Condominio minimo, annullabile la delibera approvata con quorum insufficiente
Nel condominio costituito da due partecipanti titolari di quote disuguali, la delibera approvata con il solo voto favorevole del maggior quotista non è nulla, ma annullabile poiché adottata con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge. E' il chiarimento reso dalla Suprema Corte mediante ordinanza del 13 dicembre 2022 n. 36373.
Nel condominio costituito da due partecipanti titolari di quote disuguali, la delibera approvata con il solo voto favorevole del maggior quotista non è nulla, ma annullabile poiché adottata con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge. E' il chiarimento reso dalla Suprema corte mediante ordinanza del 13 dicembre 2022 n. 36373.
Il caso
La diatriba si origina da un condominio minimo costituito da tre unità immobiliari e due partecipanti titolari di quote millesimali disuguali (il quotista di maggioranza, titolare di due porzioni immobiliari, svolgeva le funzioni di amministratore). Pur essendo intervenuti entrambi, l'assemblea non raggiungeva il quorum imposto dall'art. 1136, comma 2, c.c. poiché solo il condomino di maggioranza approvava il rendiconto mentre l'altro manifestava il proprio dissenso.
Tuttavia, la delibera non veniva opposta dal quotista minoritario e l'amministratore agiva in monitorio contro il predetto. Il partecipante di minoranza spiegava opposizione deducendo, tra l'altro, la nullità della decisione assembleari per carenza della necessaria unanimità. La Corte territoriale confermava l'esito di primo grado rilevando che il difetto di maggioranza, stante il voto contrario del quotista minoritario, determinava l'annullabilità. La delibera frattanto era divenuta esecutiva in assenza di tempestiva impugnazione.
La decisione
Se la delibera viene approvata, in caso di condominio minimo costituito da due soli partecipanti titolari di quote disuguali, dal solo titolare della quota maggioritaria deve considerarsi nulla o annullabile? Con tale interrogativo il condomino di minoranza ha avanzato ricorso in Cassazione assumendo lesi gli artt. 1105 e 1136 c.c. Ha sostenuto che se le norme codicistiche reggono il principio maggioritario per le delibere assembleari, in presenza di due condòmini si dovrà raggiungere l'assenso totalitario. Nessuna decisione poteva ritenersi adottata perché, stante la presenza di due soli condòmini ed avendo quello di minoranza espresso la propria contrarietà, la maggioranza numerica sancita dall'art. 1136, comma 2, c.c. non era stata raggiunta.
Gli Ermellini hanno ritenuto inammissibile il motivo. Hanno rammentato l'indirizzo nomofilattico secondo cui qualora i partecipanti al condominio siano due è ravvisabile un condominio minimo. Poiché è costituito da partecipanti titolari di diritti non paritari sui beni comuni, vigono le disposizioni procedimentali sul funzionamento dell'assemblea restando precluso il ricorso al principio maggioritario sotto il profilo dell'elemento personale. L'assemblea del condominio minimo si costituisce regolarmente con l'intervento di entrambi i condòmini e delibera validamente con decisione totalitaria. Nel caso in cui non si raggiunga l'unanimità - vuoi perché l'assemblea, in presenza di entrambi i condòmini, decida in modo contrastante, vuoi perché intervenga un solo partecipante - sarà necessario ricorrere al tribunale camerale in base dell'art. 1105, comma 4, c.c.
Ne discende che, nell'ipotesi di condominio minimo con due partecipanti titolari di quote ineguali, qualora debbano approvarsi delibere che necessitino della approvazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti, la valida espressione della volontà assembleare suppone la partecipazione di entrambi e la votazione favorevole unanime, non potendosi ricorrere al criterio maggioritario.
La delibera che venga approvata dal partecipante titolare della quota maggiore essendo carente sotto il profilo dell'elemento personale non dovrà qualificarsi nulla, ma annullabile poiché assunta con quorum inferiore a quello legale e pertanto impugnabile entro il ristretto lasso temporale di trenta giorni. Alla luce di quanto precede, il vizio della delibera assembleare non poteva essere sindacato in sede di opposizione al monitorio perché non tempestivamente impugnata.