Responsabilità

Danno parentale, tra Roma e Milano doppio binario per i risarcimenti

La Cassazione promuove l’uso delle tabelle milanesi nella nuova versione a punti: si crea così una concorrenza con i criteri elaborati dal Tribunale della Capitale

di Maurizio Hazan

Via libera della Cassazione all’utilizzo delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, nella loro edizione aggiornata del giugno 2022, per calcolare il risarcimento del danno parentale. Le nuove tabelle integrate a punti – in base all’ordinanza 37009 del 16 dicembre 2022 – sono infatti coerenti con i principi di diritto enunciati dalla stessa Cassazione con la sentenza 10579/2021 e possono quindi essere legittimamente applicate dal giudice per determinare una liquidazione «equa, uniforme e prevedibile del danno lamentato».

Una svolta, dato che la Suprema corte aveva individuato nella tabella di Roma il (solo) riferimento per la liquidazione del danno parentale, in quanto basata sul “sistema a punti” conforme alle indicazioni rese proprio con la sentenza 10579 e che aveva invece messo da parte le tabelle milanesi, in passato punto di riferimento per la Cassazione.

Ma ora si apre un problema applicativo, perché si prospetta un doppio binario, con le tabelle di Roma e di Milano, che differiscono per vari aspetti, ugualmente utilizzabili. Ma andiamo con ordine.

Le tabelle di Milano

Nella precedente versione, le tabelle milanesi apparivano troppo discrezionali, dato che il risarcimento poteva essere determinato liberamente dal giudice all’interno di “forbici” di valore riferite alle diverse categorie di parenti ma ritenute dalla Corte troppo ampie e prive di più puntuali riferimenti criteriologici. La Cassazione ha invece chiesto di adottare un metodo più idoneo a consentire di calcolare il risarcimento con miglior grado di prevedibilità e in funzione di un preciso punteggio attribuito a una serie di circostanze di fatto che incidono sulla gravità della perdita (quali l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, ferma restando la possibilità di “personalizzare” il risarcimento applicando sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione).

Ciò ha indotto l’Osservatorio della giustizia civile del Tribunale di Milano a intervenire per rivedere e adeguare le proprie tabelle, provando a coniugare l’impostazione “a punti” con l’esigenza di non deviare troppo dai concreti riferimenti economici dei risarcimenti medi erogati negli ultimi anni in applicazione delle “vecchie” tabelle meneghine (salvaguardando così il principio di uniformità valutativa che sta alla base del metodo tabellare). Il lavoro – ha chiarito l’Osservatorio di Milano – non ha però dato vita a vere e proprie “nuove” tabelle, ma piuttosto a una versione rimodellata delle tabelle precedenti integrate con un sistema a punti, che ora la Cassazione promuove.

I nodi applicativi

Ma la tabella di Milano rivista si trova ora a “concorrere” con quella romana, parimenti ritenuta applicabile dalla Cassazione.

Le due tabelle, seppur improntate ai medesimi principi, si differenziano sul piano dei valori e dei meccanismi di calcolo in concreto utilizzati, portando a risultati monetari tra loro potenzialmente differenti. Non solo. La stessa selezione dei legittimati attivi (più ampia quella romana) conduce a conseguenze diverse, a secondo del tipo di tabella in concreto applicata. Potrà dunque accadere che i danneggiati chiedano l’applicazione della tabella milanese o di quella romana spinti, a seconda dei casi, da ragioni di pura convenienza.

Si apre, dunque, un potenziale “doppio binario” liquidativo che – oltre che contrario al principio dell’uniformità che sta alla base del risarcimento tabellare – potrebbe alimentare discussioni e conflitti opportunistici, anziché favorire approcci conciliativi orientati al rispetto di linee guida certe e univoche. Da chiedersi poi se, come nel caso deciso dalla Corte, i parenti lesi che contestino la mancata applicazione dell’una o dell’altra tabella abbiano ancora la possibilità di ricorrere in Cassazione assumendo la violazione della regola equitativa prevista dall’articolo 1226 del Codice civile (dal momento che secondo la sentenza 37009 entrambe le tabelle sembrano, seppur tra loro diverse, ossequiarne ugualmente il contenuto).

In linea teorica sarebbe stato preferibile che la Suprema corte scegliesse – come a suo tempo aveva fatto con la sentenza 12408/2011, dando la preferenza a Milano – quale tra le due tabelle fosse da eleggere come riferimento paranormativo. Nel mentre non può che condividersi quanto la sentenza in commento ha osservato, auspicando che la questione sia risolta da una nuova tabella frutto di lavoro congiunto tra gli osservatori o (preferibilmente) da un intervento del legislatore.

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