Conducenti taxi e Ncc, illegittimo il requisito della residenza nella regione
La Corte costituzionale, sentenza n. 183 depositata oggi, ha bocciato la legge umbra che prevedeva l’obbligo «di essere residente in uno dei Comuni della Regione» per l’iscrizione nel ruolo dei conducenti
La Corte costituzionale (sentenza n. 183, depositata oggi) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 1, lettera i), della legge della Regione Umbria n. 17 del 1994, che prevedeva il requisito «di essere residente in uno dei Comuni della Regione Umbria» come necessario al fine dell’iscrizione nel ruolo dei conducenti per il servizio di taxi e per quello di noleggio di veicoli con conducente.
La disposizione, antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, era stata censurata dal Tar Umbria in quanto ritenuta lesiva del principio di ragionevolezza nonché dell’assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea, giacché d’ostacolo al libero ingresso di lavoratori o imprese nel “bacino lavorativo” regionale.
Più in dettaglio, il rimettente ravvisava la violazione sia dell’attuale articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., che affida alla competenza esclusiva statale la «tutela della concorrenza», sia dell’articolo 117, primo comma, Cost., nella formulazione vigente al momento dell’adozione della disposizione regionale, risultando violati i principi fondamentali stabiliti dalla legge quadro n. 21 del 1992 nel settore del trasporto pubblico locale non di linea.
La Corte ha ritenuto fondata la questione sollevata, alla luce sia del vecchio che del nuovo testo dell’articolo 117 Cost.
Con riguardo al mutamento dei parametri costituzionali concernenti il sistema di riparto delle competenze tra Stato e Regioni, la Corte ha sottolineato la necessità di verificare la persistenza, nel passaggio all’attuale sistema di riparto, di limiti posti sin dall’origine all’esercizio della potestà legislativa regionale e ora operanti nel contesto dell’ampliamento delle attribuzioni regionali nella materia di riferimento.
Nel caso oggetto della pronuncia, la Corte ha evidenziato che il limite della tutela della concorrenza, oggi reso esplicito dall’articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost. non poteva ritenersi estraneo all’assetto del riparto di competenze precedente alla riforma del Titolo V. In tal senso, ha richiamato la propria giurisprudenza, che, sin da epoca risalente, ha riconosciuto alla libera concorrenza la natura di vero e proprio principio ordinatore del diritto dell’Unione Europea, in grado di imporsi, come tutti i principi della medesima natura, al rispetto anche del legislatore regionale.
Ha poi ricordato, quanto all’ambito interno, che la concorrenza è stata generalmente considerata un «valore basilare della libertà di iniziativa economica» presidiata anche dall’articolo 41 Cost., sicché la relativa esigenza di tutela ha sempre condizionato l’esercizio della potestà legislativa regionale, anche prima della riforma del Titolo V.
Inoltre, la Corte ha ritenuto di poter rinvenire tale limite anche tra i principi dettati dalla legge quadro n. 21 del 1992, nel cui contesto l’attenzione è focalizzata sulla capacità professionale e sull’idoneità tecnica dell’aspirante conducente.
Infine, ha ritenuto il requisito della residenza lesivo anche del canone della ragionevolezza ex articolo 3 Cost., in quanto tale elemento di “localizzazione” costituisce un mezzo sproporzionato rispetto allo scopo perseguito, che è quello di garantire adeguata professionalità e conoscenza del territorio da parte degli aspiranti conducenti.