio per ricoprire il posto può impugnare il bando

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di Giulia Laddaga

Il possesso di un titolo di studio astrattamente idoneo a ricoprire posti oggetto di bandi o procedure riservate, sottratte al principio del pubblico concorso, è sufficiente ad attribuire un interesse personale, concreto, diretto e attuale a impugnare il bando. Lo ha stabilito la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4139 dello scorso 7 settembre, ribaltando la decisione del Tar. Il Giudice dell'appello ha quindi annullato il bando per una procedura riservata per selezioni verticali, perché creava un'ingiustificata posizione di privilegio per il personale già dipendente, così impedendo al ricorrente di concorrere per l'accesso nella pubblica amministrazione.

La giurisprudenza - La giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte ribadito che il concorso pubblico costituisce la modalità ordinaria di accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con i principi costituzionali di uguaglianza e i canoni di imparzialità e di buon andamento e che pertanto i concorsi interni sono da considerare come eccezione al principio dell'ammissione in servizio per il tramite del pubblico concorso.

In tal senso anche la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al predetto principio deve essere delimitata in senso rigoroso, potendo tali deroghe considerarsi legittime soltanto allorquando siano funzionali al buon andamento dell'amministrazione e ricorrano altresì peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle.

Il principio del concorso pubblico deve avere un'applicazione ampia, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo. Ciò implica che la valutazione delle necessità eccezionali, tali da escludere il ricorso alle procedure ordinarie, può essere giustificata solo in collegamento con altre esigenze di pari rango costituzionale, come, secondo la giurisprudenza, il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione.

Proprio insistendo sull'obbligo dell'amministrazione di rispettare il principio del concorso pubblico quale mezzo ordinario di accesso al pubblico impiego, anche per quanto attiene i passaggi a qualifiche funzionali superiori e sottolineando che il concorso pubblico costituisce un meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito, è stato evidenziato che esso rappresenta un ineludibile presidio delle esigenze di trasparenza e di efficienza dell'azione amministrativa e che di conseguenza le eccezioni a tali regole possono essere disposte solo con legge e debbono rispondere a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico, risolvendosi altrimenti la deroga in un inammissibile privilegio in favore di categorie più o meno ampie di persone.

Il caso - La procedura (indetta dalla Regione Calabria) oggetto di impugnativa era stata preceduta da una delibera di giunta con la quale era stata approvata la (nuova) dotazione organica dell'ente e la conseguente copertura dei posti vacanti, tutti genericamente e indiscriminatamente riservati alle progressioni verticali interne e sottratti pertanto al principio del concorso pubblico. Nella delibera non erano tuttavia individuate le ragioni che giustificavano una simile scelta con riferimento alle eventuali peculiari professionalità acquisite all'interno dell'ente nella quotidiana attività d'ufficio che avrebbero potuto giustificare una (limitata) deroga al ricordato principio di copertura dei posti vacanti attraverso il pubblico concorso.

Secondo la pronuncia, a supporto di tale generalizzata e ingiustificata scelta di riservare tutti i posti resi vacanti con la (nuova) dotazione organica non può neppure invocarsi l'articolo 4 del Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo alla revisione del sistema di classificazione del personale di comparti delle Regioni – Autonomia Locali, atteso che, anche a prescindere da ogni considerazione sulla preminenza dei ricordati principi costituzionali, il comma 1 prevede espressamente lo svolgimento di progressioni verticali nel limite dei posti vacanti della dotazione organica che non siano destinati all'accesso dall'esterno, così non escludendo in radice l'accesso a quei posti per concorso pubblico e anzi ritenendolo necessario (comma 4), qualora manchino “del tutto all'interno le professionalità da selezionare”.

Conclusioni - Il Consiglio di Stato ha quindi riformato la sentenza del Tar Calabria, che aveva qualificato l'iniziativa giurisdizionale del ricorrente come inammissibile perché volta a un sindacato generalizzato sull'attività della pubblica amministrazione.
Secondo il Consiglio di Stato, invece, la contestazione riguarda esclusivamente atti che incidono direttamente e immediatamente nella sfera giuridica del ricorrente, qualificata e differenziata, non potendo sottacersi che non è rilevante ai fini dell'interesse (e della legittimazione ad agire) la mancata indicazione della qualifica e del profilo professionale per il quale egli avrebbe avuto interesse a ricorrere, trattandosi di elementi non individuati nei contestati bandi (e non presenti neppure nei fac–simile di domanda di partecipazione alle predette selezioni riservate).

Consiglio di Stato – Sezione V – Sentenza 7 settembre 2015 n. 4139

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