Penale

Covid 19: le patologie non gravi del detenuto non garantiscono i domiciliari nemmeno con il braccialetto

Il Tribunale del riesame aveva già respinto le richieste del soggetto in carcere

di Giampaolo Piagnerelli

In presenza del Covid 19 le patologie fisiche non eccessivamente gravi non garantiscono l'uscita dal carcere e l'ottenimento degli arresti domiciliari: le cure, infatti, benché complicate dalla pandemia, possono essere eseguite presso la casa circondariale. Questo in sintesi il contenuto della sentenza della Cassazione n. 29378/20.

La vicenda - La Corte si è trovata alle prese con un ricorrente che, in unico e complesso motivo di appello, denunciava che il Tribunale del riesame non aveva esaminato le informazioni e soprattutto le conclusioni alle quali era pervenuta la direzione della Casa circondariale di Siracusa ove il ricorrente era ristretto, e che in ragione delle gravi e persistenti patologie doveva decretare la necessità di giovarsi di misure alternative, invocando anche la nota della procura generale sulla riduzione della popolazione carceraria in tempo di Covid-19.

Il Tribunale del riesame, quindi, oltre ad aver "superato" quanto affermato dalla direzione del carcere siciliano non si sarebbe attenuto alla Nota del Procuratore generale della Cassazione del 1° aprile 2020 sull'affollamento carceraio durante la pandemia, escludendo che le condizioni patologiche dell'indagato fossero incompatibili con il regime detentivo carcerario e che la misura degli arresti domiciliari anche con il braccialetto elettronico fosse in grado di assicurare la tutela delle esigenze speciali preventive. Tale misura infatti - si legge nella sentenza - avrebbero finito con il collocare il detenuto proprio su quel territorio che lo aveva visto commettere diversi reati (all'interno di una cosca mafiosa) come il narcotraffico.

In base a questo appello la Cassazione, pur non potendo riesaminare la vicenda nel merito, ha ricordato che le condizioni patologiche dell'imputato non erano così gravi da giustificare uno sconto di pena domiciliare. Si trattava di una patologia vertebrale, corretta in passato, di una resezione gastrica e di ipertensione arteriosa. La Cassazione spiega che il regime detentivo più leggero poteva essere concesso se le patologie denunciate non potevano essere curate in carcere e richiedevano un intervento esterno.

Conclusioni - Per la Cassazione, infine, i disagi vissuti in carcere rispetto alla difficoltà di diagnostica e alla riabilitazione non erano diversi da quelli affrontati in temi di pandemia dai cittadini che vivono in ambienti chiusi.

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