Condominio: l'assemblea e il rebus della videoconferenza
Come uscire dalle "trappole" del decreto di Agosto e salvare la validità delle delibere
La legge 13 ottobre 2020 n. 126 - cosiddetto Decreto di Agosto - è intervenuta apportando due modifiche all’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
Assemblea in «modalità di videoconferenza»
La prima modifica ha inciso sul comma 3 del medesimo articolo 66, comma 3, disponendo che l’avviso di convocazione deve contenere, in alternativa all’indicazione del luogo e dell’ora della riunione (come lascia trasparire l’uso della congiunzione disgiuntiva “o”), l’indicazione «se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa». Questa norma non legittima, dunque, ex se, lo svolgimento dell’assemblea in collegamento da remoto, ma la dà per scontata in base a diverso precetto, limitandosi ad adeguare i requisiti di contenuto dell’avviso di convocazione,che, in tal caso, dovranno specificare non più il “luogo fisico” dell’adunanza (dal che si desume che lo svolgimento in videoconferenza può essere indicato ai condomini anche come modalità esclusiva di intervento), quanto la “piattaforma elettronica” su cui ci si potrà ritrovare all’ora (ed alla data, ovviamente) precisata. In sostanza, il novellato comma 3 dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile (diversamente da qualche ardimentosa interpretazione che si sente già avanzare) non è una norma di condotta precettiva primaria, che stabilisce la validità dell’assemblea di condominio in videoconferenza, quanto una norma secondaria che disciplina gli effetti di quella condotta, ovvero come debba farsi la convocazione in caso di assemblea telematica.
E’, piuttosto, il comma sesto appena aggiunto dalla legge n. 126/2020 all’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile che sembra, ad una prima superficiale lettura, dettare la nuova regola di validità dell’assemblea in videoconferenza.
Non ha senso distinguere il comma terzo dal comma sesto dell’articolo 66, evidenziando come l’uno si riferisca all’assemblea “prevista in modalità di videoconferenza” e l’altro all’assemblea in cui “la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza”, in quanto l’unico scopo che governa l'assemblea dei partecipanti alle comunioni di godimento è quello dell'osservanza del metodo collegiale, la cui funzione consiste nel rendere possibile un'assunzione ponderata delle deliberazioni, soddisfacendo l'esigenza che dal confronto dialettico del dibattito assembleare tra i condomini discendano decisioni meditate.
Se nell’avviso di convocazione l’assemblea è “prevista in modalità di videconferenza” è proprio e soltanto perché con tale modalità può essere garantita a ciascuno o ad alcuni degli aventi diritto la “partecipazione” in un identico contesto spazio – temporale, in maniera che essi possano discutere e votare sugli argomenti posti all’ordine del giorno.
E allora, prima di esaminare cosa prescrive il nuovo comma sesto dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, occorre ricordare i termini antitetici del dibattito tenutosi prima delle legge n. 126/2020 in punto di ammissibilità dell’intervento all'assemblea di condominio mediante mezzi di telecomunicazione (espressione adoperata, ad esempio, dall’articolo 2370, comma 4, del codice civile, molto più felice di “in modalità di videoconferenza”).
Gli enunciati teorici a confronto erano posti in netto rapporto di contrarietà.
Provo a riassumere in modo analitico, secondo un quadrato logico di opposizione.
L’enunciato categorico universale affermativo postulava che gli artt. 1136 cod. civ., 66 e 67 disp. att. cod. civ. non vietassero l’intervento in assemblea e l’espressione di voto dei condomini mediante mezzi di telecomunicazione..
L’enunciato universale negativo postulava che gli artt. 1136 cod. civ., 66 e 67 disp. att. cod. civ. imponessero, invece, l’intervento dei condomini in un’assemblea che si svolgesse in un medesimo luogo fisico, rimanendo vietata la partecipazione da remoto alla riunione.
