Civile

Controversie tributarie in Cassazione e Covid: sempre possibile la trattazione in udienza camerale "cartolarizzata"

I giudici della Quinta sezione civile del Palazzaccio hanno addotto plurime argomentazioni a sostegno della compiuta scelta di rito

di Aldo Natalini

Covid-19 e giudizio tributario in cassazione: più spazio per il rito camerale di legittimità "non partecipato". Così la sentenza n. 26480/2020, depositata il 20 novembre, con cui la Quinta sezione civile della Cassazione, in via preliminare, disattendendo l'istanza di rimessione della causa in pubblica udienza avanzata dalla contribuente, ha trattato la controversia in adunanza camerale.
Al di là della censura sulla genericità dell'istanza, argomentata dalla difesa non tanto sul valore nomofilattico della questione di diritto coinvolta bensì sulla particolare rilevanza economica della lite, i giudici della Quinta sezione civile del Palazzaccio hanno addotto plurime argomentazioni a sostegno della compiuta scelta di rito "cartolarizzato": tra queste, l'emergenza sanitaria in atto.
Con premessa di ampio respiro la Corte regolatrice rammenta anzitutto come sia prerogativa del Collegio giudicante, nell'esercizio delle proprie valutazioni discrezionali, escludere la ricorrenza degli estremi per la rimessione di una causa in pubblica udienza (dall'adunanza camerale prevista nell'articolo 380-bis.1 del Cpc) in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare al caso di specie (Cassazione, sezioni Unite civili, n. 14437/2018, Ced 649623) ed allorquando non si verta di decisioni aventi rilevanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente anche funzione extraprocessuale, il successivo percorso della giurisprudenza (Cassazione, sezioni Unite civili, n. 8093/2020, Ced 657612).
Ciò posto, tre le motivazioni che la Corte regolatrice spende a giustificazione della trattazione camerale.
In primo luogo la Cassazione fa leva sulle norme precauzionali dettate dal legislatore emergenziale a causa della pandemia da Covid-19, finalizzate per l'appunto alla trattazione scritta delle cause (cosiddetta udienza cartolare). Infatti – ricordano i Supremi giudici - l'articolo 221, comma 4, del Dl n. 34/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 77/2020 (e tuttora applicabile, in quanto compatibile, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del Dl Ristori uno, in corso di conversione in legge), ha stabilito che «Il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni».
In secondo luogo, proprio uniformandosi alle norme emergenziali, il Primo Presidente della Cassazione (decreti del 7/05/2020, del 18/06/2020 e del 30/07 /2020) ha adottato misure organizzative - tuttora in vigore - relative alle modalità operative per regolare l'accesso ai servizi, al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra tutte le persone.
In terzo luogo la scelta, «motivata anche da un'esigenza di particolare cautela, di trattare sollecitamente la causa in adunanza camerale anziché in pubblica udienza», è sorretta – scandisce il Supremo collegio - «da un criterio, per così dire, di giusrealismo correlato dall'emergenza pandemica del Covid-19» ed è coerente con lo stesso indirizzo di legittimità, anche in riferimento alla giurisprudenza sovranazionale.

La relatività del principio della pubblicità dell'udienza
Come di recente statuito in tema di nuovo rito camerale di legittimità "non partecipato" ex articolo 380-bis del Cpc – quale tendenziale procedimento ordinario per il contenzioso non connotato da valenza nomofilattica – il principio di pubblicità dell'udienza, pur previsto dall'articolo 6 della CEDU ed avente rilievo costituzionale, non riveste carattere assoluto (Cassazione, n. 5371/2017, Ced 643480) e può essere derogato in presenza di "particolari ragioni giustificative", ove "obiettive e razionali" (Corte Costituzionale n. 80/2011). Esigenze, evidentemente, oggi ravvisate proprio nell'emergenza sanitaria in atto.
Invero siffatta deroga - anche alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza convenzionale (ex plurimis, CEDU, 21 giugno 2016, Tato Marinho c. Portogallo), seguiti dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (ex plurimis Cassazione n. 19947/2008; Id., n. 4268/2012; Id., n. 20282/2015; Id., 9041/2016) - è consentita in ragione della conformazione complessiva del procedimento, là dove, a fronte della pubblicità del giudizio assicurata in prima o seconda istanza, una tale esigenza non si manifesti comunque più necessaria per la struttura e la funzione dell'ulteriore istanza, il cui rito sia volto, eminentemente, a risolvere questioni di diritto o comunque non "di fatto", tramite una trattazione rapida dell'affare, non rivestente peculiare complessità (Cassazione, n. 5371/2017, cit.).
D'altro canto, l'interlocuzione scritta attraverso la quale viene a configurarsi il contraddittorio nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 380-bis Cpc – ovvero nel "rito Covid-19" cartolarizzato che lo riproduce – si mostra come l'esito di un bilanciamento, non irragionevolmente effettuato da legislatore (anche da quello emergenziale) alla stregua dell'ampia discrezionalità che gli appartiene nella conformazione degli istituti processuali (vedi Corte Costituzionale n. 152/2016), tra le esigenze del diritto di difesa e quelle, del pari costituzionalmente rilevanti, di speditezza e concentrazione, in funzione della ragionevole durata del processo civile e della tutela effettiva da assicurare alle parti interessate al contenzioso (ancora Cassazione, n. 5371/2017, cit.).

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