Professione e Mercato

Crollo dei redditi, squilibri e paure: così la pandemia agita gli avvocati

In un anno di Covid un elenco di "sofferenze" nuove si sono sommate alle difficoltà strutturali della categoria, un mix - che secondo il Rapporto Censis-Cassa forense

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di Marcello Clarich

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In un anno di Covid un elenco di "sofferenze" nuove si sono sommate alle difficoltà strutturali della categoria, un mix - che secondo il Rapporto Censis-Cassa forense
2021, presentato la scorsa settimana - ha messo a dura prova i 231mila 285 avvocati. La "fotografia" dell'Istituto di ricerca appare impietosa: a picco i redditi, esplosione degli squilibri di genere e territoriali, difficoltà delle "toghe" a operare nel contesto pandemico
all'interno del sistema giustizia.

La professione legale, già in sofferenza da vari anni, ha patito nel 2020 anche le sofferenze da Covid-19.

Il Rapporto Censis 2021 sull’avvocatura italiana realizzato su un campione di 14.000 avvocati e su un ampio campione di cittadini lascia pochi dubbi a proposito.

Anzitutto, è  noto che la professione versi da tempo in una situazione di crisi  che ha molte cause. Una tabella inclusa nel rapporto pubblicato a febbraio che analizza il reddito medio dichiarato dagli iscritti alla cassa forense dal 2011 al 2019 contiene numeri inequivocabili. Negli anni 2011-2012, cioè nella fase più acuta della crisi economica e finanziaria che ha colpito in modo durissimo l’economia italiana a partire dal 2008, il reddito medio degli avvocati ammontava rispettivamente a 47.562 e 46.921 euro. Il picco negativo si è avuto nel 2014 con un reddito medio di 37.505 euro, mentre negli anni successivi si registra un lento recupero testimoniato dal dato del 2019 che registra un reddito medio di 40.180 euro.

Anche i divari tra aree del paese, tra fasce d’età e tra generi maschile e femminile sono segnalati in tutti i rapporti degli ultimi anni e sono confermati anche dal rapporto ora pubblicato. Quanto agli squilibri geografici, lo scarto negativo rispetto al dato nazionale per i professionisti che risiedono nelle regioni meridionali è di circa 16.000 euro (40 punti percentuali) e di oltre 33.000 euro rispetto al dato medio del nord.  Lo scarto è di oltre 50.000 euro se si confronta la Lombardia con la Calabria.

Per quanto riguarda le fasce d’età, per raggiungere il livello medio reddituale occorre varcare la soglia dei cinquant’anni, mentre il reddito medio prima dei quaranta anni ammonta (nella fascia tra i 35 e i 40 anni) a 23.234 euro.

Non ultimo per gravità è il dato riferito alle  professioniste il cui reddito medio è pari al 52,4% del totale. Questo dato non può essere compensato in qualche modo dal fatto che il loro numero supera per la prima volta, anche se di pochissimo, quello degli uomini (115.724 iscritte contro 115.571 iscritti).  Quest’ultimo dato conferma dunque la progressiva “femminilizzazione” delle professioni giuridiche che emerge già dalle iscrizioni alla facoltà di giurisprudenza, ma anche dalle composizione della magistratura.

La situazione negativa che emerge dai dati si riflette anche sulle aspettative.. Il 36,9% dei professionisti intervistati vede prospettive reddituali negative nel biennio 2021-2022, mentre solo il 29,9% si attende un miglioramento.

L’impatto del Covid-19 sulla professione si è manifestato su più fronti.

Il primo riguarda le modalità di lavoro e i rapporti con i clienti nel periodo del lockdown. Il 29,6% degli intervistati hanno scelto come opzione esclusiva il lavoro a distanza, mentre il 43,2% ha alternato l’attività a distanza e presso lo studio. L’11,3% ha dovuto addirittura interrompere l’attività per problemi organizzativi. Generale è il disagio determinato dalla difficoltà di contatto con la clientela e con i colleghi, ma ciò non deve stupire visto che la professione legale è tipicamente “relazionale”.....

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