Comunitario e Internazionale

Corte Ue: i tre casi in cui i giudici di ultima istanza possono rifiutare il rinvio pregiudiziale

Per la Grande Sezione l'aver già disposto un rinvio nel medesimo procedimento non è motivo sufficiente

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di Francesco Machina Grifeo

Arrivano ulteriori chiarimenti sui casi in cui un giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto all'obbligo di rinvio pregiudiziale. I criteri già indicati nella sentenza Cilfit vengono ora ulteriormente rafforzati dalla Corte Ue (Grande Sezione), sentenza nella causa C-561/19 (Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi). La Cgue ha infatti precisato che nella motivazione del diniego, il giudice nazionale dovrà dar conto di trovarsi in una di queste tre condizioni: la questione non è rilevante; la disposizione di diritto dell'Unione è già stata oggetto d'interpretazione da parte della Corte o infine la corretta interpretazione s'impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi.

Nel 2017, il Consiglio di Stato italiano ha adito la Corte di giustizia con un rinvio pregiudiziale nell'ambito di una controversia riguardante un appalto pubblico di servizi di pulizia per le stazioni ferroviarie italiane. La Corte ha pronunciato la sua sentenza nel 2018. Le parti di tale controversia hanno successivamente chiesto al giudice del rinvio di sottoporre alla Corte altre questioni pregiudiziali. In tale contesto, nel 2019 il giudice del rinvio ha adito la Corte con un nuovo rinvio pregiudiziale per sapere se un giudice nazionale di ultima istanza sia tenuto a sottoporre alla Corte una questione relativa all'interpretazione del diritto dell'Unione qualora tale questione gli sia sottoposta da una parte in una fase avanzata del procedimento, dopo che la causa sia stata trattenuta per la prima volta in decisione o quando è già stato effettuato un primo rinvio pregiudiziale in tale procedimento.

Con la decisione odierna, la Corte richiama i tre criteri su indicati e dichiara che un giudice nazionale di ultima istanza non può essere liberato dal suo obbligo di rinvio pregiudiziale per il solo fatto di aver già adito la Corte in via pregiudiziale nell'ambito del medesimo procedimento qualora permanga, dopo la pronuncia della Corte, una questione di interpretazione del diritto dell'Unione alla quale è necessaria una risposta per dirimere la controversia. Riguardo poi al terzo caso, quello della evidenza nella interpretazione della norma, la decisione precisa che il giudice nazionale di ultima istanza deve essere convinto che la stessa evidenza si imporrebbe anche agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e alla Corte.

Mentre la sola possibilità di dare interpretazioni diverse di una disposizione del diritto dell'Unione non è sufficiente per ritenere che esista un ragionevole dubbio quanto alla sua corretta interpretazione. Tuttavia, di fronte all'esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione.

In definitiva, conclude la Corte, spetta unicamente al giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sia necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale. Tuttavia, un giudice di ultima istanza può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte per motivi di irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a esso. Infatti, nel caso in cui i motivi sollevati dinanzi a tale giudice dovessero essere dichiarati irricevibili, non può essere considerata necessaria e pertinente una domanda di pronuncia pregiudiziale affinché tale giudice possa emettere la propria decisione. Le norme processuali nazionali applicabili devono tuttavia rispettare i principi di equivalenza e di effettività.

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