Civile

Crac finanziari, i paletti della Cassazione nei ricorsi collettivi dei risparmiatori

Se si cumulano le pretese di soggetti distinti, la censura parzile deve individuare i singoli interessati allo specifico punto investito dall'impugnazione

di Francesco Machina Grifeo

Ennesima doccia fredda per un centinaio di investitori napoletani (attuali ricorrenti) che negli anni '90 persero i loro risparmi a seguito delle "operazioni di distrazione finanziaria" (per circa 200 miliardi di lire) messe in opera dalla società di intermediazione "Professione e Finanza" e dell'agente di cambio Guido de Asmundis. Dopo una iniziale condanna della Consob al risarcimento di circa 14 milioni di euro per "omessa vigilanza", la Corte di appello di Roma e la Suprema corte, con la sentenza n. 30734 depositata oggi, hanno prima ridimensionato e poi definitivamente archiviato le speranze degli investitori.

Nel novembre 2020, il collegio capitolino, quale giudice del rinvio, in totale riforma della decisione di primo grado, dopo aver escluso l'esistenza di danni risarcibili in favore degli attori che avevano investito prima del luglio 1994 (data soglia per le responsabilità omissive di Consob) ha respinto tutte le domande dei restanti attori, ritenendo che gli stessi "non avessero fornito alcuna adeguata dimostrazione dei danni subiti, né sotto il profilo dell'effettivo versamento di somme nelle mani degli agenti di cambio infedeli, né, in ogni caso, in relazione alla riconducibilità, di tali eventuali versamenti, all'ambito temporale individuato ai fini del riconoscimento della responsabilità omissiva della Consob". Proposto ricorso, la Cassazione lo ha dichiarato inammissibile perché totalmente carente nel distinguere le differenti posizioni dei risparmiatori.

Per la Suprema corte la dimensione plurisoggettiva dell'iniziativa processuale (e il diversificato trattamento dei singoli istanti), imponeva necessariamente "il preliminare assolvimento, da parte degli odierni ricorrenti di un onere di preventiva identificazione dei singoli investitori specificamente pregiudicati dalla partizione temporale operata dal giudice a quo e ciò, allo specifico scopo di differenziare la propria posizione processuale rispetto agli altri consorti in lite al fine di attestare l'effettivo ricorso di un interesse proprio alla proposizione dell'impugnazione; interesse ineludibilmente verificabile solo attraverso la necessaria allegazione degli specifici fatti costitutivi riconducibili alle rispettive pretese risarcitorie di ciascun singolo ricorrente".

Al contrario, prosegue la Cassazione, nel caso di specie, il ricorso "risulta totalmente carente nell'espressa indicazione dei nominativi dei ricorrenti specificamente interessati al rilievo del carattere dannoso delle omissioni della Consob riferibili ad investimenti operati in epoca anteriore al luglio '94, dovendo ritenersi indubbio, che solo alcuni (e non già la totalità) dei ricorrenti fossero interessati a detto particolare rilievo". "Allo stesso modo, e per converso – conclude -, totalmente carente, sul piano dell'identificazione soggettiva, risulta lo sviluppo argomentativo dell'odierno ricorso con riguardo ai singoli ricorrenti specificamente interessati al tema dell'estensibilità del giudizio di rinvio al tema della prova dei danni subiti dagli investitori in relazione alle operazioni di investimento successive al luglio del 1994".

Così ricostruito il quadro, la Cassazione ha affermato un nuovo principio di diritto in forza del quale, "in un giudizio di legittimità destinato a cumulare le pretese di singoli soggetti distinti tra loro, la censura proposta con esclusivo riguardo alla posizione di alcuni di essi, in tanto può ritenersi ammissibile, in quanto nel ricorso si abbia cura di procedere all'individuazione dei singoli interessati allo specifico punto investito dall'impugnazione, atteso che l'eventuale cassazione della sentenza impugnata, dovendo necessariamente coinvolgerla in relazione alle posizione solo di alcuni tra i ricorrenti, non è ragionevolmente pronunciabile in assenza di una relativa precisa identificazione soggettiva, ovvero attraverso una loro individuazione per relationem (ossia attraverso un generico rinvio alle risultanze degli atti del giudizio di merito), apparendo evidente l'inevitabile corteo di incertezze e di ulteriori artificiosi contrasti generabili dalla pronuncia di una sentenza di cassazione i cui effetti dovrebbero determinarsi aliunde". "Né, d'altro canto – conclude la Corte -, appare ragionevolmente possibile attribuire, agli oneri del giudice di legittimità, il compito di ricercare esso stesso negli atti del giudizio di merito (pur pervenuti nel rispetto dell'art. 369 c.p.c.) il nominativo dei ricorrenti interessati al motivo".

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