Professione e Mercato

Da associazione a Stp: le due strade del conferimento o della trasformazione

A seconda della scelta cambiano anche i costi fiscali dell’operazione

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di Giorgio Gavelli e Fabio Giommoni

Per i professionisti riuniti in studio associato una delle possibili opzioni, quando si pensa a nuovi modelli organizzativi, è quella di trasformare l’associazione in società tra professionisti (Stp). Ma oltre ai differenti regimi fiscali dei redditi da lavoro autonomo e impresa, occorre tenere presente anche i costi fiscali dell’operazione, come ben evidenziato dal documento del Cndcec del settembre scorso.

Sul piano civilistico, questo passaggio non è disciplinato per cui può essere inquadrato sia nell’istituto del “conferimento” che in quello della “trasformazione”.

Il conferimento
Qualora sia realizzato un conferimento, l’agenzia delle Entrate (risposta ad interpello n. 125/2018) ha ritenuto che – ai fini delle imposte dirette – non possa trovare applicazione il regime di neutralità fiscale dei conferimenti d’azienda di cui all’articolo 176 del Tuir. Pertanto, per lo studio associato conferente l’operazione è trattata in base al combinato disposto degli articoli 9 e 54 del Tuir. Ciò comporta, in primo luogo, la realizzazione di plusvalenze (o minusvalenze) con riferimento ai beni strumentali facenti parti dello studio conferito (articolo 54, comma 1-bis, lett. a del Tuir), sulla base dei rispettivi valori normali. Ma anche il valore dei beni diversi da quelli strumentali concorrerebbe, secondo l’Agenzia, a formare il reddito “da conferimento”.
Il riferimento è, in particolare, al valore della clientela e degli “altri elementi immateriali” di cui all’articolo 54, comma 1-quater, Tuir.

La trasformazione
L’impatto fiscale, purtroppo, non cambia se per il passaggio da studio associato a società tra professionisti viene posta in essere un’operazione di trasformazione. Con la risposta ad interpello n. 107/2018, infatti, l’agenzia delle Entrate ha ritenuto che la disciplina fiscale applicabile alla trasformazione in parola debba rinvenirsi nei principi dettati dall’articolo 171, comma 2, del Tuir (trasformazioni eterogenee da ente non commerciale a società soggetta a Ires) per le operazioni che comportano l’ingresso o la fuoriuscita dei beni dal regime d’impresa. In base a tale disposizione, la trasformazione viene assimilata sul piano fiscale ad un conferimento di beni, per cui il passaggio da studio ad Stp risulterebbe disciplinato in base al combinato disposto degli articoli 9 e 54 del Tuir illustrato in precedenza.
In entrambi i casi, le conclusioni raggiunte dall’Agenzia sono state oggetto di forti critiche da parte della dottrina, sia sul piano formale - in quanto si vanno ad applicare, in via analogica, norme relative ad altre ben diverse fattispecie - sia dal punto di vista sostanziale - in quanto il regime realizzativo individuato contrasta con il fatto che l’attività (professionale) esercitata rimane la stessa, per cui dovrebbe applicarsi un criterio di neutralità.
Resta il fatto che le incertezze che caratterizzano sotto il profilo fiscale il passaggio da studio associato a Stp rappresentano un fortissimo disincentivo alla trasformazione degli studi professionali.

Il caso inverso
Il regime di realizzo ipotizzato dall’Agenzia ha importanti conseguenze fiscali anche in direzione inversa, ovvero nella trasformazione “regressiva” da società tra professionisti a studio associato.
In tale ipotesi potrebbe infatti configurarsi la fattispecie della destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, con la conseguente emersione di plusvalenze sulla base dei rispettivi valori normali.

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