Penale

Concorso nel reato di spaccio, sì alla “lieve entità” solo per alcuni concorrenti

Lo hanno chiarito le Sezioni unite penali, sentenza n. 27727 depositata oggi, affermando un prinicipio di diritto, al termine di una dissertazione di 50 pagine

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di Francesco Machina Grifeo

Sì alla differenziazione delle posizioni tra i concorrenti nel reato di cessione di sostanza stupefacenti. È possibile, infatti, attribuire soltanto ad alcuni la “lieve entità” sulla base dei “mezzi”, delle “modalità o delle circostanze” dell’azione. Lo hanno chiarito le Sezioni unite penali, sentenza n. 27727 depositata oggi, affermando, al termine di una dissertazione di 50 pagine, che: “il medesimo fatto storico può configurare, in presenza dei diversi presupposti, nei confronti di un concorrente, il reato di cui all’art. 73, co. 1 ovvero co. 4, del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309 e nei confronti di altro concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 5, del medesimo Dpr”.

Ottiene dunque risposta affermativa il quesito posto dall’ordinanza di rimessione n. 32320 del dicembre 2023 della Quarta sezione penale, e cioè se: “Se, in tema di concorso di persone nel reato di cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico possa essere ascritto a un concorrente a norma dell’art. 73, comma 1, Dpr 9 ottobre 1990, n. 309 e a un altro concorrente a norma dell’art. 73, comma 5, del medesimo Dpr”.

Il tema della possibile differenziazione dei titoli di responsabilità tra concorrenti, a fronte di un medesimo fatto di reato in materia di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, spiega la Corte, affonda le sue radici nella ricostruzione dogmatica dell’istituto del concorso di persone nel reato, nonché nella natura, unitaria o differenziata, del fatto di reato realizzato plurisoggettivamente.

Nell’ordinanza di rimessione vengono illustrati i due orientamenti che si contrappongono nella giurisprudenza di legittimità, e viene evidenziato che «la trasformazione della fattispecie del quinto comma da circostanza attenuante speciale ad effetto speciale a titolo autonomo di reato operata dal legislatore del 2013 sembrerebbe maggiormente calibrata sull’ipotesi della realizzazione monosoggettiva che non sulla eventualità che la condotta tipica sia frutto di un’attività in concorso ponendo, pertanto, problemi di compatibilità con la disciplina del concorso di persone nel reato”.

Secondo la prima opzione interpretativa, ricapitolano le Sezioni Unite, il medesimo fatto storico, non può essere qualificato in termini diversi nei confronti dei coimputati, stante l’unicità del reato nel quale si concorre. Pertanto, in caso, di concorso in un medesimo episodio di detenzione o cessione illecita di sostanza stupefacente, identificata l’unica condotta tipica ascritta a più persone, la relativa qualificazione non potrebbe essere diversa per i concorrenti.

Accanto a questo primo indirizzo, se n’è formato un altro, secondo cui dalla combinazione delle norme di parte speciale con quelle sul concorso di persone nel reato discendono tante fattispecie plurisoggettive differenziate quanti sono i concorrenti, che avrebbero in comune il medesimo nucleo di accadimento materiale, ma si distinguerebbero tra loro per l’atteggiamento psichico dell’autore e per taluni dati esteriori inerenti soltanto alla condotta, dell’uno o dell’altro compartecipe; di conseguenza, sarebbe ammissibile anche l’affermazione di responsabilità a diverso titolo per due o più dei diversi concorrenti. Il medesimo fatto di spaccio allora sarebbe qualificabile diversamente per ciascun concorrente.

Sebbene, prosegue la decisione, i lavori preparatori del codice penale e il tenore letterale dell’art. 110 ss. cod. pen., secondo cui si concorre «nel medesimo reato», costituiscono altrettanti indici indicativi dell’adesione legislativa ad una concezione “monistica” del reato concorsuale; le norme, tuttavia, vanno lette e interpretate alla luce della giurisprudenza costituzionale che “propende per una responsabilità penale sempre più sviluppata in senso personalistico, al fine di ricondurre la condotta dei singoli al loro effettivo disvalore, ritenendo che ciò sia più conforme al modello costituzionale delineato dall’art. 27, primo comma, Cost.”.

