Confisca, procedimento di revoca proseguibile dagli eredi
La Cassazione, sentenza n. 19400 depositata oggi, ha chiarito che agli eredi va riconosciuto il diritto di proseguire il procedimento per la revoca della misura instaurato dal genitore
La Cassazione, sentenza n. 19400 depositata oggi, in tema di misure di prevenzione patrimoniale, ha affermato che agli eredi va riconosciuto il diritto di proseguire il procedimento per la revoca della confisca istaurato dal genitore, deceduto successivamente alla proposizione del ricorso per Cassazione.
La Corte ha affrontato un caso regolato dalla precedente disciplina (comma 6-bis dell’articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965 n. 575) che prevedeva: «Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento, esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa». La Corte ha tuttavia rilevato che anche la disciplina vigente prevede una norma di analogo contenuto. L’articolo 18, co. 2, del Dlgs n. 159 del 2011, infatti, afferma che «le misure di prevenzione patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. In tal caso, il procedimento prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa».
E allora, annota la Cassazione, “emerge con evidenza che, in materia di misure di prevenzione patrimoniale, l’ordinamento prevedeva e tutt’ora prevede che il procedimento, in caso di decesso del preposto, prosegua nei confronti degli eredi”. Si tratta, spiega la decisione, di una previsione che “chiaramente” si fonda sulla “natura non penale, ma patrimoniale delle misure in questione”. Esse, infatti, come chiarito dalla Corte costituzionale (n 24/2019) non costituiscono una sanzione, ma sono la naturale conseguenza dell’acquisizione illecita dei beni, la quale determina un vizio genetico nella costituzione del diritto di proprietà. Coerentemente, il legislatore ha previsto, in maniera per certi versi analoga al processo civile, che il procedimento possa, in caso di decesso del diretto interessato, proseguire nei confronti dei suoi eredi.
Così ricostruito il quadro, conseguentemente, argomenta la Corte, si deve ritenere che la prosecuzione del procedimento, in caso di decesso, possa operare anche quando l’interesse alla prosecuzione sia non della parte pubblica, ma degli eredi. Un tale interesse, spiega la decisione, “chiaramente, può esservi (solo) quando già sia intervenuto il provvedimento applicativo della misura e gli eredi abbiano interesse a impugnare tale provvedimento o a continuare l’impugnazione presentata dall’originario proposto”.
Ragion per cui, continua la sentenza, appare coerente ritenere che tale principio “debba essere esteso anche all’ipotesi in cui non si tratti di continuare l’impugnazione del provvedimento applicativo della misura, ma di continuare il procedimento con il quale, ai sensi dell’art. 7 legge n. 1423 del 1956, si era chiesta la revoca della misura patrimoniale”.
I ricorsi sono stati comunque tutti rigettati, il primo in quanto inammissibile, il secondo perchè infondato. La Corte d’appello, e la Cassazione ha confermato il ragionamento, ha ritenuto che le assoluzioni in alcuni procedimenti penali, così come la procedura conciliativa con l’Agenzia delle Entrate, non erano sufficienti a far venire meno i presupposti della misura di prevenzione assunta dopo che era emerso “con chiarezza” che l’imputato a partire dagli anni ’80 fino al 2010 si era reso responsabile di “una serie ininterrotta di condotte fraudolente per acquisire il finanziamento di progetti, accompagnate regolarmente da attività corruttive e da reati fiscali”.