Penale

Creazione ed utilizzo di un profilo social mediante l'utilizzo di immagini di un'altra persona ignara ed inconsapevole: profili penalistici

Con la sentenza che qui si commenta, la Suprema Corte torna ad offrire importanti spunti di riflessioni sui riflessi di natura penalistica conseguenti alla creazione di un profilo social mediante l'utilizzo (non autorizzato) di immagini appartenenti a un soggetto terzo

di Mattia Miglio e Alberta Antonucci*


Con la sentenza che qui si commenta, la Suprema Corte torna ad offrire importanti spunti di riflessioni sui riflessi di natura penalistica conseguenti alla creazione di un profilo social mediante l'utilizzo (non autorizzato) di immagini appartenenti a un soggetto terzo.

Nella vicenda in esame, si contestava all'odierno imputato la violazione dell'art. 494 c.p. (sostituzione di persona) e dell'art. 167 D.Lgs. 196/2003 (trattamento illecito di dati personali) per aver creato un profilo personale su un noto social network utilizzando l'immagine di un soggetto terzo, ad insaputa e senza alcuna autorizzazione di quest'ultimo.

Nel confermare le conclusioni a cui era pervenuta la Corte d'Appello, la Cassazione si sofferma sui seguenti aspetti.

1. In prima battuta, la pronuncia stabilisce la legittimità dell'acquisizione - quali prova documentale - dei c.d. screenshots; si legge infatti - in conformità con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza (Cass. 8332/2019) che "è legittima l'acquisizione come documento di messaggi [...] mediante la realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili [...], spiegando che "non è imposto alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste nella realizzazione di una fotografia e che si caratterizza soltanto per il suo oggetto, costituito appunto da uno schermo" sul quale sia visibile un testo o un'immagine "non essendovi alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto" (p. 3).

1.1. Ciò premesso, la Suprema Corte si sofferma sui presupposti del delitto di sostituzione di persona, rilevando - in continuità con il prevalente orientamento giurisprudenziale - che "integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crea ed utilizza un "profilo" su "social network", servendosi abusivamente dell'immagine di un diverso soggetto, inconsapevole, in quanto idonea alla rappresentazione di un'identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso" (pp. 3-4).

In particolare, nella creazione di un falso profilo viene integrato sia il fine di vantaggio - "consistente nell'agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete" (p. 4) - che l'elemento di danno in capo al terzo, "di cui è abusivamente utilizzata l'immagine" (p.

4), senza contare, ovviamente, che "gli utilizzatori del servizio" vengono "tratti in inganno sulla disponibilità della persona associata all'immagine a ricevere comunicazioni a sfondo sessuale o sentimentale" (p. 4).

2. Parimenti, la creazione di un profilo mediante l'utilizzo non autorizzato di un'immagine di un terzo inconsapevole integra altresì gli estremi del trattamento illecito di dati personali: tale fattispecie - puntualizza la Suprema Corte - viene integrata "dall'ostensione di dati personali del loro titolare ai frequentatori di un social network attraverso l'inserimento degli stessi, previa creazione di un falso profilo, sul relativo sito" (p. 4); in questo senso, la fattispecie presuppone altresì l'esistenza in capo al soggetto terzo di un nocumento che "s'identifica in un qualsiasi pregiudizio giuridicamente rilevante di natura patrimoniale o non patrimoniale subito dal soggetto cui si riferiscono i dati protetti oppure da terzi quale conseguenza dell'illecito trattamento" (p. 4).

3. Da ultimo, poi, la sentenza stabilisce che il trattamento illecito di dati personali concorre con l'art. 494 c.p., dal momento che, rileva la Corte, le due fattispecie sono finalizzate a tutelare distinti beni giuridici.

In particolare, "nel delitto di sostituzione di persona il bene giuridico si identifica [...] nella fede pubblica; nel delitto di trattamento illecito di dati personali, il bene giuridico si identifica, invece, nella riservatezza, che coincide con il diritto dell'individuo a preservare la propria sfera personale dalle attenzioni di quanti non abbiano titolo per ingerirsi in essa ed attiene, quindi, all'aspetto interiore dell'individuo, che ha diritto a proteggersi dalle indiscrezioni altrui" (p. 5).

Di conseguenza, la creazione di un profilo social mediante l'indebito utilizzo dell'immagine di una persona ignara e non consenziente "integra due ipotesi delittuose diverse e tra loro autonome [...]" e quindi, "sussiste [...] concorso formale di reati tra la sostituzione di persona e il trattamento illecito di dati personali" (p. 5).

* a cura dell'avv.ti Mattia Miglio e Alberta Antonucci

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