L’enunciato particolare affermativo sosteneva che fossero conseguentemente valide, perché non “contrarie alla legge”, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, cod. civ., le deliberazioni dell’assemblea alle quali avessero preso parte condomini intervenuti mediante strumenti di telecomunicazione, e che del pari fossero valide le clausole del regolamento di condominio che prevedessero l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, in quanto non contrarie ai limiti di inderogabilità assoluta posti dall’art. 1138, comma 4, cod. civ. e dall’art. 72 disp. att. cod. civ., i quali richiamano, tra gli altri, proprio l’art. 1136 cod. civ. e gli artt. 66 e 67 disp. att. cod. civ.
L’enunciato particolare negativo concludeva per l’annullabilità delle delibere dell’assemblea approvate con il voto di condomini collegati da remoto e per la nullità delle clausole del regolamento condominiali che consentissero l’intervento alla riunione mediante mezzi di telecomunicazione.
A tale netta relazione di contrarietà tra enunciati, il comma 6 dell’art. 66 disp. att. cod. civ., appena aggiunto dalle legge n.126 del 2020, ha ora sovrapposto due enunciati normativi posti, invece, in relazione di contraddittorietà, in quanto essi non possono essere né entrambi veri né entrambi falsi.
Si legge ora nel comma 6 dell’art. 66 cit. che “la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza”:
a) ove espressamente previsto dal regolamento condominiale;
b) previo consenso di tutti i condomini.
Dall’enunciato sub a) si desume che il regolamento di condominio può espressamente consentire la partecipazione all’assemblea in modalità di videconferenza, e ciò significa che tale modalità di intervento non contrasta con le norme assolutamente inderogabili (non derogabili, cioè, nemmeno con accordo unanime di tutti i condomini) richiamate dall’art. 1138, comma 4, cod. civ. e dall’art. 72 disp. att. cod. civ.
Dall’enunciato sub b) si desume, altrimenti, che, pur se la partecipazione all’assemblea in modalità di videconferenza non sia espressamente contemplata dal regolamento di condominio, essa può ammettersi col “consenso di tutti i condomini”. “Tutti i condomini” significa, alla lettera, con il consenso di tutti i partecipanti al condominio (non soltanto con il consenso degli intervenuti alla singola riunione).
Il consenso ha ad oggetto la “partecipazione all'assemblea”, cioè a quella sola riunione per cui viene prestato: non si tratta, pertanto, di un “consenso-regolamento”, che intenda fissare, per identici casi futuri, una nuova regola di comportamento per i condomini.
Ma come si spiega e che valore ha questo «previo consenso» unanime per permettere ad uno, o a più, degli aventi diritto, di intervenire in assemblea mediante strumenti di telecomunicazione?
L’enunciato sub a) ci ha fatto capire che la partecipazione all’assemblea con strumenti di telecomunicazione non contrasta con le norme codicistiche inderogabili che regolano la costituzione dell’assemblea e la validità delle sue deliberazioni. Dunque a cosa tutti i condomini devono consentire previamente? A una forma di partecipazione all’assemblea che non è in sé contraria alle legge? E perché diverrebbe allora contrario alla legge l’intervento alla riunione di un condomino collegato da remoto, per il sol fatto che uno dei cento condomini non vi abbia acconsentito?
Il termine “consenso”, in senso proprio, è espressione dell’autonomia privata, suppone, cioè, un atto di disposizione, diretta (ad esempio, art. 5 cod. civ., o art. 50 cod. pen.) o indiretta (ad esempio, art. 1144 cod. civ.), volto a dirimere un possibile conflitto tra due sfere di interesse, in maniera da escludere in concreto l’illiceità di un comportamento astrattamente lesivo di interessi disponibili. Trattandosi, nella specie, di consenso preventivo di tutti i condomini alla partecipazione all’assemblea «in modalità di videoconferenza» di uno, alcuno o di tutti i condomini, sembra che la legge n. 126/2020 abbia inteso necessaria una autorizzazione legittimante la lesione di un interesse individuale al rispetto del procedimento collegiale. Non è, quindi, una mera acquiescenza quella imposta dal nuovo sesto comma dell’art. 63 del d.l. n. 104/2020, ma, di più, un consenso preventivo negoziale di carattere autorizzativo, che, nei presumibili intenti della norma, dovrebbe funzionare anche come rinunzia alla reazione contro la lesione dell’interesse alla regola della collegialità, e, dunque, come rinunzia al potere di impugnare la delibera provocandone l’annullamento. Sennonché, non può ammettersi una rinunzia in via preventiva ed anticipata a far valere mediante impugnazione ex art. 1337 cod. civ. un eventuale vizio di invalidità di una futura delibera assembleare.
