Casi pratici

Custodia delle parti comuni: responsabilità penale ed extracontrattuale dell'amministratore

Rapporto tra condominio e amministratore: mandato

di Lina Avigliano

la DOMANDA
Quando è configurabile una responsabilità contrattuale, extracontrattuale e penale dell'amministratore di condominio? In particolare, l'amministratore è responsabile della custodia delle parti comuni?

Il rapporto tra condominio e amministratore va riferito al contratto di mandato ex art. 1710 c.c. La dottrina e la giurisprudenza sono di parere unanime nell'inquadrare il rapporto che lega l'amministratore all'ente gestito nell'ambito della figura contrattuale del mandato.
L'articolo 1129 del codice civile, novellato dalla legge di riforma del condominio del 2012, in relazione al contratto fra condominio e amministratore dispone espressamente al comma 14 che per quanto non disciplinato dalle norme di cui agli artt. 1129 e ss. Cod. civ. si applicano le disposizioni di cui al mandato.
Applicando i principi che regolano il rapporto di mandato ne consegue che l'inosservanza da parte dell'amministratore dei doveri rientranti nei suoi compiti è fonte di responsabilità contrattuale. L'amministratore deve rispondere del suo operato verso il condominio, a titolo di colpa, tutte le volte in cui non agisca con la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'espletamento del mandato, difatti, l'amministratore deve tenere una condotta improntata alla diligenza media, al di sotto della quale scatta la responsabilità. Ai sensi dell'art. 1710 c.c. quando l'amministratore svolge l'incarico gratuitamente la sua colpa deve essere valutata con minor rigore. In ogni caso grava sul medesimo l'onere di provare di aver adempiuto correttamente al proprio mandato.
L'amministratore è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari.
Si configura la "mala gestio" dell'amminsitratore ogni qual volta lo stesso la propria attività ponendo in essere condotte non rispondenti all'interesse comune dei rappresentati. La cattiva gestione può riguardare vari aspetti della vita del condominio, dalla tenuta della contabilità alla gestione amministrativa, ai rapporti con i terzi ovvero tutti gli obblighi e i doveri facenti capo all'amministratore durante l'espletamento e il perdurare del mandato.
L'inadempimento, oltre a essere fonte di responsabilità contrattuale e legittimare il condominio all'esercizio nei confronti dell'amministratore dell'azione di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale, può comportare anche la richiesta di revoca dell'amministratore. L'uso distorto, o comunque non appropriato, per interessi estranei al condominio, dei poteri dell'amministratore, integra un fatto grave nella prospettiva dell'art. 1129 c.c., perché è tale da scuotere la fiducia che sta alla base del rapporto di mandato che lega l'amministratore al condominio. La legge, ai fini della revoca giudiziale per giusta causa dell'amministratore di condominio, richiede gravi irregolarità (art. 1129, comma 11, c.c.). La legge di riforma del condominio 11 dicembre 2012 n.220 nel novellare l'articolo 1129 cod civ. ha tipizzato alcune fattispecie di gravi irregolarità che determinano la revoca dell'amministratore.
Ad esempio fra gli obblighi dell'amministratore vi è quello di restituire le somme di danaro appartenenti al condominio ricevute nel corso del mandato, nonché quello di non utilizzare i fondi ricevuti per fini estranei all'interesse comune, pertanto, le irregolarità commesse dall'amministratore, oltre a determinarne la revoca, possono configurare una sua responsabilità penale. Ed invero il mandatario che, violando le disposizioni impartitegli dal mandante, si appropri del denaro ricevuto utilizzandolo per propri fini e, quindi, per scopi diversi ed estranei agli interessi del mandante, risponde del reato di appropriazione indebita. Così l'amministratore di condominio, instaurando con i condomini un rapporto di mandato nel cui ambito può ricevere dagli stessi somme di denaro al fine di provvedere all'esecuzione di specifici pagamenti o da riversare nella cassa condominiale onde far fronte alle spese di gestione del condominio, risponde del reato di appropriazione indebita ogniqualvolta, anziché dare corso ai suoi obblighi, dia alle somme a lui rimesse dai condomini una destinazione del tutto incompatibile con il mandato ricevuto e coerente invece con sue finalità personali (Cass. 7 maggio 2018, n. 19729). Ed invero si configura il reato di appropriazione indebita qualora l'amministratore, violando il vincolo di destinazione, utilizzi il denaro per esigenze diverse da quelle per le quali questo e' stato conferito dai condomini.
L'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata impugnativa delle relative delibere preclude l'azione di responsabilità al singolo condomino leso dall'attività e dalle iniziative arbitrarie dello stesso soltanto per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali, per le quali a norma dell'art. 1135 comma 3, c.c. il potere di approvazione compete all'assemblea. Tuttavia, la delibera assembleare di approvazione non esclude la responsabilità dell'amministratore nell'ipotesi di mancata tempestiva informazione da parte dello stesso di atti che hanno diretta incidenza sul patrimonio del singolo condomino. Sul rapporto fra responsabilità dell'amministratore e art. 1130 c.c. e sui limiti di tale responsabilità la giurisprudenza ha puntualizzato in diverse occasioni che l'amministratore nell'espletamento delle attribuzioni di cui all'art. 1130 c.c. è un rappresentante dei partecipanti al condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli deve indirizzare la propria attività. La violazione di tale dovere se lo rende responsabile dei danni subìti dal gruppo dei condomini, si esaurisce nei rapporti interni con il condominio, e, pertanto, non esclude o diminuisce l'eventuale responsabilità del condominio medesimo nei confronti di altri soggetti, compreso tra questi il singolo condomino, distinto dal gruppo e come tale rimasto danneggiato per la difettosità di parti comuni dell'edificio, da considerarsi nella custodia del condominio agli effetti dell'art. 2051 c.c.
L'amministratore di condominio può essere ritenuto responsabile non solo in ambito contrattuale, ma anche extra-contrattuale e penale.

