Penale

Criticare l'operato in giudizio dell'avvocato con esposto al COA non integra il reato diffamazione

di Andrea Alberto Moramarco

Definire attraverso un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati la difesa in giudizio di un legale come "negligente e soccombente" non esorbita i limiti della correttezza e non compromette la reputazione personale o professionale del difensore. Ad affermarlo è il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 32/2020 che esclude la responsabilità penale per chi motivatamente critica l'attività difensiva svolta da un avvocato.

Il caso
La vicenda prende le mosse da un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli con il quale veniva criticata l'attività difensiva di un legale e della sua praticante, accusati di aver determinato con la propria condotta negligente l'infausto esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di alcuni oneri condominiali.
A esporre con toni accesi le critiche era il fratello della cliente dell'avvocato, che di fatto si trovava costretto a subire l'esito del giudizio incriminato in quanto comproprietario del bene facente parte del condominio, essendo il pagamento degli oneri condominiali una obbligazione propter rem. Nello specifico, l'uomo accusava il legale e la sua collaboratrice di non aver depositato la documentazione probatoria comprovante l'avvenuto pagamento dei suddetti oneri, che pure era stata inviata allo studio legale.
L'avvocato riteneva tali affermazioni lesive della propria dignità e denunciava l'accaduto, con la conseguente imputazione e condanna in primo grado per l'uomo per il reato di diffamazione, con tanto di pagamento di mille euro di multa e risarcimento danni alla parte civile.

La decisione
Il Tribunale, in qualità di giudice d'appello, ribalta però completamente il verdetto, ritenendo che nella fattispecie non sussistano affatto gli elementi della fattispecie di reato ex articolo 595 cod. pen., prima tra tutti l'offesa all'altrui reputazione. Per il giudice, infatti, le espressioni asseritamente ritenute offensive dall'avvocato e dal primo giudice tali non sono, sostanziandosi semplicemente nell'accusa, seppur accesa, della negligenza dell'attività difensiva svolta, costata l'esito negativo del giudizio intentato dalla sorella, comproprietaria assieme all'imputato dell'immobile, che ha portato ad un ulteriore pagamento delle spese condominiali.
Secondo il Tribunale, in sostanza, l'aver definito la difesa in giudizio dell'avvocato e della sua collaboratrice come negligente e soccombente «non esorbita dai limiti della correttezza e del rispetto della dignità umana». Tali espressioni sono cioè «prive di valenza mortificatrice della personalità e della professionalità del legale, non paventandosi alcuna aggressione alla sfera del decoro professionale» di quest'ultimo. Le contestazioni mosse nell'esposto, infatti, sono circoscritte al mancato compimento di un atto processuale, non potendo la critica «legittimamente sollevata» di per sé riferirsi alla persona o ritenersi «idonea ad incrinare o compromettere la reputazione personale o professionale della persona offesa».

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