Penale

Confisca di prevenzione, credito della banca escluso dal passivo se funzionale al crimine

La prova della buona fede dell'istituto erogante va data solo dopo la dimostrazione che la provvista sia stata strumento del crimine

di Paola Rossi

In caso di procedimento di liquidazione dei beni confiscati alla mafia la banca va ammessa al passivo a meno che la provvista erogata sia stata funzionale allo svolgimento dell'attività criminale e la banca non dimostri la propria buona fede rispetto a tale circostanza. Inoltre, come spiega la Cassazione con due sentenze contemporanee (nn. 17852 e 17853), la prova liberatoria della banca creditrice è solo eventuale, perché conseguente all'accertamento della strumentalità della provvista alla vita criminale del soggetto colpito dalla misura di prevenzione. In entrambi i ricorsi la Cassazione ha accolto le ragioni degli istituti di credito ricorrenti che lamentavano l'errore del giudice delegato che aveva escluso dal passivo i loro rispettivi crediti sostenendo che mancava la buona fede dei due istituti creditori (nella specie un mutuo e due contratti di leasing concessi a esponenti della Ndrangheta stabiliti sul litorale laziale). L'errore del tribunale è consistito nell'aver affermato la mancata prova delle banche sulla loro buona fede senza però avere "provato" l'esistenza del nesso funzionale tra provvista e attività criminale che è stata posta alla base della misura di prevenzione sui beni sequestrati. L'errore ora cassato riapre la via dell'opposizione delle due banche contro l'esclusione dal passivo decisa dal giudice delegato alla procedura di liquidazione.

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