Immobili

Criteri riparto spese rivisti all’unanimità con il «sì» anche fuori assemblea

È illegittima la delibera approvata a maggioranza, ma si può aderire in seguito

di Augusto Cirla

I criteri di riparto delle spese condominiali previsti dalla legge possono essere derogati da una diversa convenzione, sia essa contenuta in un regolamento di natura contrattuale, oppure approvata con il consenso di tutti i condomini. Fatta forse eccezione, però, per quei complessi condominiali con un numero limitato di partecipanti, è difficile che l’assemblea riesca a vedere la presenza di tutti i condomini; tanto che è poco probabile raggiungere l’unanimità dei consensi per modificare il criterio con cui i condomini contribuiscono alle spese condominiali. A eliminare questo ostacolo è intervenuta la Cassazione che – con la sentenza 21086 del 4 luglio 2022 – ha stabilito che l’assenso alla modifica della convenzione che contiene la deroga ai criteri dettati dalla legge o dal regolamento per ripartire gli oneri condominiali può essere manifestato anche al di fuori dell’adunanza assembleare, purché sia osservata la forma scritta richiesta per la convenzione.
Resta ferma l’illegittimità della delibera, assunta a maggioranza dall’assemblea, che stabilisce criteri di ripartizione diversi da quelli indicati dall’articolo 1123 del Codice civile, oppure previsti in un regolamento “contrattuale” (Tribunale di Napoli, 6893/2022). Ma la convenzione può essere accettata anche senza la formalità della partecipazione all’assemblea. Secondo la Cassazione, a rilevare non è tanto l’attività dell’assemblea, ma la formazione di un consenso negoziale, che può legittimamente perfezionarsi attraverso una successiva adesione da parte del condomino assente: il suo consenso, così come manifestato, va ad aggiungersi a quello espresso dai partecipanti all’assemblea, realizzando l’unanimità richiesta per modificare i criteri di riparto, nonostante l’originaria invalidità della delibera.
In pratica, chi non ha potuto partecipare personalmente all’assemblea e sottoscrivere il verbale con la modifica al criterio di riparto può successivamente esprime il proprio consenso, portandolo a conoscenza degli altri condomini con i mezzi più idonei (raccomandata A/r o Pec).
Così è successo nel caso deciso dalla Cassazione. Un condomino aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo notificatogli dal condominio sul presupposto della nullità della delibera posta a fondamento della pretesa creditoria in quanto, senza l’unanimità dei consensi, aveva modificato il criterio di riparto delle spese previsto nel regolamento contrattuale. I giudici di secondo grado, al pari di quello del primo, avevano respinto l’opposizione perché l’unico condomino assente durante l’assemblea che aveva deliberato la modifica, aveva poi dichiarato di aderirvi con separata dichiarazione di volontà. Tutto ciò ha portato i giudici a confermare la sentenza impugnata e a respingere il ricorso: la sommatoria dei consensi espressi ha dato origine, infatti, a un valido accordo negoziale.
La sentenza richiama quanto già avevano affermato le Sezioni unite (sentenza 9839 del 14 aprile 2021) a proposito della differente natura del vizio che va a colpire le delibere che, a maggioranza, modificano i criteri generali di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla diversa convenzione: la delibera è nulla se la modifica è destinata a valere per il futuro, mentre è semplicemente annullabile quella delibera che riguarda la ripartizione in concreto di una determinata spesa di gestione di un bene o di un servizio comune.

Le decisioni dei giudici
La convenzione
I criteri per ripartire le spese possono essere derogati solo da una diversa convenzione, ossia da un regolamento condominiale contrattuale o da un accordo tra i condomini, che può risultare da un verbale di assemblea sottoscritto da tutti o da una delibera che affermi l’unanimità.
Tribunale di Napoli, 6893 dell’8 luglio 2022

Delibere nulle
La deliberazione dell’assemblea, che modifichi a maggioranza una tabella millesimale approvata contrattualmente o fissi criteri di ripartizione delle spese comuni secondo criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge, è nulla. La nullità può essere sollevata da ogni condomino.
Cassazione, 6735 del 10 marzo 2020

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