Responsabilità

Danni da vaccino, la responsabilità non scatta solo in base al regime di tutela dei consumatori

Il risarcimento può derivare anche dalla contemporanea applicazione di altre disposizioni come quelle del codice civile per fatti illeciti o per attività pericolose senza però fare commistioni tra le diverse regole specifiche

di Paola Rossi

Nel caso di malattia contratta a seguito della somministrazione di un vaccino il produttore farmaceutico può rispondere del danno in base a regimi diversi di responsabilità, ma il giudice nell’applicare le differenti discipline non può fare commistioni tra le stesse.

La vicenda affrontata dalla terza sezione civile della Corte di cassazione, con la sentenza n. 8224/2025, riguardava un caso di encefalopatia contratta da un uomo “anziano”- già interessato da comorbilità - dopo la somministrazione di un vaccino antinfluenzale.
Il punto è stato quello dell’accertamento di un comportamenteo antidoveroso o meno da parte del produttore del vaccino e sono stati individuati tre regimi di responsabilità applicabili:
- da prodotto difettoso, prevista dal Codice del consumo
e
- da fatto illecito, cioè quella aquiliana
- per attività pericolose disciplinate dal Codice civile.

La Cassazione a tal fine detta un principio di diritto accogliendo parzialmente il ricorso della casa farmaceutica con cui appunto ribadisce il ragionamento che il giudice deve seguire per una corretta applicazione di questi tre tipi di responsabilità che sottostanno a diverse regole in materia di onere probatorio.

Codice del consumo
Il fatto che un prodotto sia formalmente “innocuo” è condizione necessaria - ma non sufficiente - affinché questo possa essere considerato non difettoso, essendo a tal fine necessario apprezzarne anche la sicurezza da un punto di vista sostanziale e relazionale, cioè rispetto all’uso che si possa ragionevolmente prevedere venga realizzato. E il parametro sul quale calibrare le legittime aspettative del consumatore, ai fini dell’accertamento della dannosità del prodotto, è dato dalle informazioni indispensabili, che è onere del produttore veicolare al momento della sua immissione in commercio.

Sicché, il consumatore, reso edotto dei potenziali effetti collaterali connessi all’impiego del prodotto acquistato, nonché dei rischi ai quali decide consapevolmente di esporsi, non potrà dolersi di una condotta illecita del produttore, quando tali rischi, da quest’ultimo debitamente rappresentati, nonché accettati con l’acquisto del prodotto stesso, si concretizzino in danni.

Non esenta comunque il produttore l’indicazione di una generica pericolosità del prodotto, ed è necessario che sia specificata e conoscibile, la derivazione del pericolo rappresentato. Infatti, in caso di produzione e commercializzazione dei farmaci la responsabilità del produttore “non è esclusa dalla prova di avere fornito, tramite il foglietto illustrativo un’informazione che si sostanzi in una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto. Ciò in quanto l’uso del prodotto deve essere consapevole compresa l’accettazione del rischio debitamente illustrato. Ciò è funzionale a che il consumatore possa autodeterminarsi negozialmente in maniera consapevole.
E va specificato che nel caso della somministrazione di un vaccino la corretta avvertenza può ben riguardare anche l’interazione del prodotto con altri farmaci o con comorbilità di più patologie.

Quindi la garanzia della tutela del consumatore discende - ai fini dell’assolvimento e dell’effettività degli obblighi informativi da parte del produttore - dalla “specificazione della derivazione causale della potenziale causalità efficiente del prodotto a produrre una determinata tipologia di danno”.

La disciplina del consumo di fatto lega temporalmente l’insorgenza della responsabilità da prodotto difettoso al momento dell’immissione del prodotto sul mercato.

Ovviamente sarà onere di chi si ritiene danneggiato da un farmaco di provare la relazione tra questo e il danno. E sarà poi il giudice a verificare se siano strati approntati tutti gli strumenti in particolare studi e test sul vaccino atti a tener conto di quelle evidenze che impongono in questo settore.

Così come va esclusa la responsabilità del produttore “se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione”. Di fatto il produttore incontra l’esimente per i danni sopravvenuti di cui non risponde in quanto al momento dell’immissione in commercio erano sconosciuti.

La responsabilità da prodotto difettoso tiene conto dello squilibrio tra consumatore e produttore e per tale motivo essa ha carattere di oggettività. E però nel caso di farmaci o vaccini che sono oggetto di continui studi, compresi quelli sul loro impatto nei confronti della popolazione anziana maggior fruitrice di tali prodotti la responsabilità è esclusa “se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso”. Sussiste cioè quella che è definita esimente del “rischio da sviluppo” per cui la difettosità che depone per la responsabilità del produttore è fondamentalmente quella originaria tanto da un punto di vista ontologico quanto da quello della percezione che in maniera ragionevole aveva di essa lo stesso produttore al momento dell’immissione.

Le altre possibili responsabilità
In conclusione afferma la Cassazione che nella produzione di farmaci e vaccini l’imputazione della responsabilità per attività pericolose prevista dall’articolo 2050 del Codice civile si fonda su un criterio che non parte da un attività in sé intrinsecamente pericolosa, ma fa derivare dalla pericolosità del prodotto la pericolosità dell’attività produttiva stessa, che è appunto quella che considera la norma come fonte di responsabilità. Rileva quindi non la modalità “pericolosa” in senso stretto della produzione, ma come nel caso dei vaccini l’adeguamento di essa ai progressi scientifici.

Infine in caso di comportamento colposo se non doloso del produttore esso risponderà anche a titolo di responsabilità aquiliana in base all’articolo 2043 del Codice civile. Colpa o dolo che vanno provati e accertati dal giudice.

Il principio di diritto dettato dalla Cassazione

Con la finalità di coordinamento tra le diverse discipline applicabili la Cassazione civile ha dettato lo specifico seguente principio di diritto: “La disciplina sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, di cui agli artt. 114-127 del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) - già prevista dal d.P.R. n. 224/1988 in attuazione della direttiva 85/374/CEE, poi abrogata dalla direttiva 2024/2853/UE (inapplicabile ratione temporis nella presente controversia) - non esclude, né limita, secondo quanto previsto dall’art. 127 cod. cons. (e già dall’art. 13 della dir. 85/374/CEE e, comunque, ulteriormente confermato dall’art. 4 della dir. 2024/2853), la possibilità per il danneggiato di usufruire della tutela somministrata da un regime di responsabilità differente da quello stabilito dalle anzidette disposizioni del codice del consumo (come, ad es., dalle fattispecie di responsabilità di cui agli artt. 2043 e 2050 c.c.), il quale, una volta individuato sulla scorta dei fatti allegati e provati, dovrà, però, trovare applicazione in coerenza con la disciplina per esso specificamente dettata dal legislatore, senza potersi operare commistioni tra regimi di responsabilità diversamente regolati”.

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