Responsabilità extracontrattuale: cose in custodia
Tipico caso di responsabilità extracontrattuale in ambito condominiale è dato dalla violazione della disposizione di cui all'art. 2051 c.c., per cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. La giurisprudenza prevalente ritiene che in materia condominiale l'eventuale responsabilità aquiliana derivante da insufficiente od omessa custodia è da attribuire al condominio come tale in quanto la custodia è a carico del condominio e per esso dell'amministratore. Sull'amministratore di condominio, difatti, grava il dovere di vigilanza e di controllo sui beni comuni e, conseguentemente, la responsabilità personale in merito agli eventuali danni a terzi derivanti dai beni condominiali comuni.
L'amministratore è titolare ope legis (salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari) non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130, nn.3 e 4, c.c., ma anche del potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente con l'obbligo di riferirne nella prima assemblea dei condomini, ai sensi dell'art. 1135, comma 2, c.c.. Di conseguenza deve riconoscersi in capo a tale soggetto l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere. La responsabilità per danno cagionato da cose in custodia postula che l'evento lesivo derivi da mancata o inadeguata custodia della cosa, da intendersi nel senso ampio, comprensivo di inidoneo governo o impiego di essa da parte di chi ne ha l'obbligo e senza che rilevi che la cosa stessa sia o non munita di autonoma capacità di nuocere (in tal senso Cass. civ., Sez. III, 24 febbraio 1983, n. 1425). Per esimersi dalla dichiarazione di responsabilità il danneggiante deve provare che il danno è derivato da caso fortuito, comprensivo del fatto del terzo o della colpa del danneggiato. Utilizzando le interpretazioni offerte dalla giurisprudenza si desume che l'amministratore è titolare per legge del potere/dovere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente, ossia provvedere a eliminare le situazioni potenzialmente pericolose, con l'obbligo di riferirne nella prima assemblea dei condomini, in difetto il medesimo sarà chiamato a risponderne. Dalla rovina di un edificio, oltre che conseguenze penali, difatti possono derivare danni a terzi o a cose che l'amministratore, in quanto responsabile della manutenzione è chiamato a risarcire in sede civile. In proposito secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità la responsabilità extracontrattuale verso i terzi ex art. 2051 c.c. è configurabile esclusivamente a carico del condominio mentre l'amministratore può incorrere in una responsabilità contrattuale in relazione al rapporto interno che lo lega al condominio medesimo (Cass. 14 agosto 2014, n.17983).
La dottrina ha esteso in ambito condominiale la responsabilità stabilita ex art. 2049 c.c. a carico dei padroni e dei committenti, per i danni arrecati dai loro domestici e commessi. Pertanto, nella responsabilità extracontrattuale rispondono ai sensi dell'art. 2049 c.c. anche i condomini per culpa in eligendo e per culpa in vigilando in quanto quali proponenti sono garanti per il soggetto autore del danno ovvero dell'amministratore da loro scelto e nominato. Perché sussista tale responsabilità è necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito dell'amministratore e che tra le attribuzioni dell'amministratore e l'evento dannoso vi sia un rapporto eziologico.