E la scelta della lieve entità come reato autonomo, prevista dalla novella del 2013, continua la decisione, si è palesata come irreversibile con il decreto Caivano (Dl n. 123 del 2023), che “ha inteso ritagliare all’interno della fattispecie (autonoma) di lieve entità una fattispecie circostanziata di reato nel “fatto lieve non occasionale” in quanto, a fronte dell’identica descrizione del fatto, sostanzialmente operata per relationem, unico elemento circostanziale è appunto la non occasionalità della condotta.

Del resto, la previsione dell’art. 73, comma 5, T.U. quale reato autonomo costituisce un unicum rispetto ad un sistema di diritto penale sostanziale in cui tutte le altre fattispecie di lieve entità del fatto (art. 648, co. 4, cod. pen. ricettazione; art. 5 legge 2 ottobre 1967, n. 895 di armi; art. 609-bis co. 3 cod. pen. in tema di violenza sessuale; art. 311 cod. pen. delitti contro la personalità dello Stato; all’art. 323-bis cod. pen. reati contro la Pa) sono costruite come ipotesi circostanziali.

E proprio tale trasformazione ha reso necessaria la rielaborazione dei principi tradizionalmente affermati. Prima di quel momento, infatti, si era ritenuto possibile riconoscere la circostanza attenuante del fatto lieve solo ad alcuni dei concorrenti nel medesimo reato, in applicazione del principio consolidato in base al quale attenuanti e diminuenti possono avere riconoscimento differenziato tra coimputati.

La nuova natura dell’art. 73, comma 5, T.U stup. ha, quindi, portato giurisprudenza e dottrina ad interrogarsi sulla possibilità che, in caso di realizzazione plurisoggettiva del delitto contemplato da tale norma, il fatto possa essere ritenuto “lieve” soltanto nei confronti di alcuni concorrenti.

Tale norma è da ritenersi norma speciale, in quanto contiene, da un lato, tutti gli elementi costitutivi dell’art. 73, commi 1 e 4, T.U. stup., che hanno valenza di norme generali, e presenta, dall’altro, quali requisiti propri e caratteristici, con funzione specializzante, i «mezzi, modalità o circostanze dell’azione» ovvero la «qualità e quantità delle sostanze», che portano a ritenere il fatto di lieve entità.

Ma quali tra questi elementi, in concreto, possono essere valutati in senso diversificato per i concorrenti nel medesimo fatto? Non paiono valorizzabili in tal senso «quantità e qualità delle sostanze», cui si riferisce la norma, di regola uguali per tutti i concorrenti (se fossero diversificate si avrebbero già, ab origine, singoli e diversi reati ascrivibili a ciascuno). Vengono in rilievo, invece, «mezzi, modalità e circostanze dell’azione».

Potranno, dunque, essere valorizzate le finalità dell’attività delittuosa (si pensi al caso di una cessione occasionale), ovvero lo stato di tossicodipendenza del reo, come quando, ad esempio, si accerti che l’imputato ha svolto una piccola attività di spaccio per «l’acquisto di droga per uso personale». Al contrario, l’aspetto relativo alla tossicodipendenza non dovrebbe assumere pregnante rilievo in presenza di sistematiche cessioni.

Potrà e dovrà, invece, essere valutato se l’attività di spaccio sia stata svolta in un contesto di tipo organizzato. A diverse conclusioni, poi, si dovrà e si potrà pervenire in relazione a quei soggetti che, pur consapevoli della natura organizzata dell’attività delittuosa, non abbiano fatto parte dell’associazione ex art. 74 T.U. stup., tenuto anche conto del numero di volte in cui ciascun imputato ha partecipato a tali condotte.

Così, tornando al caso affrontato dall’ordinanza di rimessione, per le S.U. il diniego dell’ipotesi attenuata è stato, correttamente motivato per uno dei ricorrenti, in quanto i giudici di merito esaminato il contesto complessivo, nonché il grado di offensività, hanno ritenuto che le stesse rivelassero inequivoci caratteri differenziali.

Per un imputato, infatti, l’episodio di spaccio contestato “costituisce un’ulteriore manifestazione della sua perdurante e continua attività di smercio di stupefacente per conto dell’associazione”. Mentre un diverso ragionamento è stato effettuato per i due “correi”, per i quali i giudici di merito, “con motivazione esente da vizi logici e giuridici, hanno ritenuto la sussistenza dell’unico reato di cui all’imputazione, qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. stup, sulla base delle intercettazioni e dei servizi di osservazione evidenzianti un ruolo di meri spacciatori al dettaglio”. E tale riqualificazione, tenuto conto dell’epoca di commissione del fatto, ha comportato sin dal primo grado la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

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