Civile

Così si possono bloccare gli effetti dell’interdittiva e si prosegue l’attività

L’infiltrazione criminale non deve essere strutturale e poter essere eliminabile

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di Giovanbattista Tona

Misure meno invasive per l’attività imprenditoriale e la vita delle imprese erano contemplate dal sistema della prevenzione patrimoniale antimafia anche prima della riforma del Codice antimafia (Dlgs 159/2011) operata dalla legge 161/2017 che ha introdotto il controllo giudiziario delle aziende (articolo 34bis).

Fra queste, l’articolo 34 del Codice antimafia, mutuato dalla legislazione previgente, disciplina la misura dell’amministrazione giudiziaria delle aziende e dei beni utilizzabili per l’esercizio di attività economiche che, in base a sufficienti indizi, si possono ritenere sottoposti - direttamente o indirettamente - alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’articolo 416 bis del Codice penale o che possono agevolare l’attività di persone sottoposte o da sottoporre a misura di prevenzione.

L’amministrazione giudiziaria

L’amministrazione giudiziaria è un provvedimento che non sottrae i beni alla disponibilità del loro titolare e che non è volto alla confisca. Prevede infatti che, per un periodo di sei mesi prorogabile fino a due anni, un amministratore giudiziario eserciti le facoltà spettanti ai titolari dei beni e attua un programma di sostegno per liberare l’azienda dai condizionamenti e restituirla al mercato.

Si tratta quindi di una misura che, come hanno segnalato le sezioni unite della Cassazione nella sentenza 46989/2019, è «geneticamente sganciata» dai presupposti per il sequestro e la confisca dei beni nella disponibilità di soggetti socialmente pericolosi.

Il controllo giudiziario

La legge di riforma n. 161 del 2017 ha aggiunto, con l’articolo 34bis del Codice antimafia, un’ulteriore misura meno invasiva anche dell’amministrazione giudiziaria: il controllo giudiziario delle aziende.

Può essere disposta dal Tribunale, anche d’ufficio, per un tempo non inferiore ad un anno e non superiore a tre, quando l’agevolazione ai soggetti pericolosi sia occasionale e sussistano circostanze di fatto da cui desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l’attività.

Non fa venire meno in capo al titolare nè la disponibilità dei beni nè le facoltà di gestirli ma lo sottopone a delle prescrizioni e a delle costanti verifiche da parte di un amministratore giudiziario che riferisce ogni due mesi al giudice delegato.

Il controllo giudiziario volontario

Il sesto comma dell’articolo 34bis prevede inoltre il controllo giudiziario volontario, applicabile su richiesta di chi dovrebbe subirlo. A poter proporre tale istanza sono le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva: devono presentarla non al tribunale del luogo dove ha sede il prefetto che la ha emessa ma a quello del luogo in cui si è manifestata la pericolosità dei soggetti con cui sono entrate in contatto (Cassazione, sentenza 29487/2019).

Se saranno sottoposte a controllo, verranno sospesi gli effetti dell’interdittiva, e pertanto non subiranno la revoca delle autorizzazioni, concessioni ed erogazioni nè la sospensione o la revoca di contratti e subcontratti con la pubblica amministrazione.

Espressa condizione di legge è che i richiedenti abbiano prima proposto impugnazione contro il provvedimento del prefetto al giudice amministrativo. Il Tribunale deve concederla se l’infiltrazione mafiosa non presenta profili di cronicità, ma può essere, invece, superata mediante l’attuazione di un adeguato programma di riorganizzazione aziendale in grado di “bonificarla” dalla presenza o dal collegamento con personaggi connessi alla criminalità organizzata.

Sull’istanza si celebrerà un udienza in camera di consiglio, con la partecipazione anche del procuratore distrettuale competente e degli altri interessati, all’esito della quale il tribunale applicherà il controllo giudiziario, «ove ne ricorrono i presupposti». Se la richiesta non viene accolta, l’imprenditore potrà proporre prima appello avverso il provvedimento anche per questioni di merito (Cassazione sezioni unite 46898/2019), poi eventualmente anche ricorso per cassazione solo per violazione di legge (Cassazione, sentenza 34856/2020).

Il prefetto non potrà invece impugnare in nessun caso il provvedimento (Cassazione, sentenza 8084/2020).

Come funziona

Il controllo giudiziario
Il controllo giudiziario è, tra le misure di prevenzione, la meno invasiva e consiste nell’imposizione di specifiche prescrizioni all’imprenditore che mantiene il potere di gestione, ma viene affiancato da un amministratore giudiziario che riferisce ogni due mesi al giudice delegato sull’attuazione del programma di bonifica dai rischi di infiltrazione mafiosa

La via “ordinaria”
ll controllo giudiziario previsto dal comma primo dell’articolo 34bis del Codice antimafia è disposto dal Tribunale, su richiesta del Pm, del questore o del direttore della Dia, o anche d’ufficio quando un’impresa agevoli soggetti pericolosi in via occasionale e sussistano circostanze di fatto da cui desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l’attività. Può durare da uno a tre anni

La via “volontaria”
Il controllo giudiziario volontario previsto dal comma 6 dell’articolo 34bis del Codice antimafia è disposto su richiesta dell’imprenditore, quando sia stata emessa a suo carico un’informazione antimafia interdittiva dal Prefetto. L’applicazione di questa misura sospende gli effetti dell'interdittiva e consente all'imprenditore di mantenere autorizzazioni, concessioni e contratti con la pubblica amministrazione

L’impugnazione
Il controllo volontario può essere chiesto solo se l’interdittiva è stata impugnata dinanzi al giudice amministrativo. Il Tribunale lo deve concedere se non sussistono i presupposti per l’applicazione delle più gravi misure di prevenzioni (confisca o amministrazione giudiziaria) e se l'infiltrazione non presenti profili di cronicità, ma risulti superabile mediante l’attuazione di un adeguato programma di bonifica dell’organizzazione aziendale

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