Il concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
Per un medesimo fatto è possibile altresì l'insorgenza di un concorso fra le due distinte obbligazioni risarcitorie, una di origine contrattuale e l'altra di origine extracontrattuale. In proposito indicativo è il principio consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui «È pienamente ammissibile il concorso di responsabilità contrattuale con responsabilità extracontrattuale, quando si tratti di un medesimo fatto che violi contemporaneamente sia diritti che alla persona spettano indipendentemente da un contratto o da un rapporto giuridico preesistente, sia diritti che derivano da un contratto o comunque da un vinculum iuris già esistente, e in tal caso la pretesa del danneggiato può trovare il suo fondamento, oltre che nel generale precetto del neminem laedere, anche nel contratto» (ex plurimis Cass. 19 gennaio 1996, n.418; in senso conforme Cass. 10 novembre 2016, n.22924).

La responsabilità penale
Principio del nostro sistema penale è quello secondo cui: «la responsabilità penale è personale», enunciato dall'art. 27, comma 1, della Costituzione, in virtù del quale soggetto attivo del reato può essere solamente la persona fisica. Quindi, in relazione ai reati derivanti da vicende che riguardano parti comuni di un edificio, non potendosi configurare una responsabilità in capo al condominio è necessario individuare il soggetto penalmente responsabile nell'ambito dell'organizzazione dello stesso.
La responsabilità penale dell'amministratore di condominio va esaminata e risolta nell'ambito del capoverso dell'art. 40 c.p., ove si stabilisce che «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo». In forza di tale norma per rispondere del mancato impedimento di un evento è necessario l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo. Negli edifici condominiali, l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione, la cui violazione integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 677 c.p. (depenalizzato per le condotte illecite di cui al primo e secondo comma), incombe sull'amministratore, pur potendo esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli condomini qualora, per cause accidentali, l'amministratore non possa adoperarsi allo scopo suindicato con la necessaria urgenza. L'amminsitratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., in virtù del quale su costui ricade l'obbligo di rimuovere ogni situazione di pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzione ordinaria e straordinaria, predisponendo, nei tempi necessari alla loro concreta realizzazione, le cautele più idonee a prevenire la specifica situazione di pericolo (Cass. 23 novembre 2015, n. 46385).
Nel caso di mancata formazione della volonta' assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo non può ipotizzarsi la responsabilità, per le condotte illecite di cui all'articolo 677 c.p., a carico dell'amministratore del condominio per non aver attuato interventi che non erano in suo materiale potere, ricadendo in siffatta situazione su ogni singolo proprietario l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa. Quando dalla rovina deriva pericolo per le persone (fattispecie criminosa non depenalizzata di cui al comma 3 dell'articolo 677 cp) per l'amminaitratore, per andare esente da responsabilità, è sufficiente intervenire sugli effetti della rovina, interdicendo, ove ciò sia possibile, l'accesso o il transito delle persone (Cass. pen. Sez. I, 12 dicembre 2019, n. 50366 ).
La responsabilità penale ricade sull'amministratore in tutti i casi in cui non si sia attivato per evitare inconvenienti prevedibili, o comunque quando non ha fatto il possibile per fare decidere l'assemblea a fare eseguire le opere imposte per legge. In tali casi l'amministratore può rispondere della propria gestione sia in sede penale che in sede civile.

Considerazioni conclusive
La riforma del condominio intervenuta nel 2012 ha posto a carico dell'amministratore una serie di nuovi oneri amministrativi che riguardano la tenuta dei libri obbligatori, la gestione degli adempimenti fiscali e contrattuali, aumentandone così gli adempimenti e conseguentemente le responsabilità. Pertanto vari sono i profili della responsabilità nella quale può incorrere l'amministratore di condominio nell'espletamento delle proprie funzioni. Innanzitutto l'amministratore, ove non adempia correttamente ai propri obblighi, è tenuto a risarcire il danno, in base ai principi sulla responsabilità contrattuale, ma può anche incorrere nella resposabilità penale.

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