Lavoro

Consulta, licenziamento economico: reintegra obbligatoria se il fatto è manifestamente insussistente

Le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale che ha abrogato un pezzo della Legge Fornero saranno rese note nelle prossime settimane

Per la Corte costituzionale in caso di licenziamento economico va prevista la reintegra obbligatoria del dipendente se il fatto è manifestamente insussistente. La Consulta, riunita oggi in camera di consiglio, ha infatti esaminato la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Ravenna sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla cosiddetta legge Fornero (n. 92 del 2012), là dove prevede la facoltà e non il dovere del giudice di reintegrare il lavoratore arbitrariamente licenziato in mancanza di giustificato motivo oggettivo.

In attesa del deposito della sentenza, l'Ufficio stampa della Corte costituzionale fa sapere che la questione è stata dichiarata fondata con riferimento all'articolo 3 della Costituzione. La Corte ha ritenuto che sia irragionevole – in caso di insussistenza del fatto - la disparità di trattamento tra il licenziamento economico e quello per giusta causa: in quest'ultima ipotesi è previsto l'obbligo della reintegra mentre nell'altra è lasciata alla discrezionalità del giudice la scelta tra la stessa reintegra e la corresponsione di un'indennità.

In particolare, il Tribunale di Ravenna, sezione civile settore lavoro, ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 nella parte in cui prevede che, in ipotesi in cui il giudice accerti la manifesta insussistenza di un fatto posto a fondamento di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, "possa" e non "debba" applicare la tutela della reintegra.

Secondo il rimettente, e la Consulta gli ha dato ragione, la disposizione contrasta con l'articolo 3, primo comma della Costituzione, in quanto si tratterebbero in modo ingiustificatamente differenziato, a livello delle tutele applicabili, due situazioni identiche ossia il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dei quali sia accertata in giudizio l'infondatezza.
La qualificazione del licenziamento, secondo il rimettente, dipenderebbe infatti solo dall'individuazione scelta dal datore di lavoro che inciderebbe così sul diritto di azione del lavoratore, causando una lesione dell'articolo 24 della Costituzione.

In assenza di criteri normativi, dunque, la previsione di un potere discrezionale sull'applicazione della tutela reintegratoria, sempre secondo il Tribunale, attribuirebbe al giudice un potere essenzialmente assimilabile all'esercizio di un'attività di impresa in violazione dell'articolo 41, primo comma, della Costituzione in base al quale l'iniziativa economica privata è libera. L'esercizio di tale potere discrezionale colliderebbe, ancora, con il diritto di azione del lavoratore e con il principio di uguaglianza potendo causare, secondo la lettura del rimettente, l'esposizione del lavoratore ad un ulteriore atto espulsivo comminato dal giudice e non dall'imprenditore.

Le motivazioni della sentenza della Consulta saranno depositate nelle prossime settimane.

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