Contratto della Pa nullo per difetto di forma, alle S.U. l’azione di indebito arricchimento
La Cassazione, ordinanza n. 1284 depositata oggi, chiede se la mancanza di forma scritta rientri tra le cause ostative all’ammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c.
La Terza sezione civile, ordinanza n. 1284 depositata oggi, ha rinviato alle Sezioni unite l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento da parte della Pa nel caso di nullità del contratto di fornitura per mancanza di forma scritta.
A proporre il ricorso in Cassazione contro la decisione della Corte di appello è stato il titolare di un caseificio condannato a pagare oltre 100mila euro al comune per l’acqua utilizzata dal 2008 al 2011 (sulla base delle quantità indicate in fattura) ai sensi dell’art. 2041 (Indebito arricchimento) c.c..
La Suprema corte ricorda come sia incontroverso che il Comune molisano abbia fornito il servizio idrico alla ditta individuale per diversi anni, “benché in assenza di contratto stipulato per iscritto, dunque dichiarato nullo per difetto di forma”.
Così stando le cose, il ricorrente ha sollecitato la delibazione della questione della sussidiarietà della azione di indebito arricchimento, sulla scorta della decisione a S.U. n. 33954/2023, sopravvenuta in corso di causa. “Paradossale – scrive il ricorrente - che la palese violazione di norma di legge imperativa valga al Comune non solo una immunità da responsabilità, ma addirittura un vantaggio patrimoniale assolutamente ingiustificato, con la conseguenza che il fatto si riverbera ad esclusivo danno del soggetto tenuto alla controprestazione in denaro, soggetto cui è stata negata qualsivoglia chiarezza in ordine ai termini del rapporto, che il Comune ha considerato dapprima correttamente instaurato (sì da giustificare l’ingiunzione di pagamento del 2015), salvo poi ripiegare sulla ‘finzione’ dell’arricchimento ingiustificato, strumentalmente chiamato in causa, per giustificare ex post, in modo surrettizio ed improprio, il rapporto di fornitura”.
Ma cosa dicono le S.U. richiamate? La decisione è stata così massimata: “Ai fini del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di ingiustificato arricchimento è proponibile ove la diversa azione - sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale - si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico”
La Suprema corte, con una lunga e complessa dissertazione, sottolinea la particolarità del caso dove a esercitare l’azione non sia il privato nei confronti della Pa ma viceversa. “È cioè inusuale – scrive la Cassazione - che sia la stessa P.A. ad agire ex art. 2041 c.c., giacché essa … è normalmente soggetto convenuto”. Siamo dunque di fronte a una omissione principalmente imputabile all’ente pubblico: il Comune, richiesto della fornitura, non stipula un contratto scritto, ed eroga comunque il servizio, “così violando la disciplina imperativa, posta a tutela sia dell’ente, che della collettività”.
Da qui il dubbio della Sezione rimettente per cui “ad ammettere l’azione ex art. 2041 c.c. in tali casi, il rischio che tanto determini comunque l’aggiramento di norme indisponibili, poste a tutela di interessi generali, sia immanente e non altrimenti evitabile”.
Un complesso normativo e giurisprudenziale, prosegue la Terza sezione, che compete al “Massimo consesso” chiarire, in particolare, valutando:
1) se, in riferimento al principio affermato dalla recente sentenza Cass., SU 5 dicembre 2023, n. 33954, avuto riguardo alla residualità dell’azione di arricchimento senza causa ex art. 2042 c.c. e ove non risulti opportuna la definizione della nozione di “giusta causa” in carenza della quale è data l’azione in parola, l’ipotesi di nullità del contratto della Pa per difetto di forma scritta rientri o meno nelle cause di nullità per violazione di norme imperative o per contrarietà all’ordine pubblico, qualificate ostative all’ammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c.;
2) se, ancora in riferimento al suddetto principio, il giudizio sull’ammissibilità dell’azione possa essere declinato diversamente, in caso di declaratoria di nullità del contratto per difetto di forma scritta, qualora, come nella specie, il soggetto “impoverito” sia la stessa Pa e non la sua controparte privata;
3) se, infine e sempre in riferimento al suddetto principio, ove al quesito di cui sub 1) si risponda nel senso dell’ammissibilità dell’azione, abbia rilievo la circostanza che il contratto dichiarato nullo abbia a oggetto prestazioni di dare, stante quanto previsto - quale possibile azione alternativa, offerta dall’ordinamento già sul piano astratto - dagli artt. 2033 ss. c.c. in tema di ripetizione d’indebito oggettivo.