In sostanza, e per estremizzare.
O la delibera approvata dall’assemblea con la partecipazione di alcuni aventi diritto mediante strumenti di comunicazione è comunque valida, in quanto non contraria alla legge, e allora a nulla serve il previo consenso preventivo di tutti i condomini a ciò.
Oppure la delibera approvata dall’assemblea con la partecipazione di alcuni aventi diritto mediante strumenti di comunicazione è contraria alla legge, ed allora il previo consenso preventivo di tutti i condomini non scongiura affatto il rischio che siffatta viziata costituzione venga dedotta dagli stessi paciscenti come motivo di impugnazione ex art. 1137 cod. civ., visto che il dissenso, che costituisce presupposto di legittimazione all’impugnativa, va comunque considerato con riguardo al contenuto oggettivo di merito della deliberazione e non rispetto alla regolarità del procedimento collegiale.
Con riguardo al funzionamento delle regole che presidiano le procedure assembleari, previste nell'esclusivo interesse della minoranza, l’esclusione dei consenzienti dal novero dei soggetti legittimati a far valere una loro violazione non risulta giustificabile alla stregua del principio nemo potest venire contra factum proprium, né, come visto, può costruirsi sul consenso preventivo offerto una sorta di rinuncia al diritto di impugnare, non potendosi rinunciare pro futuro al diritto alla validità della delibera.
Il consenso unanime preventivo alla partecipazione all’assemblea in modalità di videoconferenza, stabilito dal comma 6 dell’art. 66, disp. att. cod. civ., non si atteggia, dunque, come nuovo requisito di validità di una delibera altrimenti invalida, né appare espressione di un principio di autoresponsabilità che impedisce il ricorso successivo alla tutela giurisdizionale. Verrebbe da dire: una prescrizione di legge in senso formale che non rivela, però, alcuna reale attitudine ad esprimere norme.
Lo stesso comma 6 dell’art. 63 dell’art. 66, disp. att. cod. civ. dispone che, ove l’assemblea avvenga «in modalità di videoconferenza», occorre che il verbale sia redatto dal segretario, sottoscritto dal presidente e «trasmesso all’amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione». Nella disciplina del condominio, fino ad oggi, non esisteva alcuna prescrizione legale che imponesse la nomina del segretario o del presidente dell'assemblea. Tanto meno sussisteva, prima come dopo la Riforma del 2012, una norma che stabilisse (a differenza di quanto il codice civile fa all'art. 2375 per le deliberazioni dell'assemblea delle società per azioni) che le delibere dell'assemblea dei condomini dovessero constare da verbale sottoscritto dal presidente o dal segretario. L'effetto della sottoscrizione del verbale ad opera del presidente, ora richiesta nel solo caso di assemblea in videoconferenza, sarà, comunque, quello di imprimervi il valore probatorio di scrittura privata con riguardo alla provenienza delle dichiarazioni dal sottoscrittore. Nel verbale si darà atto dei condomini intervenuti “fisicamente”, nonché dell’instaurarsi del collegamento a distanza con gli altri aventi diritto, o, ancora, dell’eventuale allontanamento dei partecipanti, soprattutto ai fini del calcolo dei quorum costitutivi o deliberativi. La trasmissione (nelle modalità alternative fissate dall’art. 66, comma 3, disp. att. cod. civ.) a tutti i condomini ed all’amministratore deroga a quanto stabilito dall’art. 1137, comma 2, cod. civ., il quale contempla la comunicazione della delibera ai soli condomini assenti.